Non è una sorpresa, almeno per me, vedere che nello sviluppo dell’attività del Governo Draghi, quando si arriva alle scelte di fondo, vengano avanti le ragioni di chi ha spinto decisamente sul cambio di Governo e di maggioranza. Ed era già evidente che il nuovo quadro politico avrebbe portato al consolidamento delle posizioni della destra. I fatti di questi giorni lo mettono bene in luce. Pensiamo a tre temi fondamentali, sui quali si caratterizza da sempre la differenza fra la destra e la sinistra, come le tasse, i diritti del lavoro o le regole per gli appalti.
È bastato che Enrico Letta annunciasse la proposta di tassare la successione dei patrimoni, come avviene in Usa o in Francia e in Germania, finalizzata alla costruzione di una dotazione per il futuro dei giovani meno abbienti, per assistere alla rivolta della destra. Peraltro una tassazione proposta sulla base di una percentuale assai timida e bassa rispetto a quella praticata negli altri Paesi. Oppure è bastato che il Ministro Orlando, sulla base di una situazione sociale difficile e incerta e di fronte a posizioni contrapposte fra i sindacati e le associazioni imprenditoriali, abbia provato a derogare di qualche mese il blocco dei licenziamenti per assistere all’attacco scomposto della destra e di Confindustria al Ministro. E lo stesso scenario si presenta anche sulla questione delle norme che regolano gli appalti, prendendo a pretesto l’esigenza di snellire e velocizzare le procedure in ragione dei tempi del Pnrr, la destra spinge alla piena deregolamentazione, alla riduzione dei controlli, alla massimizzazione dei profitti a danno della sicurezza e della trasparenza, e con i grandi giornali e i Ministri tecnici del Governo che gli reggono il gioco. Ovviamente con Confindustria sempre in prima fila, come lo era nella battaglia contro il Governo precedente.
Ebbene su questi temi fondamentali è mancata da parte del Presidente del Consiglio una idea, una linea, in grado di indicare almeno una strada di mediazione, capace di raccogliere la domanda di protezione sociale e ambientale rappresentata dalle posizioni del centrosinistra e dal mondo del lavoro. Ciò evidenzia i caratteri e l’essenza della difficile fase politica che stiamo attraversando, con tutti i suoi limiti. Anche sul Pnrr, lo abbiamo già rilevato, le scelte che via via stanno emergendo appaiono ben lontane da quei propositi tanto enunciati di transizione ecologica, di lotta ai cambiamenti climatici e di riduzione delle diseguaglianze. Mi sa che stiamo andando verso una stagione politica non proprio entusiasmante per la sinistra. Del resto se guardiamo alla vicenda delle prossime elezioni amministrative, alla estrema difficoltà a mettere insieme alleanze e candidature alternative alla destra, non c’è molto da aspettarsi. Così sembra. E immaginare che la “ripartenza” del Paese, dopo la difficile fase della pandemia, possa diventare un punto di forza per il centrosinistra è abbastanza problematico. Anche in Toscana, dove il centrosinistra ha confermato una larga maggioranza alle elezioni regionali di pochi mesi fa, le cose non vanno molto meglio. Anzi. La gestione della vaccinazione da parte della presidenza della Regione ha segnato lacune e limiti che pesano nella valutazione e nel giudizio dell’opinione pubblica. Verso alcune scelte di merito e soprattutto, a mio parere, per una comunicazione eccessivamente percepita come presenzialismo istituzionale.
C’è stato poi il caso dell’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Toscana che ha fatto emergere la storia dello smaltimento illegale dei fanghi dell’industria conciaria, e con esso anche una serie di rapporti non limpidi tra i vertici dell’Associazione del Conciatori, del Comune e della Regione. Così il PD, tramite suoi esponenti, è finito sul banco degli accusati in attesa di capire quale sarà lo sbocco degli atti avviati dalla magistratura. Ma è risultato chiaro fin da subito che al di là della vicenda giudiziaria era emersa una grande questione politica e ambientale che non poteva essere ignorata o sottovalutata. Invece proprio così ha fatto il PD: anziché aprire una riflessione critica ha evitato di discuterne apertamente, ha pensato di risolvere la situazione facendo quadrato, fino a quando è cominciato lo scaricabarile all’interno della filiera istituzionale dei suoi rappresentanti. Si tratta di un atteggiamento sbagliato, che oltre ad attirare su di sé tutta l’attenzione dei media ha fatto sparire dalla discussione le responsabilità dei vertici degli imprenditori e dei gestori degli impianti di smaltimento e messo in secondo piano il grave problema delle infiltrazioni mafiose. Mentre sarebbe interessante, per esempio, leggere sui giornali o ascoltare sulle tv locali inchieste e approfondimenti per capire cosa pensano i lavoratori e gli imprenditori del sistema conciario di questa situazione, dei comportamenti che hanno portato alle attuali difficoltà e alla potenziale crisi del settore. Invece è come sé questa realtà in esista o sia tutta compresa e assimilata nel capitolo della rappresentanza politica. Ecco una buona domanda anche per i giornalisti, ma chissà se hanno voglia di prenderla in considerazione. Ci sono poi i cittadini, a partire dalle richieste di accertamento sul rischio inquinamento delle falde nelle zone dove sono stati utilizzati i lavorati derivanti dai fanghi conciari detti “Keu”. È necessario che su questo piano la Regione garantisca tutte le verifiche necessarie e metta in condizione l’Arpat di potenziare il sistema, la struttura e il monitoraggio dei controlli relativi allo smaltimento dei rifiuti industriali.
Voglio ricordare che Sinistra Civica Ecologista ha posto già con il comunicato del 6 maggio l’esigenza di un confronto chiaro e aperto su queste vicende, al fine di evitare una caduta della credibilità delle istituzioni e di individuare soluzioni in grado di salvaguardare insieme ambiente e attività produttive. Ma senza dimenticare che vi è anche una preoccupazione grande e crescente per i fenomeni di infiltrazioni mafiose che tendono a inserirsi in vari campi dell’economia, soprattutto quando si manifestano situazioni di crisi. Un allarme troppo sottovalutato nei nostri territori. Per questo abbiamo organizzato per sabato 29 maggio un incontro con il senatore Pietro Grasso e un confronto sui temi dell’inchiesta della zona del cuoio per il 10 giugno con la partecipazione di Rosy Bindi, già presidente della Commissione Parlamentare Antimafia.