La paura fa novanta, e così dopo che il Presidente Mattarella ha messo sul tavolo le sue condizioni per andare al voto o in luglio o a dicembre, indicando chiaramente le responsabilità delle diverse forze politiche, si è riaperta l’ipotesi di una alleanza di Governo fra la Lega e il M5S. Berlusconi ha sciolto le briglie a Salvini e entro qualche giorno sapremo se nascerà questa nuova formula governativa e su quale programma. Quello che si prospetta al Paese non è certamente rassicurante per chi ha una cultura e una sensibilità democratica e progressista. Non capisco come si possa pensare che un simile sbocco sia augurabile, salvo il sollievo per lo scampato pericolo delle elezioni a luglio. Comunque per l’area del centrosinistra tutta, e per la sinistra in particolare, la fase che si aperta con il voto del 4 marzo comporta una sfida politica che va ben oltre le battaglie e il ruolo di opposizione parlamentare. Il tema di fondo è quello di un recupero del rapporto con la società e con gli strati sociali che si vogliono rappresentare, con i loro bisogni e le loro aspettative. Per farlo è necessario avere una visione, un progetto e una prospettiva. Non c’è solo da riannodare i fili, c’è da ritrovarli e da inserirne di nuovi. Sarà bene che la sinistra esca dal torpore in cui è caduta al più presto.
Per sabato, a Roma, ArticoloUNO-Mdp ha promosso un incontro per discutere di questo. Mi auguro che qualcosa di nuovo e di utile venga fuori. È la gravità della situazione italiana e internazionale che ce lo chiede. Al di là della nascita di un Governo, se ci sarà, negli ultimi due mesi in Italia la merce politica più diffusa è stata il trasformismo, spesso mascherato da tatticismo. L’immagine di una politica lontana dai problemi reali del Paese e arroccata sugli interessi dei partiti e dei loro leader. Questa semina avviene su un terreno in larga parte già fertilizzato da antichi mali, come l’opportunismo, il “particulare”, il “fatti gli affari tuoi”, il qualunquismo del “sono tutti uguali”. Di Maio e Salvini hanno pensato bene di buttare un’altro bel carico di fertilizzante mentre facevano finta di litigare fra loro. È su questo terreno, così concimato, che si dovrà lavorare per evitare che il progressivo logoramento del sistema democratico arrivi a sbocchi pericolosi.
Mentre sul piano internazionale si cominciano a sentire i colpi regressivi portati dalla politica di Trump. Anche nel messaggio che va ben oltre gli Stati Uniti. Pensiamo alla battuta, di fronte alla lobby delle armi, con cui ha ricordato le stragi nelle scuole americane. In pratica ha detto che bisogna armare gli insegnanti e addestrarli a sparare. Tutto questo mentre tra i ragazzi e i giovani americani ha preso piede l’idea che bisogna agire contro la diffusione delle armi, perché comunque la violenza chiama violenza e le armi non sono uno strumento di giustizia.
Ecco, per la sinistra di cose da fare ce ne sono.
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