L’esito della trattativa europea sul “Recovery fund” è certamente molto positivo. Per l’Europa innanzitutto, perché sembra aver ritrovato finalmente quel senso della solidarietà che è strettamente connesso al progetto dell’integrazione. Un senso che sembrava scomparso sotto il predominio delle ragioni della finanza. Forse si è arrivati a questo risultato, di cui beneficia molto l’Italia, sulla base della consapevolezza che il “castello” della costruzione europea di stava incrinando pericolosamente. Lo hanno capito bene la Germania e la Francia. Ma questa consapevolezza, per tradursi in un processo forte di rilancio del progetto europeo, ha ora bisogno di far decollare politiche uniche e integrate non solo sul piano finanziario ma anche su quello dell’economia e del fisco. E poi ha bisogno di coraggio, per cambiare la rotta e investire seriamente nelle politiche ambientali, sul cambiamento climatico e sullo sviluppo del digitale. E su questi obbiettivi ancora non ci siamo. Questo per dire che il segnale arrivato dal vertice di Bruxelles è confortante e incoraggiante ma che il problema del rilancio progettuale e del processo di fiducia nel disegno europeo è tutt’ora aperto, e discuterne fa bene.
In tal senso bisogna notare, non senza soddisfazione, l’impaccio della destra sovranista italiana che si trova improvvisamente privata di qualsiasi argomentazione anti europea. Il povero Salvini è passato in poche settimane dal sostenere che i nostri guai avevano tutti origine in Europa, all’idea che dovevamo fare con le nostre risorse senza ricorrere all’aiuto di Bruxelles (ovviamente senza accennare minimamente a dove prendere le risorse), fino a dire, di fronte a più di 200 miliardi di aiuti, che si tratta di una “fregatura”. Anche molti giornali si stanno sforzando di spaccare il capello in quattro per non riconoscere la novità del negoziato e il successo del Governo Italiano. Purtroppo permane nel sistema mediatico del nostro Paese, nella carta come nelle TV, un atteggiamento molto favorevole a Salvini, del tutto sproporzionato rispetto al peso alle funzioni della maggioranza parlamentare e del Governo che trovano più attenzioni negative che non positive. Ma non è una sorpresa dati i propositi dei “padroni del vapore” di questo Paese, che hanno fatto sapere, ormai in tutte le salse, che non intendono affidare il governo della ricostruzione post Covid e dello sviluppo ad una maggioranza che può scegliere di cambiare e di favorire la transizione ecologica e insieme politiche di riduzione delle diseguaglianze. E’ evidente che questa offensiva continuerà nelle prossime settimane, magari cavalcando una serie di situazioni di malessere sociale provocato dalla crisi conseguente alla pandemia, e punterà a far saltare l’attuale equilibrio politico.
Questo fatto deve allarmare ancora di più la maggioranza, che non può cullarsi nel brillante risultato di Bruxelles, in attesa dei soldi del Recovery Fund. Diventa ancora più forte e necessario dare una proiezione strategica all’impegno del Governo Conte e dell’alleanza che lo sorregge. E questa proiezione può diventare credibile solo se è accompagnata da un’idea di Paese, capace di parlare, in primo luogo, agli strati sociali più deboli e alle giovani generazioni. Senza questa è assai difficile immaginare una sconfitta è un riflusso della demagogia populista della destra. Ed ecco che si torna al punto centrale di questa fase politica, parlamentare e non, che pone due domande che ancora non trovano una risposta chiara: cosa intende fare e dove vuole andare il M5S da una parte, e dall’altra quando e se a sinistra si aprirà una fase reale e seria di confronto per dare vita ad un soggetto politico unitario e credibile, fondato su un progetto visibile di cambiamento sociale, economico e ambientale del Paese. Molti pensano, con non poche ragioni, che il primo passo in questa direzione spetti al PD, che però deve liberarsi di una serie di ambiguità. Tuttavia non è solo al PD che dobbiamo affidare questa responsabilità. Molto possono fare movimenti, formazioni minori, singoli cittadini e elettori, stimolando una partecipazione e dibattito a cominciare dalle occasioni di battaglia politica che si presentano nelle prossime settimane.