Sabato sorso ho partecipato alla assemblea nazionale di SinistraDem introdotta dalla relazione di Gianni Cuperlo. La cosa principale, ripresa dai media, è stato il passaggio sulla richiesta a Renzi di dimettersi e convocare subito il congresso del PD. Un congresso vero, ma per analizzare e riflettere sui cambiamenti della società italiana e nella situazione internazionale, perché il racconto che abbiamo fatto dell’Italia negli ultimi anni si è rivelato sbagliato ed è alla base delle sconfitte nelle elezioni amministrative e nel referendum. Cuperlo si è intrattenuto molto proprio sulle ragioni di fondo che hanno alimentato la crescita dei populismi, da noi e nel mondo, e sui limiti evidenziati dalla sinistra e non solo da Renzi. Per questo c’è bisogno di un congresso che metta in cima la discussione, il confronto sulle idee e sulle politiche, perché la convinzione che bastasse una immagine nuova, abbinata ad una efficace capacità comunicativa per vincere, si è rivelata una illusione. Il problema è che alla fine contano sempre i contenuti e la percezione reale che arriva ai cittadini elettori. Puoi cambiare facce e vestito ma se non cambi la sostanza delle politiche economiche e sociali e prosegui su una strada subalterna ai poteri e agli interessi che hanno prodotto la crisi, alla lunga perdi credibilità nella rappresentanza di ampi strati di lavoratori, giovani e ceti popolari. Questo è il punto. La risposta che alcuni esponenti della maggioranza hanno dato a questo tema, posto da Cuperlo e dalla minoranza, è stata quella dei gazebo. Ovvero ci si conta e chi vince comanda. Un po’ poco, secondo me, rispetto alle domande politiche che abbiamo dinanzi.
Tuttavia anche la sinistra interna al PD ha diversi motivi per interrogarsi. In primo luogo sul fatto che a questa situazione si è arrivati dopo una serie di cedimenti all’idea che occorreva una leadership forte e visibile prima ancora di un partito fondato sulla collegialità e pluralità di un gruppo dirigente largo. Inoltre vi fu una lettura dell’emergenza economica del Paese, che portò alla sostituzione di Berlusconi con Monti e degli esiti di quella fase, superficiale. Con la conseguenza di una campagna elettorale sbagliata e una gestione del dopo elezioni da dimenticare. Poi gli staff o i “circoli magici” che hanno sostituito le segreterie e le direzioni che sono diventate la pura registrazione dei rapporti di forza numerici. Il protagonismo personale ha preso piede ampiamente anche tra gli esponenti della sinistra a discapito del confronto e dell’iniziativa collettiva. E pure adesso ne vediamo le conseguenze. Ci poniamo il problema di costruire una proposta alternativa alla segreteria di Renzi e si moltiplicano le candidature prima ancora di ragionare sui contenuti e sul progetto di un discorso alternativo. E’ evidente che senza un impegno e una disponibilità a lavorare per una sintesi unitaria non ci sarà nessuna possibilità di rendere contendibile la guida del PD. Tre candidati, come quelli che sono già scesi in lizza, sono troppi; e chissà se adatti ad allargare il campo. Comunque è utile che si avvii un confronto in tempi rapidi. Per sabato e domenica è stata promossa una importante iniziativa a Firenze dal titolo “Può nascere un fiore. Di nuovo, la Sinistra”. Si tratta di una occasione di discussione vera. Ci saremo in tanti, e ci sarà la possibilità di approfondire questioni centrali come quella dello sviluppo e del lavoro e di confrontarci con molti protagonisti di questa fase. Il mio invito è a partecipare. Certo nel popolo della sinistra aleggia anche il tema o l’evocazione della scissione. Credo che ciò non faccia bene alla sinistra e, soprattutto, non rafforzi la battaglia per cambiare il PD e la sua politica e prefigura il rischio di una sinistra frammentata e minoritaria. Semmai il problema che bisogna porre nel dibattito all’interno del PD è perché si è assistito senza alcuna preoccupazione alla scissione silenziosa che ha visto di fatto molti iscritti e elettori allontanarsi dal partito. Anche questo è un tema del congresso e sta innanzitutto nella responsabilità di chi ha o avrà la guida del PD.