Capita, come a molti in queste ore, di sentirsi chiedere cosa ne pensi e dove porterà la crisi di Governo e l’incarico dato a Mario Draghi per risolverla. Francamente non lo so, non sono in grado di fare previsioni, ma provo a ragiornarci su. Allora ricapitoliamo: il Presidente Mattarella di fronte al venir meno della maggioranza e alle dimissioni di Conte, e poi al fallimento della esplorazione di Fico sulla possibilità di rimettere insieme i cocci della maggioranza, ha sostanzialmente detto che in una situazione normale lo sbocco democratico sarebbe quello delle elezioni, ma che in ordine alla situazione eccezionale e molto grave del Paese, che richiede interventi urgenti (pandemia, piano vaccinazioni e Recovery fund) e non può sopportare quattro o cinque mesi di vuoto di Governo, è necessario dare vita ad un esecutivo di salvezza nazionale guidato da una figura di grande prestigio e affidabilità sul piano europeo e internazionale. Cioè: siamo arrivati sull’orlo del baratro e basta poco per cadere giù.
Per questo il mandato a tutto campo affidato a Mario Draghi, senza vincoli o indicazioni predeterminate, con l’impegno a trovare una maggioranza larga e solida in Parlamento. E Draghi, coerentemente, sta consultando tutti i gruppi politici presenti in Parlamento. Ha anche aggiunto che sentirà anche le parti sociali. E questa è una buona notizia, visto che da anni si è praticata la politica della cosiddetta “disintermediazione”, teorizzata nel 2014 da Renzi alla Presidenza del Consiglio, per evitare il confronto con le parti sociali e soprattutto con i sindacati dei lavoratori. Certo, per ora solo un segnale, ma non era scontato. Per il resto, ovvero come si muoveranno le forze politiche, è ancora tutto aperto. Fra oggi e domani si capirà di più. Però i primi passi fatti dalle forze che sostenevano il Governo Conte mi sembrano giusti.
Pare che l’iniziativa promossa da Zingaretti, di dar vita ad un asse di sinistra in accordo con il M5S per dare corpo in prospettiva alla costruzione di una credibile alternativa alla destra, stia dando dei risultati significativi. In fondo l’obbiettivo di chi ha fatto saltare l’equilibrio della passata maggioranza era proprio quello di interrompere e spezzare ogni possibilità di sviluppo di un asse politico alternativo alla destra, favorendo in tal modo il rafforzamento di un’area centrista. Operazione che non sembra riuscita e che nell’immediato può portare alla scelta di un sostegno condiviso a sinistra verso il tentativo di Draghi, volto a mettere insieme una maggioranza larga su basi programmatiche chiaramente europeiste e con un minimo di continuità sul lavoro fatto dal Governo Conte. Penso in particolare all’azione svolta sul piano della tutela della salute. Ma, ovviamente, molto dipenderà dalle scelte di Draghi. In primo luogo sul programma e sulle priorità da affermare in questa fase; e anche, in una certa misura, dalla composizione del Governo che proporrà al Parlamento.
Non si tratta comunque di una situazione facile ma io propendo per una soluzione di fiducia, senza ignorare che sotto la pelle del Paese reale sta crescendo un malessere profondo, prodotto e accentuato dalla crisi economica e dalle incertezze sul futuro, che può sfociare rapidamente in una situazione di forti tensioni sociali, insieme ad un rilancio del populismo antipolitico. Qui sta il problema di fondo: la difesa della democrazia passa inevitabilmente dalla capacità di governare gli squilibri e le contraddizioni sociali, mentre alimentare l’instabilità politica significa aggravare il problema. Questa è la sfida più importante che l’Italia ha davanti, della quale devono farsi carico il nuovo Governo e soprattutto le forze politiche, che devono recuperare un reale senso di responsabilità. Altrimenti non resta che fare appello alla responsabilità degli elettori.