PISA – Il primo affondo è per il governo, che è «pericoloso» perché «non si occupa dei problemi reali del Paese come la crisi economica e il precariato nel mondo del lavoro, questioni che in autunno emergeranno in modo prepotente». Per Paolo Fontanelli, deputato e responsabile nazionale enti locali del PD, intervenuto ieri (mercoledì 27 agosto) alla Festa del Partito Democratico di Riglione (Pisa), «finora la priorità del governo Berlusconi è stata quella di salvaguardare gl’interessi e soprattutto le pendenze giudiziarie del Presidente del Consiglio: il “lodo Alfano” ne è la dimostrazione eloquente». Ma sul piano delle politica economica le contraddizioni sono tante: «Hanno impostato tutta la campagna elettorale sulla riduzione della pressione fiscale e poi varano una manovra economica che aumenta le tasse –ha sottolineato l’esponente del PD-: abbiamo dato battaglia in Parlamento e in autunno lo faremo anche nelle piazze, con la manifestazione nazionale del 25 ottobre, perché così non si può continuare». La seconda sottolineatura, però, è rivolta all’interno del Partito Democratico: «C’è troppa frammentazione e senza alcuna giustificazione apparente: se tutti condividono le proposte politiche e riconoscono la leadership di Veltroni perché tanti scricchiolii? Attenzione, le correnti non fanno bene al Partito Democratico, soprattutto in una fase, come questa, in cui c’è bisogno di una forte coesione».. D’accordo con Fontanelli anche il senatore Achille Passoni: «Sono fra coloro che avrebbe fatto un congresso subito dopo la sconfitta elettorale, ma visto che la scelta è stata un’altra continuare a discuterne non serve. Un congresso straordinario si fa solo se c’è una proposta alternativa a Veltroni, ma leadership del segretario non mi sembra proprio in discussione». Di «dibattito interno surreale» ha parlato anche Andrea Orlando, deputato del PD e membro della segreteria organizzativa. Il quale, piuttosto, ha invitato a porre al centro della discussione «il cambiamento culturale che ha riguardato il nostro Paese: in tante regioni non è solo il ceto medio ad averci voltato le spalle, anche gli operai hanno cominciato a votare a destra. Qualcosa è cambiato e, forse, ce ne siamo accorti troppo tardi».