Un caro amico e compagno mi ha detto che la considerazione che ho fatto sul blog circa il disimpegno, o meglio, “l’adagiarsi della sinistra sui propri interessi personali” è una forzatura eccessiva. Soprattutto se si riferisce al “popolo di sinistra” e non ai gruppi dirigenti dei partiti di sinistra. In realtà io mi riferivo a tutti e due i campi. Certamente ci sono limiti e colpe di coloro che dirigono le formazioni politiche, ma ci sono anche evidenti smottamenti nell’impegno dei militanti e dei sostenitori, pur tenendo di conto dei livelli differenziati di attenzione, che evidenziano quantomeno uno scivolamento culturale. Quanto al “popolo di sinistra” il problema è che quello più sofferente e disagiato si sta rivolgendo ad un altro tipo di offerta politica, anche con una certa spigliatezza che non si capisce se sia frutto più di acredine oppure di ignoranza. Resta il fatto che la rappresentanza di interessi, che dovrebbero essere il valore centrale per la sinistra, oggi viene individuata principalmente nelle forze del campo populista. Ovviamente è il risultato di una grande e diffusa perdita di credibilità delle forze della sinistra, a cominciare dal PD, ma non solo. E non è come perdere la fiducia su una scelta politica o un provvedimento. La ferita è molto più profonda e non si ricuce con qualche aggiustamento. Occorre qualcosa di nuovo, di veramente nuovo, forse anche con qualche strappo, per riattivare un canale positivo di comunicazione con chi ha mutato il voto o ha mollato del tutto. Sia sui contenuti, tenendo ben fermi i valori della sinistra (giustizia sociale, uguaglianza, diritti, solidarietà) e sia nel modo di organizzarsi e di proporsi sul piano democratico. Mi pare che anche il ragionamento che ha fatto il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, sulle pagine dell’Espresso sia lo stesso. “Qui ci vuole un nuovo partito” titola l’intervista. Ma non nel senso di un soggetto moderato come propone Calenda, peraltro “autorizzato” da Zingaretti. Evidentemente Sala avverte che senza una scossa, una novità, non si recupera attenzione e fiducia. Certamente non lo dice sconfessando o mollando il PD, ma pone il problema. E in effetti gran parte del problema sta lì, nel Partito democratico. Nello stesso numero della rivista diretta da Damilano c’è un lungo articolo di Zingaretti che traccia le linee di un possibile programma. In larga parte condivisibile ma in cui non è semplice individuare uno “scatto”, soprattutto se lo guardiamo alla luce delle cautele sulla vicenda Lotti. Tra l’altro è buffo notare che un “autosospeso dal partito” si faccia promotore di riunioni di corrente. Ma ancora più “interessante” è vedere che Matteo Renzi, che sostiene di stare in disparte, rilascia interviste in una certa quantità, e proprio ieri sul Sole 24 Ore lo fa proponendo una linea politica tutta fondata su un concetto di crescita economica tanto caro alla Confindustria, ma poco apprezzato dai lavoratori stabili o precari che siano. Nella quale il nemico assoluto è il M5S, molto più di Salvini che, in fondo in fondo, sta sulla linea della crescita purchessia, senza farsi alcun problema sulla questione del modello di sviluppo, che è entrata prepotentemente in scena con il tema del cambiamento climatico. Anzi è proprio Salvini che al nord strappa i voti a Di Maio con il motto che la Lega è quella del “sì” e i cinquestelle sono quelli del “no”. Forse, se vogliamo incidere negli orientamenti e nelle speranze, la sinistra dovrebbe dire qualcosa di diverso.
Ecco finora non è del tutto chiaro cosa avviene nel PD, per poter sostenere che la costruzione di una alternativa passi da lì. Certo nel voto del 26 maggio ha recuperato consensi come “argine” verso il populismo, ma per un’alternativa credibile non basta.
Anche sul piano locale i segnali non sono incoraggianti. Sulla scadenza delle prossime elezioni regionali, nel 2020, è iniziato un balletto sulle candidature a Presidente che non promette niente di buono. Soprattutto si sta sul terreno dell’autoreferenzialità più totale. Da noi, a Pisa, prevale la linea dei commissariamenti, di partito e istituzionali. L’assemblea comunale del PD anziché discutere e trovare una soluzione per la segreteria comunale ha rinunciato alla sua funzione e ha rimesso la scelta nelle mani del regionale. Lo stesso da parte del PD, per ciò che ho letto sui giornali, sulla vicenda degli organismi del Consorzio di bonifica, per i quali tra l’altro ci sono stare le elezioni, arrivando anche qui al possibile esito di un commissariamento. E non si tratta di una cosa secondaria, da poco, dato che le problematiche della messa in sicurezza idraulica per la nostra città e il territorio pisano sono serie e condizionanti per le prospettive future. Forse era meglio partire da qui, da una discussione sul ruolo e sulle cose che deve fare il Consorzio per il nostro territorio, anziché dare spazio a trattative e scambi politici che hanno il sapore aspro della spartizione.