I numeri della crisi che investe il settore turistico sono impietosi. Si parla di oltre il 60% di perdite per la Toscana nel 2020, che arrivano al 70% circa nelle principali città d’arte (Firenze, Pisa e Siena). E la pandemia che persiste non fa pensare ad una rapida ripresa. Certo, è vero, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto che certamente il turismo ripartirà, prima o poi. Indubbiamente quando il pericolo Covid-19 sarà sconfitto e superato tornerà prepotente la voglia di andare a giro. Soprattutto dopo tanti mesi di confinamento. Ma la domanda è quando e soprattutto come.
Gli elaborati del Centro Studi Turistici ci dicono che le tendenze visibili ad oggi vanno nel senso di un’attenzione verso i centri minori, al mare o in montagna, verso la natura o comunque in realtà meno congestionate, attrezzate sul piano digitale e con maggiori garanzie per il “distanziamento sociale”. Sicuramente non fanno prevedere grandi possibilità per le comitive dei bus turistici in direzione delle città d’arte. Ecco, la questione allora è quella di ragionare su cosa fare, quali idee mettere in campo, per affrontare la situazione critica di un settore che difficilmente ripartirà con le stesse caratteristiche. E qui si nota subito un limite notevole nelle intenzioni annunciate dalla Regione e dal Comune di Pisa.
Infatti per ora si parla solo di promozione, peraltro con gli stessi profili degli ultimi anni, senza porsi il problema dell’innovazione e dell’integrazione della qualità dell’offerta turistica. In particolare per le città che hanno l’immagine codificata esclusivamente sui monumenti. Infatti per quanto riguarda Pisa il problema storico è quello di un turismo grande nei numeri ma estremamente ristretto nei tempi di permanenza in città. Il cosiddetto “mordi e fuggi”: vedi la Piazza dei Miracoli, fai la foto con la Torre (e poco altro), senza visitare il centro storico, i musei, i beni culturali e paesaggistici della città. Il tutto favorito anche da un sistema di servizi di accesso alla città concentrato nelle vicinanze della Piazza. Molte volte si è parlato della necessità di superare questo limite, e si sono elaborati anche dei progetti per dire che Pisa “non è solo Torre”, con l’idea di provare a cambiare la logistica dei flussi d’ingresso verso i lungarni e il centro città.
Si tratta di un tema che alla luce della crisi attuale del sistema turistico dovrebbe essere ripreso e affrontato con una visione innovativa. Invece che succede? che fa l’Amministrazione Comunale? Elabora un Piano di sviluppo urbanistico che rafforza il sistema dei parcheggi e dei servizi proprio nelle adiacenze alla Piazza dei Miracoli, concentrato nei quartieri di Porta a Lucca e Porta Nova. Cioè la Giunta comunale sceglie di consolidare le condizioni del turismo “mordi e fuggi”, rinunciando a pensare ad un progetto di crescita delle potenzialità turistiche di Pisa fondato sulla qualità dell’offerta culturale e museale della città, e sulla fruibilità di un contesto cittadino ricco di storia e poco congestionato. Magari ancora più aperto e vivibile nel caso di una seria limitazione del traffico privato sui Lungarni. Del resto un processo di rilancio e di qualificazione del tessuto commerciale e dei servizi della città, capace di creare imprese e occasioni di lavoro, passa in grande parte proprio dalla sfida del turismo.
In questo senso la scelta della Giunta pisana va in una direzione sbagliata, penalizzante per la città e le sue prospettive di sviluppo. Il turismo rappresenta quella potenzialità in più di cui abbiamo bisogno per guardare al futuro, ovviamente senza arretrare di un millimetro dalla vocazione principale di Pisa, che è quella della città degli studi, della formazione e della ricerca, dell’innovazione tecnologica e del polo sanitario.
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