È d’obbligo, sul piano delle vicende politiche di questo inizio di settimana, ragionare sulle iniziative prese in questi giorni dal nuovo segretario del PD Enrico Letta, e in particolare sull’intervista rilasciata al Tirreno di domenica. Secondo la mia opinione le prime mosse si sono rivelate efficaci, sia sulla scelta dei vice segretari che su quella della segreteria. Certamente il messaggio, forse il più atteso, riguardava la capacità di assumere le decisioni in autonomia, senza sottostare ai condizionamenti delle correnti. E questo finora lo ha fatto. Ma la cosa più importante è la scelta della parità di genere nei principali organismi di direzione politica e di rappresentanza del partito. In tal senso aprire la questione dei due capigruppo, della Camera e del Senato, ha un significato doppio, al quale si affida un valore specifico in ordine alla valutazione sulla credibilità della nuova fase appena avviata. Anche sul piano delle posizioni politiche assunte va detto che sono state efficaci e coerenti, sia con l’attacco alle pretese di Salvini, che prova a tenere sotto scacco il Governo Draghi, e sia con l’immediata risposta a Renzi, che pone le pregiudiziali verso Conte e il M5S, sostenendo che per costruire una alternativa alla destra il rapporto con i cinquestelle è necessario. E quindi anche il tema del rapporto con Italia Viva è già collocato ai margini del disegno e del compito di costruire una larga alleanza in grado di contrastare e competere elettoralmente con il centrodestra. Fin qui le scelte politiche principali, le quali pongono certamente anche alle esperienze di sinistra fuori del PD il problema di come contribuire alla costruzione di una alternativa alla destra larga e vincente. E di questo parleremo nei prossimi giorni.
Ma nella lunga intervista al Tirreno Letta ha parlato anche di altre cose, sia di carattere locale, toscano, e sia attinenti al PD che alla sua esperienza personale. Per la Toscana il segretario del PD mette al centro il progetto di una “metropolitana leggere che colleghi Pisa e Firenze in 25 minuti”, come fatto in grado di alleggerire il traffico pesante, valorizzare la rete su ferro e superare “la disputa dei due aeroporti”. Ovvero lasciare da parte il progetto della nuova pista di Peretola. Mi pare un approccio più che giusto: insieme realistico e con una visione coerente con la sostenibilità dello sviluppo. Cosa che del resto, alla luce dei grandi interrogativi per post pandemia, consiglia anche il buonsenso. Allora quello che dovrebbe fare alla svelta la Regione Toscana, d’intesa con i Comuni interessati e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è avviare un percorso di progettazione per tale opera e di dare priorità agli adeguamenti necessari sul piano della gestione del territorio.
Invece sul tema del partito si è limitato ad osservare che ci sono “troppe divisioni e troppi atteggiamenti personalistici” che hanno tolto spazio ai circoli, che sono stati usati “più per le carriere personali che per creare dibattiti”. Certamente ha toccato non un nervo scoperto ma la spina dorsale del problema partito. È indubbio che la personalizzazione della politica, in simbiosi con la crescita del peso della comunicazione e della visibilità, ha contributo molto alla crisi e alla perdita di credibilità dei partiti, aggrava dal mito del leader carismatico e dalla logica dello staff a totale detrimento dell’idea del collettivo, della squadra. Nel PD, con la segreteria di Renzi, questa tendenza ha raggiunto l’apice, condivisa purtroppo da tanti. Ecco, su questo problema dobbiamo ancora capire cosa pensa e intende fare Enrico Letta, perché ridurlo solo al tema dell’unità e delle correnti è riduttivo e semplificatorio. Per come si sono messe le cose rivitalizzare e ridare fiducia alla politica e ai partiti è un compito assai impegnativo, che comporta una forte tensione culturale per rilancio della democrazia dei partiti così come è indicata nell’articolo 49 della Costituzione, e va visto come strettamente connesso ai valori e ai contenuti necessari per cambiare in meglio la società. Mentre il rischio è che la quotidianità della politica attuale, nello stile e nella gestione, prenda comunque il sopravvento e faccia prevalere ancora una logica ristretta e personalizzante, appena un po’ più temperata rispetto a ciò che conosciamo.
Infine, nell’intervista, Letta fa una considerazione sul suo vissuto, sulla sua esperienza, in particolare sugli ultimi anni, fuori dai ruoli politici, “trascorsi a imparare”. Si tratta di un invito alla riflessione importante che riguarda tutti, certamente. Ma forse, per lui, ha comportato qualche elemento di riflessione anche sui passaggi che portarono Renzi alla guida del PD, oltre a quelli che pochi mesi dopo sfociarono nel repentino cambio nella guida del Governo, in seguito al famoso “Enrico stai sereno”.