Dove porterà questa crisi di Ferragosto aperta da Salvini non è facile prevederlo. Al di là della conferma dell’indole menzognera del “capitano” leghista, che ripetutamente ribadiva che il Governo gialloverde sarebbe andato avanti per tutta la legislatura, visto che “stava facendo cose che quelli di prima non facevano” e che a lui non interessano le poltrone ma l’azione, ciò che emerge chiaramente da questa scelta di puntare alle elezioni anticipate è la volontà di evitare la verifica della manovra di bilancio prevista per settembre, poiché metterebbe in clamorosa evidenza l’inganno delle promesse fatte agli italiani sul piano della riduzione delle tasse e della crescita economica. Tutto questo nella logica della campagna elettorale permanente, avallata anche dalla disinvolta e disastrosa demagogia di Di Maio e del M5S. Ora, di fronte a questa pesante forzatura di Salvini in tanti si preoccupano, e temono la richiesta di “pieni poteri” che il capo leghista intende mettere in cima al suo programma elettorale. Un programma che attinge a piene mani dalle parole d’ordine e dai propositi, e anche dai comportamenti, della destra peggiore, italiana e internazionale. In tal senso le similitudini che spesso vengono richiamate con la storia del fascismo, con l’avvento al potere di Mussolini o di Hitler, fanno riflettere. La lettura di “M” scritto da Antonio Scurati o anche dell’interessante “Sindrome 1933”, scritto da Siegmund Ginzberg, riporta all’attenzione percorsi, temi e parole d’ordine che sono anche nella fase che viviamo adesso. Il libro di Ginzberg ricorda che i primi provvedimenti presi da Hitler non appena andato al Governo riguardavano la chiusura verso l’immigrazione e le leggi sulla sicurezza, facendo leva su una campagna di odio assai diffusa. E a proposito di democrazia e di elezioni bisogna ricordare che in Germania la scalata al potere di Hitler avvenne con cinque elezioni politiche in sei anni, sfruttando le divisioni delle forze democratiche e il disfacimento della Repubblica di Weimar. E comunque, per stare ai giorni nostri, qualche elemento serio di riflessione e di preoccupazione, sul piano della costruzione dei percorsi di potere, possiamo trarlo anche, oltre che dalla crescita dei populismi nazionalisti in Europa, dalla storia recente della Russia di Putin.
Per questo credo anch’io che spianare la strada a Salvini nella richiesta di elezioni subito sia un rischio molto grande e comprendo le ragioni di chi sostiene che, in piena coerenza con il nostro assetto costituzionale di democrazia parlamentare, si debba lavorare ad una soluzione alternativa, ad una maggioranza parlamentare in grado di evitare le elezioni immediate e di assicurare alcune garanzie primarie al Paese. Però è anche abbastanza chiaro che ciò può invece fare il gioco di Salvini, facendo apparire una simile operazione politica come un “gioco di Palazzo”, dettato dalla paura del voto e finalizzato solo al rinvio delle elezioni; sobbarcandosi peraltro una manovra economica molto pesante per gli italiani in una fase di bassa credibilità per la politica.
Di fronte a questo dubbio rappresentato dalle due ipotesi si è aperta una discussione nella sinistra e in particolare nel PD, con alcune uscite come quella di Renzi del tutto stonate. Almeno questo è il mio giudizio. In verità non solo il mio perché ho letto che anche uno dei commentatori che a suo tempo salutò molto positivamente la novità della rottamazione renziana oggi definisce l’uscita di Renzi come “incurante perfino del ridicolo”. Come poteva essere altrimenti date le posizioni di assoluta ostilità verso ogni dialogo con il M5S sostenute nei mesi scorsi, fin dalla formazione del Governo dopo le elezioni dello scorso anno. Si tratta comunque di un ribaltamento tattico che forse ha fatto più danno alla ipotesi che si voleva sostenere facilitando il ricompattamento del centrodestra con Salvini. Tuttavia il problema, il dubbio, resta. Anche se il ragionamento fatto in queste ore da Goffedo Bettini, ripreso mi pare da Zingaretti, mi sembra ben motivato. Quello cioè di provare a costruire una maggioranza parlamentare con il M5S e la sinistra sulla base di un progetto che duri almeno due o tre anni, se non fino alla fine della legislatura, sostenuto da un programma chiaro e fattibile sul piano della tutela degli interessi dei più deboli e improntato ad una visibile giustizia sociale. Altrimenti, se si tratta di fare un Governo balneare, istituzionale o di emergenza, o di garanzia europea, che duri fino alla prossima primavera, non ne vale la pena. Anzi, favorirebbe la campagna della destra.
A mio parere questo nodo sulla linea da prendere, comunque venga sciolto, non affronta né tanto meno risolve il problema di fondo per la sinistra italiana. Come ho già scritto altre volte per recuperare e rimotivare consensi a sinistra è necessario che avvenga qualcosa di nuovo, nei contenuti, nel linguaggio e nelle facce che la rappresentano. Ciò che è stato rottamato, peraltro con gli esiti che vediamo, non è riesumabile. Ciò che c’è attualmente può recuperare qualcosa sulla paura della destra ma non sembra avere capacità espansiva. L’appello all’unità e a non disperdere le forze è giusto ma non basta. Credo che solo con un progetto di ampio respiro e con una forte volontà di mettere da parte la personalizzazione facendo prevalere un disegno collettivo sia possibile rimettere davvero al centro, rinnovandoli, i valori della sinistra, a cominciare dalla lotta alle diseguaglianze, per diritti e doveri ispirati alla giustizia, e per una democrazia rappresentativa e soprattutto partecipata.
Intanto, in attesa del confronto parlamentare previsto per il 20 del mese, Buon Ferragosto a tutti!