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Auguri e speriamo nel 2023

30 dicembre 2022

Scrivo su questo 2022 che non possiamo definire proprio un bell'anno sul piano politico ed internazionale, guardando agli appuntamento del 2023, soprattutto le elezioni pisane

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Siamo alla conclusione di un anno non proprio bello. Un anno fa con il Governo Draghi si annunciava un rilancio per il nostro Paese, con la grancassa dei grandi giornali italiani che hanno puntato su quell’esecutivo per ritrovare e far crescere una prospettiva centrista in Italia, finalizzata ad assorbire il PD dentro a un contesto moderato e ad isolare le istanze che chiedono un cambiamento sostanziale, finalmente indirizzato all’equità e alla riduzione del divario sociale, cresciuto enormemente nell’ultimo decennio. Ma così non è andata.

Con la guerra in Ucraina e le sue ripercussioni sul piano economico a livello europeo e mondiale il quadro si è complicato e il diffuso malessere sociale, già largamente presente nelle fasce sociali più deboli e nel ceto medio più colpito dalla pandemia, è sfociato in gran parte in un atteggiamento di sfiducia verso la politica, alimentando notevolmente l’astensionismo per un verso e legittimando la destra estrema per un altro. Il teorema di un “nuovo centrismo” per dare stabilità al governo del Paese è andato in frantumi. Il problema, semplifico, è che dalla sinistra e dal campo progressista non è venuta fuori una proposta alternativa e unificante, soprattutto per responsabilità del M5S e del Partito Democratico. Un PD che non ha voluto o saputo distaccarsi dal disegno che stava intorno al Governo Draghi.

Era chiaro a tutti che andare al voto divisi con l’attuale legge elettorale significava consegnare il Paese al centrodestra, che poi in ragione del voto significa destra estrema. Ora ne misuriamo tutti gli effetti e non sarà facile scalzare questa destra che punta al presidenzialismo e non concederà nulla sul piano della tutela dei diritti, a partire da quelli sociali oltre che quelli civili. Come è del tutto impensabile che, con la maggioranza parlamentare che hanno, gli convenga aprire all’idea di una revisione della legge elettorale. In questo contesto, per la sinistra e il campo progressista, la strada per costruire una alternativa concreta e possibile alla situazione presente è solo quella di provare a costruire una prospettiva di collaborazione e di unità, senza la quale è difficile pensare di rimotivare e mobilitare quei milioni di elettori di sinistra che, delusi, hanno scelto il non voto. Certo, una simile prospettiva ha bisogno di contenuti e di proposte convincenti sul piano della rappresentanza degli interessi sociali del mondo del lavoro, dei più deboli e delle giovani generazioni. E il tema della conversione ecologica è fondamentale. Ma se non si scioglie questo nodo, quello di perseguire un processo unitario, la battaglia contro la destra rischia di essere una pura e inefficace testimonianza. Una opposizione di tante voci ma sterile nella sostanza. È con questo stato d’animo, forse un po’ troppo pessimista, che guardo all’attuale dibattito nella sinistra italiana.

Speravo che il proposito annunciato da Enrico Letta, con l’approvazione della direzione del partito, di dar vita ad una costituente per fare un nuovo PD, segnasse davvero l’avvio di una fase capace di rivitalizzare il confronto. Ma l’andamento delle cose smentisce quei propositi. La fase costituente, propedeutica al congresso, sembra già finita prima di partire. Quello che era ed è necessario fare, ovvero una seria riflessione sulle ragioni e le caratteristiche della sconfitta elettorale, è stato eluso. La discussione è già chiusa, opzionata dalla presentazione delle candidature e dalla scadenza delle primarie. Insomma un congresso ordinario governato dalle correnti. E nei posizionamenti di tanti esponenti, che pure hanno svolto funzioni importanti nel gruppo dirigente del PD, non si percepisce alcuna volontà di riflettere seriamente su ciò che è avvenuto, soprattutto sui voti persi nelle astensioni. Non bisogna essere dei geni della politica per capire che il PD può ritrovare una sua credibilità solo se cambia profondamente, se riesce a trasmettere in modo visibile un messaggio chiaro di novità sul piano dell’identità, della leadership e del modo di essere partito. Vedremo se con l’inizio del nuovo anno ci sarà qualcosa di nuovo da discutere.

Per quanto riguarda Pisa il 2023 è l’anno delle elezioni comunali. In tarda primavera, probabilmente. La battaglia sarà difficile per il centro sinistra, perché il Sindaco Conti e la sua maggioranza hanno lavorato in questi anni per consolidare le loro posizioni, favoriti da una disponibilità ingente di risorse che ha consentito la possibilità di sviluppare molti interventi sulla manutenzione della città; e anche, va detto, nella gestione clientelare di tanti rapporti e posizioni sia nelle aziende pubbliche che nelle relazioni con alcune associazioni di categoria. Purtroppo va anche detto che il tessuto civile e democratico della città è stato piuttosto debole e fiacco nel prestare attenzione verso pratiche che in altri tempi avrebbero smosso coscienze e azioni in nome della trasparenza e correttezza istituzionale. Invece oggi finisce che in nome e dietro il principio della correttezza istituzionale si chiudono gli occhi su scelte che dovrebbero quantomeno essere discusse in ragione di una prospettiva condivisa dello sviluppo della città. Penso in primo luogo alla pianificazione urbanistica, che dovrebbe riguardare tutte le istituzioni e le forze sociali che agiscono nel nostro territorio. Ma detto questo mi limito, per ora, a salutare come un fatto molto positivo la scelta da parte del centro sinistra della candidatura a Sindaco di Paolo Martinelli. I risultati elettorali delle politiche nel comune di Pisa ci consegnano un quadro aperto alla possibilità di rovesciare la maggioranza nelle elezioni comunali. Ma non è scontato e tanto meno facile. Penso che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi sia necessario un grande lavoro per costruire un largo consenso intorno alla candidatura di Martinelli. Bisogna mettere al centro il rapporto diretto con i cittadini, a partire dai quartieri, moltiplicando le occasioni di incontro e di dialogo. E soprattutto bisogna evitare di pensare che la battaglia si vince delegando tutto alle forze politiche. È necessario, più che mai, il contributo più ampio possibile.

Intanto BUON ANNO a tutte e tutti!

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