Nelle ultime settimane non sono riuscito a scrivere niente su Facebook anche se ci ho provato più di una volta. Vivo con grande disagio la drammatica situazione che si è aperta a Gaza e in Palestina con il grave e sanguinoso assalto terroristico messo in atto da Hamas verso civili ebrei, e poi con la reazione di Israele che ha avviato una vera e propria guerra attraverso la distruzione di Gaza.
Un disagio che nasce certamente dalla delusione di veder morire le speranze che per almeno un ventennio avevano alimentato la soluzione di “due popoli, due Stati”, ma anche dalla mancanza di una qualsiasi riflessione sulle ragioni che hanno portato al terribile conflitto di oggi, purtroppo accompagnate dal ritorno di un concetto che pensavamo ridimensionato e comunque subordinato all’idea del valore della pace: quello della guerra come soluzione dei conflitti. Ciò che si è lasciato crescere negli ultimi dieci/quindici anni è l’odio e il risentimento legato ai fondamentalismi religiosi e territoriali, con il corrispondente logoramento delle posizioni più ragionevoli e moderate, sia da parte israeliana che da quella palestinese. E su questo piano ci sono colpe evidenti da parte dell’Occidente, con in testa gli USA e l’Europa. Parlare adesso, con il massacro dei bombardamenti in atto, di “due popoli due Stati” è pura ipocrisia.
Pensiamo a cosa passerà per la testa di un ragazzo di Gaza, che vede morire sotto le bombe genitori, fratelli, sorelle, amici, in una guerra che ha solo il sapore della vendetta, a quale sarà la ragione della sua vita nei prossimi anni. E anche in Cisgiordania, dove è in atto nel contempo una offensiva dei coloni per appropriarsi di territorio palestinese e una stretta repressiva da parte delle forze israeliane. Questa situazione sta ormai spostando il consenso dei palestinesi che vivono in Cisgiordania verso le posizioni estremiste e fanatiche di Hamas, abbandonando del tutto la speranza di poter contare su una Autorità Palestinese autorevole, autonoma e riconosciuta. Le mie sconsolate considerazioni non sono una novità, sono ben conosciute e commentate da tanti, e mi portano a pensare che non ci sarà mai soluzione a quel conflitto e ciò sarà a giovamento solo dei fanatismi di ogni tipo.
Il mio è uno sfogo fatto di profonda amarezza, anche perché avevo creduto agli accordi di Oslo del 1993, dopo aver partecipato a Gerusalemme alla manifestazione internazionale “Time for peace” a Capodanno del 1989. Poi da Sindaco, attraverso iniziative e gemellaggi, mi ero adoperato, tra il 1999 e il 2008, insieme alla Regione Toscana, a creare diverse occasioni di confronto e di collaborazione fra Sindaci di Comuni Israeliani e Sindaci di Comuni Palestinesi. Occasioni in cui ci fu l’opportunità di incontrare e di porre qualche domanda anche a Yasser Arafat e Shimon Peres. Ma purtroppo nel giro di pochi anni l’aria è cambiata e a “collaborare” per provocare la distruzione d’ogni possibile dialogo ci hanno pensato Netanyahu e Hamas, ognuno per la sua parte, con il proposito di far naufragare l’idea dei due Stati.
Riprendere oggi quell’idea è molto complicato e come prima cosa comporta un rovesciamento delle politiche portate avanti da Netanyahu con l’impegno serio e visibile della comunità internazionale, altrimenti il rischio è quello di una proliferazione del terrorismo di matrice islamica. Certamente non è rassicurante il progetto di cacciare i palestinesi dalla striscia di Gaza di cui si sente parlare. L’unico modo di isolare e sconfiggere Hamas è quello di indicare una terra e un futuro di libertà e di autonomia reale praticabile al popolo palestinese. Ma quello che è urgente adesso è fermare il massacro, ne va di mezzo la credibilità di ogni affermazione che si richiami ai diritti umani. Il “cessate il fuoco” è il minimo che si possa chiedere.