Ogni ora che passa rende sempre più evidente, soprattutto ai parlamentari e ai dirigenti del PD, lo sciagurato effetto della legge elettorale voluta da Renzi in accordo con Berlusconi e Salvini. Tutte le proiezioni parlano di un vantaggio per il centrodestra senza che il meccanismo perverso dell’intreccio fra maggioritario e proporzionale penalizzi il M5S. Del resto il voto siciliano e in parte anche quello di Ostia, confermano questa impressione. Tra l’altro, come ha testimoniato anche Scalfari in tv, se il quadro si polarizza fra Berlusconi e Grillo l’appello al voto utile può indebolire ulteriormente il Pd. Forse è per questo che negli ultimi giorni una serie di esponenti di quel partito si è dedicata a fare continui appelli a Mdp per cercare un’intesa. Ma senza alcuna seria volontà di rimettere in discussione le politiche portate avanti in questi ultimi anni e che sono alla base del disfacimento del centrosinistra. Infatti, non appena abbiamo proposto di discutere in aula una proposta di legge di profonda revisione del Jobs Act sulla questione dei licenziamenti il PD ha fatto muro e si è opposto alla discussione rimandando indietro il provvedimento. Una posizione in linea con quanto ribadito da Renzi sulla continuità delle politiche impostate dal suo Governo. Dunque, nessuna seria e credibile disponibilità ad una svolta nei contenuti, per un programma indirizzato all’equità, alla riduzione delle diseguaglianze, alla tutela e allo sviluppo del lavoro, come chiesto dalla sinistra. Anzi, stamani abbiamo letto sui giornali una serie di dichiarazioni, da parte di autorevoli dirigenti del Pd, secondo cui senza una intesa la sinistra prenderà pochi parlamentari, “solo 18 alla Camera” è la “minacciosa” previsione. Come se la questione di fondo che ci siamo posti, prima con la fuoriuscita e poi con la proposta di un nuovo soggetto politico di sinistra, si possa ridurre a un problema di posti in parlamento. Tutto questo conferma che ancora non hanno proprio capito cosa è successo in Italia e tra gli elettori del centrosinistra negli ultimi tre anni. Sono ancora dentro alla bolla del renzismo e alla sua piegatura, centrista sul piano politico e confindustriale sul piano economico e sociale. Però, dicono, ci si può impegnare insieme sulle leggi dello ius soli e del testamento biologico. Bene. Battiamoci. Mettete il voto di fiducia al Senato, dove sono arrivate anche con il nostro voto dato alla Camera. Non siamo certamente noi ad aver rallentato il loro cammino. Per quanto ci riguarda non ci sono intese da fare o da trattare, basta portarle in votazione. E va fatto adesso, prima di rischiare che la destra nella prossima legislatura arrivi ad avere i numeri per impedire qualsiasi riforma su temi come quello della cittadinanza e del fine vita.
Comunque in queste ore le cose sono chiarite, nel senso che una trattativa, in ciò che è rimasto del centrosinistra, al di fuori di una svolta profonda non è possibile. E l’esigenza di rimettere in campo una proposta autonoma a sinistra è sempre più forte, soprattutto per rimotivare tanti elettori delusi che solo un anno fa, il 4 dicembre, ci hanno detto che bisogna cambiare. Questa è la sfida che ci siamo presi e che prende corpo nei prossimi giorni con il coinvolgimento dei territori nella organizzazione del grande appuntamento del 3 dicembre per la fondazione di un nuovo progetto politico e elettorale della sinistra.
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