Mentre stiamo uscendo, piano piano, dall’emergenza del Covid-19 vediamo che non solo permangono ma crescono le preoccupazioni per la situazione economica e sociale del Paese. Si annuncia un autunno molto difficile. Non bastano le abbondanti dosi di ossigeno, in termini di risorse finanziarie, messe in cantiere dall’Europa a rassicurare. È evidente che si è aperta una partita nuova su dove e come allocare quelle risorse, in quale direzione, con quale progetto e ovviamente su chi avrà in mano il timone.
Esplicito è il disegno di una serie di forze economiche e finanziarie, ben presenti e forti nel sistema mediatico, abituate a influenzare e condizionare il Governo del Paese, di puntare ad una cambio dell’esecutivo, cavalcando, lo vedremo con più chiarezza i prossimi mesi, la parola d’ordine del Governo di salvezza nazionale. Per ora non ci sono le condizioni politiche e numeriche in Parlamento e quindi non c’è una alternativa praticabile, ma con l’acuirsi della crisi le cose possono cambiare. Per contrastare e battere questa deriva occorre, o meglio occorrerebbe, una maggioranza solida, sorretta da un progetto, da una strategia.
Purtroppo finora non si vede la volontà di procedere in questa direzione. Il modo con cui si va ai cosiddetti Stati Generali non permette di vedere una prospettiva di cambiamento. Non si vedono i contenuti. Si parla dell’ipotesi di un nuovo partito guidato dal premier Giuseppe Conte, che i sondaggi accrediterebbero con un risultato a due cifre. Altri si pongono il problema di chi sarebbe in grado di rappresentare credibilmente una proposta di Governo progressista o di centrosinistra. E ovviamente i concorrenti, sulla carta, non mancano. Ma poco si ragiona su quali idee di rinnovamento del Paese, per una effettiva ricostruzione del dopo-coronavirus capace di ridurre le diseguaglianze e tutelare salute e ambiente, si deve battere la sinistra per indicare una prospettiva nuova. Il rischio è il galleggiamento sullo stato di necessità. Eppure abbiamo più volte sentito dire che da questa grave e inaspettata crisi si deve uscire cambiando le cose, che tutto non sarebbe stato più come prima; a livello nazionale così come a livello locale e regionale, visto che anche in Toscana ci sono le elezioni. Ma come si dice: “finché c’è vita c’è speranza”.
Nel frattempo torniamo un momento a parlare della situazione della città. Pisa senza turismo e senza studenti appare forse più vivibile, non tanto in verità, ma emergono problemi seri non solo sul lato economico e occupazionale, di molte attività che rischiano la chiusura. Rischia di saltare o di venire meno quel difficile equilibrio di città fatta di servizi qualificati costruito in decenni, anche come risposta ai pesanti processi di deindustrializzazione che l’hanno interessata fino agli anni ottanta. Certamente bisogna fare i conti con i mutamenti di oggi, e anche con le nuove potenzialità che si sono fatte avanti negli ultimi vent’anni, ma colpisce tuttavia l’impressionante assenza di dibattito sul futuro della città; ad ogni livello e in particolare nella funzione delle principali istituzioni cittadine, ma anche sul piano dei mezzi d’informazione. Chiediamoci chi dovrebbe farsi carico di promuovere una discussione su questi problemi. Il Comune, il Sindaco, il Consiglio Comunale, non possono limitarsi a svolgere il loro ruolo solo in base alle proprie competenze, devono essere il punto di riferimento aggregante di un confronto ampio, che non si limiti alle rappresentanze di alcuni interessi di categoria o istituzionali.