Un fine settimana molto triste. La morte di Remo Bodei è una notizia che mi trasmette una sensazione di perdita. Bodei era indubbiamente un intellettuale di altissimo profilo, un filosofo apprezzato a livello internazionale, uno studioso che ha saputo interpretare i mutamenti e far pensare sulle condizioni e sulle ragioni del nostro vivere, sulla ricerca della felicità e sull’importanza della memoria. Sul suo lascito culturale in tanti si interrogheranno e ne faranno, giustamente, oggetto di approfondimento e di ricerca. Il suo contributo resterà e ci aiuterà a interpretare il futuro. Ma non sono certamente io tra quelli che dovranno cimentarsi con la sua eredità, a partire dalla dimensione intellettuale e accademica. Per quanto mi riguarda Bodei è stato un amico, un uomo di pensiero che ha dato una mano ogni qual volta mi è capitato di chiedergliela. Sia sul piano della politica, agli inizi degli anni novanta, e sia sul piano istituzionale quando da Sindaco gli chiedevo consigli o suggerimenti sul governo della città. E poi ricordo la disponibilità e l’impegno con cui accettò di tenere una conferenza su Antonio Gramsci a Palazzo Blu in occasione della ricorrenza degli ottant’anni dalla morte, con un discorso intenso e molto bello il 10 novembre del 2017. Oggi sono stato a salutarlo e domani, sabato, andrò alla cerimonia organizzata dall’Università in Sapienza alle ore 11.30.
Anche dal punto di vista della situazione politica non c’è da stare allegri. L’impressione, credo fondata, è che questo Governo nato per arginare Salvini e la destra, preso dalle divisioni e dalle lotte elettorali interne, soprattutto per l’azione di Di Maio e di Renzi, anziché aprire una fase nuova stia portando acqua al mulino della Lega e di Fratelli d’Italia. E delle difficoltà di Zingaretti, del PD e della sinistra ho scritto nell’ultimo taccuino. Di questo parleremo di nuovo nei prossimi giorni, anche riprendendo i temi affrontati con molto interesse nell’iniziativa di venerdì sul taglio dei parlamentari e sugli effetti nefasti sul piano della democrazia rappresentativa. Però un rapido commento sulla vicenda politica toscana, in vista delle elezioni regionali dell’anno prossimo, va fatto. Anche perché fa parte della situazione politica d’insieme, che ha certamente una prima tappa importante con le elezioni emiliane-romagnole a gennaio, ma saranno seguite a ruota da quelle toscane. Infatti proprio nelle ultime ore Salvini si è fatto vivo a Firenze per avviare la campagna elettorale con l’obbiettivo di mandare a casa la sinistra che ha governato per tutto il dopoguerra, fino ad oggi. Forte del fatto che nelle elezioni europee di pochi mesi fa il centrodestra ha raccolto più voti del centrosinistra. Ebbene in questo quadro il PD che fa? Anziché mettersi al lavoro per costruire una coalizione in grado di essere competitiva alle elezioni si concentra in una attività del tutto autoreferenziale di consultazione interna sull’ipotetico candidato. Tra l’altro, mentre Zingaretti per fronteggiare la perdita di credibilità e di voti, accentuata dalla scissione di Renzi, propone il rinnovamento radicale del PD, i consultati dirigenti e amministratori consultati sembra che sostengano la candidatura di Eugenio Giani che, com’è noto, rappresenta la novità e il rinnovamento, visto che bazzica le istituzioni fiorentine e regionali da trent’anni e ha l’indubbio merito di frequentare le sagre e stringere migliaia di mani. Nel contempo, nonostante a sinistra ci sia un certo movimento per cercare di mettere insieme una proposta e un’alleanza in grado di battere la destra, non abbiamo notizia di una iniziativa del PD regionale volta a costruire un percorso unitario. Un percorso che ovviamente si mette insieme se anche il candidato si cerca insieme.
Ma poiché la notizia non arriva, forse significa che al PD della coalizione importa poco o niente. Forse il PD pensa di vincere, o di perdere, da solo. Chissà…