In questi ultimi giorni stiamo “risistemando” il sito e non so se ciò ha creato qualche disfunzione. Probabilmente si, ma con un po’ di pazienza troveremo l’assetto giusto. Almeno spero. Però se ci sono suggerimenti ben vengano.
Intanto ieri si è tenuto l’incontro promosso da me, alla Leopolda, per uno scambio di opinioni sulla situazione politica. Partecipato e interessante per percepire umori e valutazioni dopo l’esito del referendum, le dimissioni di Renzi e il cambio di Governo, l’attesa e l’incertezza per gli sviluppi della legislatura in base alla nuova legge elettorale e sul futuro del PD. Nel dibattito non sono mancati riferimenti anche alla situazione politica pisana. Nel complesso mi pare che si confermi l’esigenza di dar vita ad una seria riflessione sui motivi che hanno visto e vedono il PD guidato da Renzi in forte difficoltà, come dimostrato dalle elezioni amministrative, dal referendum e anche dallo stato del partito nei territori e nel rapporto con la società. La strada del congresso è la via maestra. Un congresso fatto di dibattito, di analisi, di proposte, prima ancora che di primarie per il leader. Queste semmai vengono da ultimo. Fondamentale è invece riattivare le forze e le e energie di base. Pensare di rimuovere il significato dei risultati negativi sarebbe un errore imperdonabile. Matteo Renzi, nell’intervista a Repubblica, ha accennato con toni autocritici all’esigenza di rivedere qualche cosa, soprattutto sul piano delle modalità nel modo di fare politica, ma ha evitato di fare i conti con il problema dei contenuti reali delle scelte politiche che abbiamo portato avanti con le riforme e sull’effetto che hanno prodotto. Mi pare che il limite principale, che ha caratterizzato nel bene e nel male i suoi mille giorni di governo, sia stato quello di una visione politica tutta subordinata alla priorità della comunicazione e agli obiettivi politici e elettorali di breve periodo. È mancata, e manca, una visione più ampia, di prospettiva, sul Paese e sui cambiamenti di cui ha bisogno. Tuttavia sarebbe già un passo avanti prenderne atto e cominciare a discuterne.
Ieri sui giornali si leggevano i risultati del rapporto fatto per il forum mondiale sull’economia di Davos che segnala l’enorme aumento delle diseguaglianze, oltre che lo stato preoccupante della situazione economica dell’Italia. In particolare colpisce il dato che nel mondo ci sono 8 super miliardari che detengono una ricchezza pari alla metà della popolazione del pianeta è che in Italia 7 “Paperoni” hanno beni equivalenti al 30% della popolazione. Quando leggo queste cose ti chiedi che senso ha, per una forza di centrosinistra, porre al centro il tema della riduzione delle tasse in modo indiscriminato, uguale per tutti e senza progressività. Come è possibile intercettare con simili politiche il profondo malessere sociale che alimenta i populismi? Ecco, di materia per ragionare per il centrosinistra e la sinistra ce n’è molta ed è auspicabile che si trovi la via di un dibattito serio sui problemi e non sui candidati.
Nell’incontro di ieri è emersa chiaramente una insofferenza anche verso la frammentazione della minoranza interna al PD e di una sinistra che resta bloccata su schemi e ambizioni dettati più da personalismi che non dalla ricerca di una proposta adeguata ai tempi attuali. Che ci sia bisogno di una svolta nella politica del PD non c’è dubbio, ma questa non può venire da una discussione confusa e da una analisi limitata e spezzettata in base ai diversi interlocutori. Ci vuole una sintesi, una proposta in grado di unificare. Anche perché, in assenza di un esito unitario e credibile, per molti iscritti e elettori di sinistra resta difficile mantenere un rapporto di fiducia con il PD, dato che per un partito nuovo e plurale non è così semplice e scontato mantenere le precedenti appartenenze se si disperdono i valori delle esperienze da cui si viene.
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