Il continente africano stima al suo interno una massa di 17 milioni di sfollati o rifugiati, uno sciame in movimento unicamente per sopravvivere. Il governo ugandese è tra i promotori della strategia di apertura flessibile delle frontiere tra gli stati del centro Africa, una posizione politica che è stata ribadita anche durante la recente riunione dell'Unione Africana, tenutasi a Kampala in questi giorni.
Un summit incentrato proprio sul tema dei rifugiati a cui hanno partecipato oltre 500 delegati e 46 rappresentanti dei Paesi Africani. L'Uganda ospita circa 150 mila rifugiati, secondo fonti governative, il doppio per le Nazioni Unite. I profughi sono interi nuclei familiari, in gran parte, provenienti dai Paesi limitrofi: Congo, Sudan, Kenya, Burundi, Ruanda, Eritrea e Somalia. Si tratta di appartenenti a tribù ed etnie oggetto di persecuzioni e discriminazioni nel proprio Paese e costrette, in questi anni, ad una disperata fuga per la vita. Nei distretti di Masindi, Gulu e Pader (al nord) si incontrano decine di campi profughi, piccoli villaggi creati ai bordi della strada, talvolta qualche targa ONU ad indicare che si tratta di un campo profughi: uomini, donne e bambini seduti di fronte alle proprie capanne aspettano l'arrivo degli aiuti, cibo soprattutto, distribuito regolarmente dalle organizzazioni internazionali, la savana che li circonda non offre nulla tranne il sole infuocato.
Le Nazioni Unite riferiscono che l'ammontare degli esuli che attraversano l'Uganda verso nuove destinazioni è di circa 300 mila unità l'anno. Di questi 300 mila "ospiti" dell'Uganda, molti, nei prossimi mesi cercheranno di sbarcare nelle coste italiane, dove per loro sfortuna verranno trattati da clandestini e quindi, rimpatriati. La loro fuga per la vita sarà stata vana, le loro speranze un sogno spezzato e le sofferenze e soprusi subiti un prezzo inutilmente pagato.
Enrico Catassi, Kampala