Settimana parlamentare di attesa per le motivazioni/indicazioni della sentenza della Consulta sulla legge elettorale e poi per la riunione della Direzione del PD di lunedì prossimo. In realtà era prevista per mercoledì sera una riunione dei gruppi parlamentari con Renzi, ma all’ultimo è stata annullata e la discussione rimandata alla Direzione, con invito a deputati e senatori. Un’assemblea di più di quattrocento persone. Chissà quale serio e costruttivo confronto si potrà fare in quella sede… Ne dubito molto. La “notizia” che gira in queste ore sarebbe che Matteo Renzi sia intenzionato a rassegnare le dimissioni e convocare il congresso. È ciò che gli ha chiesto la minoranza interna nei giorni scorsi. Mentre ieri quaranta senatori del PD hanno sottoscritto un documento che chiede di rinunciare alle elezioni anticipate e di sostenere pienamente il Governo Gentiloni. Francamente non so cosa dirà e proporrà il segretario del PD alla Direzione, ma sarebbe un passo avanti se intanto prendesse atto che una stagione politica è finita e che si è aperta una fase del tutto nuova ponendo al centro della nostra iniziativa i problemi del Paese e insieme l’esigenza di affrontarli almeno con un minimo di stabilità di governo. Se l’imperativo, come ha detto Gentiloni, è quello di contrastare il populismo bisogna mettere in campo alcune proposte che sul piano economico e sociale contengano il segno chiaro di una svolta nella direzione dell’equità e della lotta alle diseguaglianze.
Vale per noi e per l’Europa. Siamo ormai alla vigilia delle elezioni francesi e le preoccupazioni per l’onda antieuropea e populista guidata dalla Le Pen sono grandi. Come altre volte, in Francia, quando si presenta il pericolo della destra estrema, il centro e la destra moderata fanno quadrato insieme alla sinistra riformista per impedire il peggio. Almeno così si dice, dato che il Partito Socialista viene escluso dalla possibilità di arrivare al ballottaggio, nonostante le speranze nuove sollecitate dalla imprevista vittoria di Hamon nelle primarie. Tuttavia è singolare che adesso, in anticipo rispetto al primo turno, ci sia chi nel PD già si spende per il centrista Macron. Magari è tra quelli che nella polemica interna osannavano l’adesione al Partito Socialista Europeo. Ma vedremo.
Tornando alle cose italiane non si può evitare di fare un riferimento aperto alle vicende romane e alla catastrofica esperienza della Giunta Raggi e della maggioranza pentastellata. Ogni giorno ce ne è una nuova, e nonostante i tentativi di Grillo di deviare l’attenzione dalle vicende giudiziarie, emerge sempre di più una città in grande sofferenza. Tuttavia quello che colpisce con maggior forza in questi giorni sono le cronache, assai dettagliate, che raccontano gli intrighi e le lotte intestine che caratterizzano la battaglia interna al M5S. Nel capitolo dei fallimenti che alimentano la sfiducia e la credibilità delle istituzioni bisogna incominciare a mettere anche quelli dei “Cinque Stelle”.
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