Torno a scrivere qualcosa dopo una lunga pausa estiva. Una pausa motivata non da impegni particolari ma da una sorta di disagio e di fastidio verso l’evoluzione della situazione politica e culturale dell’Italia. O meglio, quella che a me pare una vera e propria regressione dal punto di vista della memoria e del senso civico e democratico del Paese, con l’aggiunta di una reiterata e colpevole propensione a ignorare o sottovalutare i pesanti interrogativi che riguardano il futuro delle nuove generazioni, a cominciare da quelli che riguardano la sostenibilità economica, sociale e ambientale.
Non è solo questione di maggioranza politica e di governo di destra. Certo, nonostante l’operazione messa in atto dai grandi poteri economici e finanziari, ben sostenuta dal sistema mediatico, di accreditare la Meloni come erede di Draghi e riferimento dei moderati, le contraddizioni emergono ampiamente. Anzi, la destra estrema pensa di sfruttare l’occasione per cancellare o offuscare il carattere antifascista della nostra Costituzione. Ma la cosa che a me fa più impressione è la debole reazione dal punto di vista culturale, del senso comune del Paese, sulle vicende che hanno segnato il Paese negli ultimi mesi. Penso agli stupri, ai femminicidi, alle morti sul lavoro, così come alla crescente indifferenza sulle morti in mare e sulle sofferenze prodotte dalla guerre, in Ucraina e molte altre situazioni, Palestina compresa.
Viene da pensare che molti concetti e valori che pensavamo definitivamente affermati in realtà non sono acquisiti per sempre, e che in fondo nella cultura degli italiani restano ben radicate tendenze che si accompagnano male con i valori democratici. Resta un animo forcaiolo abbastanza diffuso e non combattuto come si doveva. Va ricordato che nel 1981, nel referendum sull’abolizione dell’ergastolo, il 77% ( 24 milioni di cittadini) votò contro nonostante il pronunciamento per il SI di tutti i grandi partiti italiani, dalla DC, al PCI, al PSI, fino a partiti laici. Così come resta una certa predisposizione al razzismo e alle discriminazioni in una parte non piccola del Paese. Di “pensatori”, come il generale Vannacci ce ne sono tanti, purtroppo. Tutto ciò dovrebbe creare un certo allarme nella cultura democratica che però non vedo, mentre dai media e dai social emergono semmai posizionamenti di accettazione o di rassegnazione.
Anche sul piano politico, a sinistra, permangono troppi elementi di incertezza. L’elezione di Elly Schlein a segretaria del PD ha rappresentato la voglia di una scossa, di una novità in grado di rilanciare la credibilità della sinistra. Sicuramente la battaglia per il salario minimo, insieme a quella contro la precarietà per la dignità del lavoro, ha dato un segnale positivo, tanto da mettere sulla difensiva il Governo Meloni. Ora si aggiunge anche la mobilitazione, lanciata dal PD, per difendere e rilanciare il sistema sanitario pubblico messo sotto pressione da una forte spinta alla privatizzazione di molti servizi. Iniziative, queste, apertamente osteggiate dai grandi giornali e dalle tv con il tentativo di bollare la segreteria della Schlein come confusa e demagogica.
Sorprende che nel PD ci sia chi di fronte a segnali di ripresa politica, rispetto ai risultati che hanno prodotto la perdita di milioni di voti, soprattutto in astensioni, torna ad alimentare rimpianti per le scelte politiche, filo centriste, che hanno portato il PD alle pesanti sconfitte elettorali del 2018 e del 2022. Sicuramente il cammino del PD per recuperare credibilità e fiducia è lungo, e Elly Schlein dovrà dimostrare capacità e intelligenza per rimettere in campo un partito radicato nella società e nel territorio. Ma quello che mi pare chiaro è che se non ci riesce diventa impossibile immaginare un qualche futuro per il PD e, forse, anche per una sinistra rinnovata.