Il paradosso, di queste ore, è che proprio quelli che dicono di voler rilanciare il centrosinistra con lo spirito dell’Ulivo si stanno muovendo per affossare definitivamente questa possibilità. Stanno cioè perorando una causa, quella dell’unità del centrosinistra, in un contesto che spinge, anzi ha spinto, alcuni milioni di elettori a scegliere il non voto pur di non sostenere una proposta politica imperniata sul PD. Su questo PD renziano e centrista, nei contenuti e nella cultura politica. Non hanno ancora fatto i conti con ciò che è avvenuto nelle elezioni amministrative degli ultimi due anni.
Ricordiamo, per esempio, il caso delle elezioni comunali di Genova di pochi mesi fa, dopo che già avevamo perso la Regione. Al Comune avevamo un candidato sindaco del PD, della giunta uscente, sostenuto da una coalizione unitaria di tutto il centrosinistra e abbiamo perso. Sono aumentati gli astenuti in modo assai significativo e in grandissima parte sono ex elettori di sinistra. Basta fare il confronto tra il numeri dei votanti alle comunali con quello del referendum costituzionale di appena sei mesi prima (4 dicembre 2016). Allora, nel referendum, parteciparono al voto 316.315 elettori e l’11 giugno del 2017 sono stati 237.679. Cioè ben 78.636 in meno, in una città tradizionalmente di sinistra dove era in gioco la guida dell’Amministrazione comunale contro il centrodestra. Cosa dice questo dato? Che basta un appello all’unità del centrosinistra per vincere e risolvere i problemi? Come fanno in queste diversi esponenti o commentatori in ordine alle prossime elezioni regionali in Lazio e in Lombardia? In realtà questo dato, più o meno uguale o simile a quanto è avvenuto in molti altri comuni (vedi Pistoia), ci dice che il centrosinistra imperniato sul PD ha perso credibilità e che si può ricostruire solo su basi nuove. E soprattutto con politiche nuove, di segno politico e sociale molto diverso da quelle portate avanti finora. E per creare queste condizioni è necessario che si affermi e prenda forza un nuovo soggetto politico in grado di riprendere e rilanciare i valori della sinistra, di rappresentare una chiara istanza di cambiamento. Per fare questo in modo vincente, a partire dal quadro elettorale, è decisivo recuperare al voto quei milioni di elettori di sinistra delusi dalle politiche di questi ultimi anni.
È questo il compito principale, la missione, di Liberi e Uguali, il che presuppone una proposta che vuole disegnare uno scenario nuovo poiché quello del vecchio centrosinistra è consumato e perdente. E allora mi chiedo: perché insistere, come fanno Prodi, Veltroni, Repubblica e via dicendo, nell’idea di accordi di vecchia matrice, peraltro svincolati dai contenuti, quando questa ipotesi non solo non garantirebbe un risultato elettorale positivo adesso ma finirebbe per indebolire e compromettere le possibilità per il futuro? Tra l’altro certe voci che si sono alzate in queste ore per chiedere unità, pur nella diversità, sono state afone o totalmente assenti quando si discuteva, e noi si contestava, una legge elettorale che chiude ogni spazio all’idea di intese al di fuori di rigidi e ambigui apparentamenti elettorali. Forse interessa di più che non ritorni in campo una sinistra forte, senza la quale non è possibile la ricostruzione di un campo progressista in grado di candidarsi al Governo del Paese sulla base di un progetto di cambiamento.
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