Novembre inizia così come si è concluso ottobre, con la politica italiana caratterizzata dalle divisioni nella maggioranza di governo. Nell’esecutivo hanno condiviso e votato tutti la manovra di bilancio ma subito dopo due componenti, il M5S e Italia Viva, ne hanno contestato alcune parti con l’intento di distinguersi e lucrare qualche consenso d’immagine e di voti agli alleati. E così sono riusciti nel capolavoro di indebolire fortemente la credibilità del Governo in più direzioni: legittimando e rafforzando la campagna di Salvini contro il Governo delle tasse; depotenziando e svilendo ogni parola detta sulla riconversione ecologica in difesa dell’ambiente; tornando indietro sugli impegni di completa revisione degli accordi e delle normative presi in materia di immigrazione. Il risultato è che si scontentano tutti: imprenditori, lavoratori, ambientalisti, i ragazzi del movimento sull’emergenza climatica, i volontari e le associazioni del mondo solidaristico, fino alle realtà del mondo culturale più sensibili ai temi della giustizia sociale, dei diritti e alla lotta al razzismo. Non c’è che dire, bisogna proprio congratularsi con Renzi e Di Maio che in maniera così disinvolta gonfiano le vele dell’avanzata salviniana. Eppure questa coalizione di governo era nata con il proposito di evitare le elezioni anticipate e frenare la destra, facendo prevalere la dinamica parlamentare guidata da una maggioranza composita ma unita, orientata a garantire la stabilità. Invece stanno facendo tutto il contrario, e se va così non saranno solo i risultati delle elezioni regionali ma anche la pressione dell’opinione pubblica a chiedere le elezioni anticipate, con l’effetto di consegnare il Paese a Salvini e alla destra con un consenso ancora più grande di quello degli ultimi mesi. In questo quadro chi pagherà il conto più salato sarà il PD e la sinistra. È indubbio che l’operazione orchestrata da Matteo Renzi, che in nome dell’unità interna si è preso posizioni importanti e subito dopo ha dato vita al suo partito personale, ha messo Zingaretti in una posizione estremamente difficile. E adesso PD si trova stretto in una tenaglia che riduce le sue possibilità di movimento. Tutto questo finisce per dare ragione a chi ha sostenuto che l’obbiettivo di fondo di Renzi è sempre stato quello di puntare al disfacimento della sinistra e contestualmente alla ricostruzione di un soggetto centrista. Tuttavia, al di là delle valutazioni più o meno credibili, il nodo attuale per il PD e per Zingaretti è quello di uscire al più presto dalla morsa del duo Renzi-Di Maio e per farlo ha bisogno di una mossa straordinaria, che rimetta in discussione l’attuale contesto dell’offerta politica. Bisogna tornare a parlare a quella parte, grande, di cittadini che ha sofferto e soffre le conseguenze di una crisi che tarda a finire e che, comunque, non permette di guardare al futuro con la fiducia di chi cerca e si aspetta lavoro e sicurezza sociale.
Ma dopo questo “sfogo” politico passo ad una cosa molto più leggera che però mi sta a cuore. Ieri in un articolo del Tirreno si ricordava l’estate del 1982 come un periodo straordinario e importante per l’Italia e anche la nostra città, segnato dalla promozione in serie A del Pisa, dal ritorno del gioco del Ponte e dalla vittoria della nazionale italiana ai campionati del mondo in Spagna. Certamente è vero, ma manca in quella ricostruzione un fatto che per il nostro territorio ha rappresentato un evento davvero straordinario e irripetibile: la festa nazionale de l’Unità a Tirrenia. Due giorni fa sul Corriere, in una pagina che ricordava una famosa intervista di Pansa a Enrico Berlinguer, c’era la foto del suo comizio nell’area Cosmopolitan a Tirrenia. Una folla sterminata e in lontananza gli stabilimenti cinematografici. Ma quella fu la parte più facile. Il bello furono le migliaia di militanti e di cittadini, con una grande componente di giovani, che permisero con il loro impegno diretto la costruzione e la gestione di quell’evento che vide la partecipazione di una marea di persone, centinaia di migliaia per più giorni in un contesto urbanistico affascinante, che metteva insieme storia, fantasia, ingegno. Arti e mestieri, si potrebbe dire. Ripensavo a quella impresa in questi giorni, leggendo il bel libro di Piero Trellini intitolato “La partita. Il romanzo di Italia-Brasile”. Racconta appunto il percorso e la vittoria dell’Italia di Bearzot ai mondiali del 1982 facendo perno sulla partita con il Brasile, che tutti davano per persa in partenza. Finì 3 a 2, con tre gol di Paolo Rossi gli azzurri riuscirono nel miracolo di eliminare quella che era considerata la squadra più forte del mondo. Era il 5 luglio: data, per altre ragioni, a me assai cara. Ricordo che al cantiere della costruzione della festa a Tirrenia quel giorno, come quasi tutti gli altri giorni di luglio e di agosto, erano al lavoro più di centocinquanta volontari e solo in un gruppo di una ventina ci trovammo sulle panche nell’unica saletta che aveva la tv per vedere la partita. Ci vergognavamo un po’ perché la maggioranza non faceva pausa ma “stava sul pezzo” e noi, patiti del pallone, non avevamo resistito al richiamo. Io più di tutti perché ero il capo cantiere. Poi, in occasione della finale con la Germania, in quella stessa saletta eravamo molti di più e alla fine, con l’immagine di Pertini saltellante di gioia negli occhi, festeggiammo tutti insieme. Però leggendo il documentatissimo libro di Trellini e ripensando a quel giorno, a quell’Italia-Brasile, in quel contesto, mi sembra di poter dire che allora non riuscii ad apprezzare l’intensità e tutto il valore di quella partita. Forse, anzi sicuramente, nella mia testa pesavano di più altre cose. Comunque il libro lo consiglio vivamente, è più di una partita.
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