Ieri non ho trovato il tempo per scrivere mentre invece avrei voluto raccontare qualcosa della giornata parlamentare. Lo faccio ora, brevemente, perché alcune cose è assai difficile trovarle nell'informazione quotidiana. Stamani, giustamente, tutti i giornali parlano del gravissimo provvedimento sulle intercettazioni approvato ieri al Senato. Si tratta di una grave lesione alla democrazia, sia sul piano delle limitazioni alle indagini giudiziarie e sia su quello della libertà d'informazione. Ora la battaglia si sposta alla Camera e nel Paese. Speriamo che lo sciopero indetto dai giornalisti faccia riflettere almeno un pezzo della maggioranza parlamentare. Nelle stesse ore in cui al Senato veniva attuata questa forzatura alla Camera la maggioranza era costretta ad una rapida marcia indietro su un progetto di legge molto negativo in materia di sanità. Il contenuto partiva dal "governo clinico", cioè dall'idea di indicare alcuni principi per limitare l'invadenza della politica nelle nomine e per contenere l'eccessivo concentrato di potere dei direttori generali, per arrivare soprattutto a trattare il ritorno alla totale libertà di azione professionale dei medici senza più alcun vincolo nel rapporto con il sistema sanitario pubblico. Un ritorno indietro di dieci anni sollecitato da precisi interessi. Era comunque chiaro il contrasto di queste norme con la titolarità delle funzioni sanitarie attribuita dalla Costituzione alle Regioni. Per questo come Pd abbiamo presentato la pregiudiziale di costituzionalità. Da qui le contraddizioni che si sono aperte nella maggioranza e che sono sfociate subito nella sconfitta del governo su due emendamenti proposti da noi. Allora hanno chiesto la sospensione immediata e il rinvio in commissione del provvedimento. Questa notizia non si trova con facilità, ma è un segno dello stato di confusione che regna nella maggioranza quando non ci sono le rigide indicazioni, spesso basate sul voto di fiducia, di Berlusconi. Un'altra repentina marcia indietro la maggioranza l'ha fatta in prima commissione sul tema della soppressione delle province. Pochi giorni fa, evidentemente ispirati da ragioni propagandistiche subito apprezzate dalla Confindustria, avevano presentato e votato una proposta per cancellare le province con meno di 200.000 abitanti. Ieri, senza spiegare il perché, sono tornati indietro e hanno votato la soppressione di quella norma. Dire che siamo al trionfo dell'approssimazione è poco. Il problema è perché questo modo disinvolto e strumentale di fare le leggi e governare viene fatto passare, fuori dalle aule del Parlamento, senza alcuna valutazione e alcun commento.
Ora, io credo che sia fondamentale battersi per difendere la libertà d'informazione e il ruolo e l'autonomia dei mezzi di comunicazione, ma penso che sarebbe necessaria anche una maggiore capacità dell'informazione di entrare nei problemi, farli conoscere, denunciare le storture e le strumentalizzazioni, recuperare il metodo dell'inchiesta, invece di alimentare l'idea che "la notizia la fa tutto quanto fa spettacolo" e strizza l'occhio ai vari populismi. Per questa via diventeremo sempre di più il Paese delle "sceneggiate".
Infine sui commenti all'ultimo taccuino e sugli interventi in particolare di Giuseppe e Francesco li riprenderò con più calma ragionando della città. Però voglio dire subito che trovo sbagliata e pericolosa l'idea che c'è una legalità buona e una cattiva, o che ci sono ragioni che portano a giustificare l'illegalità. E' vero che non tutte le leggi sono buone e giuste. Così come è vero che il nostro sistema democratico non è perfetto e non sempre riesce ad attuare i valori di fondo della carta costituzionale, peraltro messi sotto attacco più volte. Ma ha ragione Cristiana quando dice che la differenza tra la democrazia e la dittatura sta nel fatto che con la prima le leggi le puoi criticare e cambiare con la seconda no. Il rispetto delle regole e quindi della legalità è comunque una condizione essenziale della democrazia. Certo non è tutto, non garantisce giustizia sociale e eguaglianza, ma senza non è assolutamente possibile nemmeno pensare alla lotta alle diseguaglianze, perché senza le regole prevalgono sempre i più forti e i più prepotenti. Le regole sono un ancoraggio fondamentale per chi deve reclamare dei diritti. Senza regole non ci sono né doveri né diritti per nessuno e dubito che le cose andrebbero peggio per i ricchi e meglio per i poveri. Si dirà che anche con le regole le cose vanno così. Questo in una certa misura è vero, ma tuttavia le regole consentono di denunciare gli squilibri, le illegalità, e di combattere per modificarle e renderle migliori . E non è un caso che il campione della insofferenza e della contestazione delle regole sia proprio Berlusconi. Dire che la legalità a volte va bene e a volte no significa aprire un'autostrada davanti al populismo autoritario della destra.
40 Commenti
On. Fontanelli,
attendo con piacere l’apertura di un dialogo sulle questione che le ho posto, molte delle quali peraltro distinte da quelle avanzate da Francesco. In ogni caso, io non ho detto che la legalità “a volte va bene e a volte no”; ho semplicemente detto che, trattandosi di qualcosa di “mobile”, “in evoluzione” (come del resto lei stesso riconosce), presa da sé non è un principio sufficiente a costruire un’alternativa politica. Insomma, credo che vada ancorata chiaramente a dei valori e a dei contenuti più alti. La giustizia sociale potrebbe ancora essere uno di questi? Non so, la mia è solo una domanda.
Ma è la parte nazionale del suo post quella che mi rende, ci rende più tristi tutti quest’oggi. Ancora una volta, questo governo ci precipita tutti nel baratro e l’esigenza di costruire un’ipotesi di maggioranza diversa ci chiama tutti in causa. Di qui, credo, la ricchezza del dibattito che si era aperto nei post al taccuino precedente e di cui, si licet, vorrei riprendere l’ultimo in cui Gregorio mi chiamava in causa, toccando peraltro anche la stampa locale, di cui non è male parlare oggi, in questi giorni così infausti per la libertà d’espressione.
Gregorio mi risponde “d’istinto”, come scrive. Ma a volte l’istinto inganna. Gregorio, la prossima volta la pregherei di leggere con più attenzione. Le sarei infatti grato di indicarmi:
a) dove le ho dato del berlusconiano quando lei non era d’accordo con me (mi sono solo limitato a osservare che certe modalità di condurre il discorso, sul piano del metodo, delle forme – e non dei contenuti sui quali di norma ci si trova d’accordo o in disaccordo – presentano palesi analogie con quelle in uso nel centro-destra)
b) dove le ho attribuito un parere positivo sulle telecamere di Filippeschi (in tutta evidenza, stavo allargando il discorso con una considerazione personale)
Proseguo: mi dispiace, non ho letto i suoi precedenti post; in ogni caso, mi sono limitato a dire che, alle mie domande, lei ha obiettato un piano elenco di meriti di Filippeschi simile a uno spot, più che a una risposta argomentata. Non le ho mai attribuito alcuna ortodossia “piddina”. Peraltro, che male ci sarebbe, scusi? Se stiamo qui a discutere di come rafforzare un’alternativa di governo a partire dalle posizioni che potrebbe prendere il PD, è chiaro che, tessera o non tessera, qui non esiste alcuna pregiudiziale circa un eventuale piena adesione alle linee attuali del partito. Il nodo, ripeto, sono i fatti, gli argomenti (ad es., sono lieto i apprendere che le risorse per il sociale siano aumentate. A questo punto, però, fatico a comprendere perché l’anno scorso si sia proceduto a suon di riduzioni dei servizi – con tanto di petizione di protesta degli operatori sociali – a danno, ad esempio, delle politiche a sostegno dell’alta marginalità. Ma forse m’inganno e le sarei grato di illustrarmi come stanno davvero le cose).
Chiudo sulla cosa che che mi interessa meno, perché la sua impostazione mi pare ci porti poco lontano. L’argomento stampa locale: Pisanotizie. Premesso che tra “attivisti” e “dipendenti” c’è una bella differenza (che si chiama “stipendio”), ho i miei dubbi che al Tirreno una telefonata da parte sua, o da parte del sindaco siano la stessa cosa. E non so se sia solo un fatto di autorevolezza del ruolo istituzionale. Potrei inoltre continuare ricordando lo spazio privilegiato che viene riservato nella posta dei lettori a un signore di nome Raimondo Pistoia. Qualora non lo conoscesse, la informo che si tratta del marito dell’attuale assessore alle politiche sociali, il quale quasi ogni giorno, nell’esercitare il suo legittimo diritto all’espressione, gioca al gioco del cittadino qualunque esprimendo un presunto sentire diffuso che, guarda un po’, va sempre nella direzione delle scelte fatte dall’amministrazione comunale nel settore di cui è responsabile la moglie. È un teatrino dell’inganno e della costruzione dell’opinione pubblica ai limiti del conflitto d’interessi. Mi vergogno sempre un po’ quando lo racconto a qualche amico di altre città di passaggio da Pisa. Ma forse è meglio che mi fermi qui. Su questa strada, ripeto, si va poco lontani.
Torniamo alla politica vera: legalità, giustizia sociale, diritto alla casa, questione sicurezza, “modello Prato”, convergenze istituzionali/divergenze politiche con il ministro Maroni, ecc.
1. Il passaggio in questione è il seguente: “anche qui avverto da parte sua, Gregorio, un inquitante riflesso berlusconiano: anche a sinistra la critica non è più avvertita come la vera base del progresso civile?”. Mi scusi Giuseppe, ma per me non è la critica la vera base del progresso civile, ma il diritto alla critica. Lei ha il diritto di criticare, io di controcriticare se non sono d’accordo. Ed è così, soprattutto se vi sono più voci, che si potrebbe anche costruire il progresso civile. Ribadisco: non vedo perchè nel fatto di non essere d’accordo con lei debba esservi un inquietante riflesso berlusconiano. Ecco, sa cosa mi inquieta davvero? Bollare come inquietante una divergenza di opinioni e punti di vista. Lo trovo inquietantemente antidemocratico.
2. Ancora una volta mistifica. Io ho detto: (a) non è vero che c’è stato un trasferimento di risorse dal sociale alla sicurezza; (b) le risorse comunali al sociale sono rimaste uguali (anzi lievemente aumentate), ma (c) c’è stato un maggiore investimento sull’ordine pubblico e (d)non perchè il comune ci ha messo meno soldi ma perchè il governo ha tagliato il fondo sociale nazionale. Mi sembra di aver riportato dei fatti e non di aver fatto uno spot a Filippeschi. Fatti che potrebbero anche essere non veri perch li ho desunti dalle cronache dei giornali. Se lei pu contraddirli, mi creda, me ne dispiacerebbe un po’, ma mi ricrederei.
3. Da quanto sopra si deduce il perchè gli operatori sociali si siano arrabbiati. Però provo a farle anche un esempio numerico: Mario ha 10 panini, Gino gliene toglie 4 e quindi a Mario ne rimane 6. Mario sa che 6 panini sono pochi e si mette a frugare in giro per vedere se ne trova qualche altro: ne trova 1 in credenza Quanti panini ha mario? 7 che sono sempre meglio di 6, ma rimangono comunque insufficienti perchè gliene servivano 10. Ecco, Mario è il comune e Gino il governo. Nel forum del sito del pd di Pisa se non sbaglio c’è ancora la lettera firmata dagli operatori due anni fa: nemmeno loro criticavano il comune per aver tagliato il sociale (perchè il taglio non c’è stato),può andarsela a rileggere se non mi crede. Lo criticavano ponendo una questione politica: in tempo di crisi invece di fare l’ordine pubblico dovreste fare le politiche sociali. Il comune rispondeva: lo stiamo facendo, ma dobbiamo fare anche l’ordine pubblico. Sono due modi posizioni diverse di guardare lo stesso fatto (che era l’unica cosa su cui operatori e comune erano d’accordo). Lei invece ha provato, involontariamente credo, a cambiare il fatto.
3. Su Pistoia sono d’accordo con lei. Però guardi, non credo sia il problema più grande della città. Quando a me vengono a trovarmi da fuori, mi vergogno di più delle case sfitte ad esempio, tanto per restare in tema. O del parcheggio di Piazza Vittorio Emanuele prima che lo finissero. Però sono anche contento di portarli ad Argini e Margini piuttosto che a San Michele degli Scalzi.
Caro Gregorio,
è evidente che “critica” in quella sede sta per “diritto di critica”. Basta rileggere l’intero paragrafo.
Per la terza volta mi scrive che “mistifico”, verbo un po’ antipatico per la sua connotazione apertamente negativa (meglio fraintende, non crede?). Che le devo dire? È una questione di linguaggio. Lei può ripercorrere il piano ordine dei singoli passaggi; io forse tendo a sintetizzarli. Resta il fatto che sono spariti 3 panini a Mario (che non è il comune, bensì il fondo per i servizi sociali) e ne sono spuntati 4 per il neo-assunto Giovanni che li impiega nella sicurezza, che a sua volta viene poi impiegata per tenere a freno quelli che protestano perché sono rimasti tagliati fuori anche a causa del fatto che Mario ora ha solo 7 panini e non più 10. Aggiungi la crisi e da qui si torna al punto di sostanza: basta invocare il principio di legalità da solo? La giustizia sociale è ancora la sua base? È una domanda. Se ne potrebbero fare altre. Ma cerchiamo di andare avanti nel confronto.
Ah no…
a questo punto voglio che si scopra chi ha preso i 3 panini di Mario!
Sarà mica Raimondo?!?
Scherzi a parte, questa volta passo. Magari rientro in partita nel taccuino dell’On. Fontanelli sulla città.
Anche se non dovrei, vi voglio bene a tutti quanti!
«Se le telecamere, messe lì per documentare i comportamenti illegali, possono essere impunemente oscurate come è avvenuto in questi giorni, a cosa servono le telecamere?». A porre la domanda non è un provocatore di sinistra, ma la voce di uno degli osservatori più arguti e apprezzati (anche dall’On. Fontanelli, che ne cita spesso gli aforismi) di quel che accade in città. Per chi non lo avesse riconosciuto, si tratta di Tanfucio, che dalle pagine del Tirreno ci invita oggi a un po’ di buon senso, dopo gli eccessi securitari e gli allarmismi delle settimane scorse. Sono d’accordo con lui. Peraltro, è sabato, un giorno dove un po’ di sorriso sulle labbra non guasta. Finalmente. In fondo, è un po’ così che in tanti vorremmo il PD pisano: meno serioso e più lucido. Ora non resta che sperare che l’ironico gesto degli studenti, i quali hanno incappucciato le telecamere con il volto del sindaco, sotto lo sguardo incurante dei carabinieri di piazza Sant’Omobono, non sia ancora una volta criminalizzato. Un dibattito in consiglio comunale sull’opportunità di mettere un vigile a guardia di ogni telecamera sarebbe un esito certo comico, ma forse adeguato al clima surreale creato dai toni parossistici raggiunti nelle settimane passate a Pisa da chi ha preteso di affrontare i problemi sociali militarizzando la città e trasformando Palazzo Gambacorti in un fortino.
Per deformazione professionale, ho il difetto di guardare alla cronologia. In un precedente post avevo definito demagogia (perdente) la strategia politica che insiste sulle telecamere (credo che Tanfucio sarebbe s’accordo con me). Citavo un bell’articolo di Noel Le Blanc, di cui allego nuovamente il link (http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2008/pagina.php?cosa=0809lm26.01.html). A partire dall’immagine della “miope videosorveglianza”, lo studioso francese riflette sull’attuale decadenza della retorica securitaria per chi cerca di farne un uso politico. Insomma, detta in modo brusco, pare che non renda più in termini elettorali. Converrebbe tenerlo a mente quando si agita lo spettro di una vittoria della destra a Pisa. Osservavo anche come l'”artificio della sicurezza” sia piuttosto recente, essendo divenuto centrale in Europa (e dunque anche in Italia) solo dopo la corsa alla candidatura per l’Eliseo di Sarkozy (politico di destra) tra 2005 e 2006. E siccome oggi nella nostra città “legalità” continua a essere sinonimo di “sicurezza” e non di “giustizia sociale” (vd. i 3 panini sottratti a Mario e i 4 spuntati d’improvviso nel panierino di Giovanni), ho fatto un piccolo esercizio di ricerca storica, su documenti presenti su questo blog, e ho scoperto che anche Pisa conferma la regola: se andate a leggere il programma dell’On. Fontanelli per il mandato di sindaco dal 2003 al 2008 (dunque prima dell’effetto Sarkozy), sapete quante volte ricorre la parola “sicurezza”? Beh, una volta sola… Provate a fare lo stesso con il programma dell’attuale sindaco Filippeschi: il numero è 14. Mi chiedo dunque: che cosa è accaduto per cui Pisa è divenuta una città tanto pericolosa tra 2003 e 2008? La colonna pisana delle BR e l’arresto della Lioce e della Banelli? Forse ho cattiva memoria, ma non ricordo altri fatti particolarmente gravi. E comunque, quello era ancora il 2003 e, se non sbaglio, precedente all’avvio della campagna elettorale. In realtà, l’unica cambiamento che vedo è più gente in giro di sera (vd. polemica sulla movida), che a dire di un sindaco come Renzi è il mezzo più sicuro per rendere tranquille e godibili le piazze e i quartieri. Mi concentro ancora, ripenso al 2008 e mi accorgo che, in tutto il mondo, non se lo ricordano perché Pisa è divenuta un bronx, ma perché è stato l’anno della peggiore crisi finanziaria che si ricordi da 1929. E a quanto pare, anche il 2010 non promette nulla di buono… Purtroppo la nostra non è una città a statuto speciale: vive la crisi e soffre come tutte le altre. Come molte località dell’occidente richiederebbe oggi più politiche sociali che in passato, altro che i 4 panini dati all’occhiuto Giovanni. Qualcuno tirerà fuori la famosa “percezione” dei cittadini. Ma si può continuare a costruire un’alternativa di governo sulla base delle “percezioni”, quando il principale strumento di induzione delle stesse si chiama televisione (e in Italia appartiene, più o meno, al governo di destra) e quando i giornali (sempre meno letti) sono imbavagliati, o piegati alle esigenze del potere politico (quanto scriveva Francesco sulla stampa pisana nell’ultimo post al precedente taccuino è a dir poco inquietante)?
Ai vari quesiti già posti (invito a Maroni – che pare abbia smentito seccamente le dichiarazioni del nostro sindaco sulla penosa questione dei CIE – legalità, “modello Prato”, giustizia sociale, diritto alla casa), aggiungo dunque questo: fino a che punto la “percezione” può essere una valida base di partenza per un programma politico? Parliamone. E naturalmente, meditiamo tutti quanti sull’acuta domanda di Tanfucio.
E’ importante sensibilizzare la gente sulla vergogna dei Cie. Ma poi, di fatto, quella battaglia si vince in Parlamento perchè è quella la sede in cui si decide (per cancellare i Cie ci vuole una legge di modifica della “Bossi-Fini”). Al riguardo una considerazione: in Toscana, è vero, non esiste un posto che si chiama Cie ma da nove anni a questa parte Questure e Prefettura della Toscana mandano i migranti trovati in Toscana senza permesso di soggiorno nei Cie di mezza italia (spendo anche fior di quattrini). Io penso che i Cie vadano cancellati perchè sono una vergogna. Perchè questo succeda davvero credo (ma Fontanelli ne sa certo più di me) occorra verificare se: (a) in Parlamento si riesce a costruire una maggioranza trasversale perchè senza un po’ di UdC e ex An questa roba non passa … per questione di numeri; (b) riconoscere una cosa: la legittimità di uno Stato a conoscere l’identità di chi è nel suo territorio e a governare (o quanto meno a provare a farlo)l’immigrazione. I cie, infatti, secondo me sono una risposta vergognosa e demagogica ad un’esigenza vera: che può essere meglio tutelata, sempre secondo me, potenziando invece gli accordi di riammissione (magari legandoli ad interventi di cooperazione allo sviluppo e alla disciplina degli ingressi per lavoro) come cominciarono a fare, peraltro, i governi Prodi.
Però, finchè i Cie ci sono, penso che sia dovere di un’amministrazione fare in modo che questi siano il meno irrispettosi possibile per la dignità delle persone che sono costrette a passarci dentro un pezzo della loro vita. Ovviamente se ci interessano davvero le persone che vengono recluse là dentro.
E credo che: (a) lavorare sul serio per cancellare la vergogna dei Cie e (b) nel frattempo, visto che i Cie ci sono, fare in modo che questi siano il meno irrispettosi possibili per i diritti delle persone che ci stanno dentro, non siano obiettivi in contraddizione.
Il tutto, ovviamente, se anche i Cie non sono la scusa per una battaglia tutta partitica all’interno della sinistra e del centro-sinistra … Perchè allora si, sarebbe tutto un altro discorso: allora andrebbe bene la battaglia a chi grida più forte “io sono contro i Cie”
Concordo quasi su tutto con Gregorio. In particolare, accoglierei soprattutto l’invito all’On. Fontanelli a portare avanti in sede parlamentare un’azione per una convergenza sempre più ampia per chiedere l’abolizione dei CIE.
Non so, invece, se non ci sia contraddizione tra il lavorare per cancellare i CIE e nel frattempo chiedere che siano gestiti in modo più umano. I CIE sono dei lager e lo sono, a mio parere, per l’idea stessa che li sorregge, ossia che uno straniero presente in modo illegale nel nostro territorio nazionale debba essere rinchiuso in una struttura fino a sei mesi e privato della sua libertà. Sinceramente, non credo che se a gestirli ci fosse la Caritas (alle quali va tutto il mio più sincero rispetto) sarebbe molto diverso. Del resto, il problema è molto più grande, ed ha a che vedere con una legislazione europea (vd. Trattato di Dublino) e con una legge italiana sull’immigrazione che violano numerosi punti della Carta dei Diritti dell’Uomo. Personalmente, trovavo più coerente la posizione di Martini, rispetto a quella di Rossi. Se la Toscana avesse continuato a tenere sui CIE, avrebbe rappresentato un punto di riferimento per tutta l’Italia democratica. Invece, le recenti aperture presentano un rischio: una volta che il lager lo apri, si fa presto poi a sostituire la Caritas con qualche corpo privato di addetti alla detenzione. Non dobbiamo essere miopi. In ogni caso, la clamorosa smentita di Maroni pare chiudere la questione.
Aggiungo che ho trovato preoccupante quel filo di orgoglio che si coglieva nelle parole del sindaco Filippeschi al momento della sua ingenua dichiarazione sui CIE di mercoledì scorso. Se poi si pensa che per politiche analoghe a quelle perseguite dalla nostra amministrazione che egli dirige in questi ultimi due anni verso rom e stranieri irregolari l’Italia si trova oggi sul banco degli imputati in sede europea, per violazione dei diritti umani, si arriva alla quadratura del cerchio. Al contrario, quando era sindaco l’On. Fontanelli, Pisa era presentata come un modello a livello internazionale per le sue politiche di accoglienza. Temo che il nodo sia ancora quello della “sicurezza”. Qualcosa è cambiato, inutile nascondercelo. Mi pare che si aggiunga, dunque, un nuovo quesito al nostro dialogo: fino a che punto l’attuale linea su immigrazioni, stranieri e minoranze del PD può costituire una reale alternativa di governo al centro-destra?
I Cie, secondo me, vanno cancellati: una vergogna che, fra l’altro, non serve nemmeno agli scopi per cui ne era stata “giustificata” l’istituzione. Però, spero di non essere frainteso (o mistificato? … è una battuta giuseppe), nei cie oggi sono delle persone che (a) non hanno fatto assolutamente nulla e (b) hanno una scarsa o nulla assistenza legale, vivono in pessime condizioni igienico-sanitarie, con scarse o nulle relazioni con l’esterno … una situazione insomma disperata. M’interessa la condanna dei Cie, ma mi interessa (o almeno ci provo) di più la gente che ci vive dentro, anche in questo momento: se, in attesa di cancellare un’inutile vergogna (i cie), si può fare qualcosa subito per rendere meno disperata la situazione dei migranti che ci vivono dentro e anche per tirar fuori qualcuno da quello scandalo, io sono favorevole.
Sul fatto che in Toscana non ci sia un Cie, io ci vedo un filo di ipocrisia: è vero, non c’è una struttura che si chiama così. Ma, dal 2002, da quando sono stati istituiti gli ex Cpt, la Toscana manda i migranti nei Cie di mezza italia. Quindi sì, formalmente non c’è. Ma solo perchè utilizziamo quelli degli altri. Dire che siamo “ganzi” perchè non lo abbiamo, quando usiamo abbondantemente quelli degli altri, mi sembra un po’ una posizione di bandiera. “Ganzo” (ma direi soprattutto giusto) sarebbe che i Cie non ci fossero.
Un’altra cosa: partiti di sinistra e centro-sinistra, associazioni di migranti e di tutela dei diritti dei migranti negli ultimi 15 anni avevano fatto una battaglia (a mio avviso molto importante) sul trasferimento delle competenze in materia di rilascio e rinnovo dei Permessi di soggiorno dalle Questure ai Comuni. C’avevano provato sia la Turco che Ferrero senza riuscirvi. Dalle cronache dei giornali ho letto, invece, che il Patto Sicurezza prevederebbe qualcosa del genere, ma non ne so molto. Domando a Fontanelli e a chi ne sa qualcosa: è vero? più o meno come funzionerà? Perchè se fosse vero, sarebbe una novità molto rilevante (anche se è fatta con il concorso di Maroni), se non è vero, o comunque se è solo è solo una dichiarazione di principio senza risolti operativi … sarebbe una bufala che andrebbe smentita.
“Così come è vero che il nostro sistema democratico non è perfetto e non sempre riesce ad attuare i valori di fondo della carta costituzionale, peraltro messi sotto attacco più volte” (…) “Ma ragione Cristiana quando dice che la differenza tra la democrazia e la dittatura sta nel fatto che con la prima le leggi le puoi criticare e cambiare con la seconda no. Il rispetto delle regole e quindi della legalità è comunque una condizione essenziale della democrazia ”
******
Ed e’ per questo che il popolo degli astenuti aumenta ad ogni elezione politica. E’ la crisi delle democrazie Parlamentari che non sono più in sintonia con lo spirito dei tempi. Si va dal populismo a l’eletismo. Siamo allo sbando e pieni di controsensi. C’è chi elogia la dinamicità di produzione del modello cinese senza rendersi conto che anche quella è una dittatura, c’è chi elogia il modello Polacco e dei PSV società che fanno stipendi da 150 euro al mese. Solo oggi ci svegliamo e ci rendiamo conto che ha Prato ci sono i Cinesi e che promuovono il loro modello di produzione in Italia.
Rossi afferma stop alle villette aschiera e Manciulli risponde ottimo, in Toscana ci vogliono più fabbriche e meno villette con giardino ( il Tirreno di ieri). Ma dimenticano che i sindaci dei piccoli Comuni con gli oneri di U.P. hanno finanziato le mense e gli asili. Inoltre dimenticano che un piano di lottizzazione viene approvato dal Comune ed è un atto amminitrativo che evidenzia delle necessità pubbliche da soddisfare, fuori da questo concetto npon ci sarebbe P.A. che di fatto si basa sui quei famosi TRE principi inderogabili.
Spriamo che nel ricondurre la politica ad avere attenzione per lo sviluppo industriale del paese ci si ricordi anche a che tipo di sviluppo si deve guardare, perchè la nostra costituzione parla chiaro in merito ( personalmente nutro dubbi in merito visto alcune affermazioni nei vari Forum sul lavoro quando è stato costituito il PD). E bene ricordare che in passato c’è stato un signore che riflettendo sull’industrializzazione parlava di rapporti di produzione.
E non sarebbe neanche male pensare realisticamente perchè la favola che i paesi industrializzati di prima generazione devono puntare sulla R&S è un principio che deve diventare un obbiettivo ma non è la soluzione del problema. In quanto i paesi industrializzati sono diversi e si creerebbe una concorrenza che inevitabilmente vedrebbe dei vincitori e dei perdenti. Il governo che può disporre di ingenti somme da investire senza chiedere il permesso del popolo non è una democrazia ( Basta vedere chi è il maggior detentore del debito pubblico degli Stati Uniti).
Non è un caso se oggi incide di più sul benessere del paese la decisione di Marchionne di quelle di Epifani.
Siamo un paese spento che vede una disoccupazione giovanile da 15 a 24 anni al 25% ed è salita del 35% dal 2008 ad oggi, segno che sono loro a pagare la crisi e gli errori dei padri. Quei padri che se non ritrovano loro stessi oltre a lasciarli senza lavoro li lasciano anche con i debiti da pagare. (a chi volete che interessi con questi problemi la legge bavaglio…….., non è questo l’argomento che viene discusso nei bar di paese).
I principi su cui si fonda la nostra democrazia:
Titolo III: rapporti economici
Art. 1 – L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione
Art. 35 – La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.
Art. 36 – Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
Confesso: sono molto disorientato dalla piega che sta prendendo il dibattito cittadino. Altre volte, caro Paolo, ho apprezzato la tua capacità di riportare la discussione sui binari di un confronto civile: e questo, anche quando nel merito non condividevo le tue posizioni. Stavolta, sono rimasto a disagio leggendo molte cose che hai scritto di recente sui quotidiani locali.
Condivido alcune delle osservazioni che fai in apertura di questo post: l’attacco alla libertà di stampa e all’autonomia della Magistratura fatta con la legge sulle intercettazioni e – aggiungo – le recenti “esternazioni” berlusconiane sulla Costituzione come “intralcio” disegnano il quadro, inquietante, di un governo che intende disfarsi delle regole democratiche. Un governo, dunque, molto pericoloso, le cui politiche devono essere contrastate, in modo naturalmente civile e democratico, ma fermo e deciso.
Ed è per questo che rimango attonito dall’ultima iniziativa dell’amministrazione comunale. Perché, in un momento simile, si invita a Pisa – e con tutti gli onori – proprio il Ministro dell’Interno Maroni? E perché lo si invita proprio a firmare un patto sulla “sicurezza”, quando proprio le politiche sulla sicurezza del governo berlusconi sono state più volte censurate come discriminatorie e illegittime: prima dall’Unione Europea, poi da alcuni organismi internazionali (penso al Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg, per esempio), infine – ed è notizia di queste ore – dalla Corte Costituzionale? E che c’entra la tua polemica con una non meglio specificata “sinistra radicale”, rea di favorire la destra? Non è proprio l’arrivo di Maroni a spianare la strada (non solo metaforicamente) al governo berlusconiano anche nella nostra città?
Così come non capisco il dibattito sui CIE che si è sviluppato a livello regionale, e che è riecheggiato anche nei commenti su questo blog. Gregorio, per esempio, scrive che “finché i Cie ci sono, è dovere di un’amministrazione fare in modo che questi siano il meno irrispettosi possibile per la dignità delle persone”. Giustissimo: ma non è questo di cui si sta discutendo.
Il Presidente Rossi ha recentemente dichiarato di voler collaborare alla costruzione di un CIE in Toscana, purchè si tratti di una struttura dove sia possibile regolarizzare i migranti irregolari. Il che è però impossibile. A norma di legge, infatti, i CIE servono per espellere i migranti, non per dar loro un permesso di soggiorno: chiedere che regolarizzino i migranti è una specie di contraddizione in termini. Come pretendere che un quadrato abbia forma circolare…
Quel che però si occulta, in tutto questo dibattito, è il clamoroso fallimento dei CIE: e non solo per i casi, tutt’altro che isolati, di violazione dei diritti umani all’interno delle strutture (violazioni documentate e denunciate, nel corso degli anni, dalla Corte dei Conti, da giornalisti indipendenti, da una commissione istituita dal Ministero dell’Interno nel 2007 e, più recentemente, da un dossier di Medici senza Frontiere…). Non c’è solo questo.
Il fatto è che – dati alla mano – i CIE semplicemente non funzionano: più della metà delle persone che ci finiscono dentro non vengono espulse, e anzi vengono rilasciate in Italia con un provvedimento di espulsione. In compenso, come ha più volte chiarito la Corte dei Conti, queste strutture costano un sacco di soldi, e anzi si “mangiano” gran parte del budget che il Ministero dell’Interno dedica alle politiche migratorie.
La posizione di Claudio Martini, da questo punto di vista, era limpida e ragionevole: la Toscana non vuole un CIE. Il che naturalmente non risolve il problema, sia perché – come giustamente dice Gregorio – in assenza di una struttura in Toscana i migranti fermati nella nostra regione vengono comunque trasferiti in altri CIE, sia perché, comunque, non è la Regione a decidere se installare un CIE o meno.
Il fatto che è la posizione di Martini era stata condivisa – correva l’anno 2005 – da quattordici presidenti di altrettante regioni italiane, riuniti nel Forum Nazionale Mare Aperto: e quei presidenti, invece di invocare una “doverosa” (ma astratta) “collaborazione istituzionale”, chiedevano a gran voce una legge che – finalmente – abolisse i CIE (all’epoca si chiamavano CPT), e ripensasse l’impianto delle politiche migratorie. Perché Rossi non si adopera, a livello nazionale, per segnalare la vergogna di strutture che violano sistematicamente i diritti umani, e che per di più non servono allo scopo dichiarato?
E perché, nel frattempo, a Pisa si invita Maroni?
Chiedo scusa, forse ho contribuito involontariamente a deviare la discussione: come ho già scritto per me i CIE sono una vergogna e sono pressochè totalmente inutili rispetto allo scopo per cui sono stati istituiti e, quindi, la battaglia politica vera è, sempre secondo me, su come fare per cancellarli. Questa dovrebbe essere la cosa più importante e prioritaria. La questione di “come rapportarsi con i cie, finchè i cie ci sono” (la traduco così), per me, è un corollario: lo dico sinceramente, io davvero non lo so se si può fare qualcosa per renderli un po’ meno disumani (non mi vengono altre definizioni), ma se si può fare … sono dell’opinione che si dovrebbe provare a farlo. Proprio per quelle persone che sono costrette a viverci dentro in condizioni disperate.
Però, ripeto, la cosa più importante, per me, è chiuderli i Cie, verificando se ci sono spazi in parlamento per una convergenza ampia (come, in qualche modo, mi sembra possa registrarsi anche sul diritto di cittadinanza). Ho un timore: che, ancora una volta, ci si divida su “Cie in Toscana: si, no, forse, a determinate condizioni magari …” perdendo un po’ di vista l’obiettivo più grande (o alto) che è: “Cie fuori dall’ordinamento italiano”. Se per caso, ci fossero le condizioni politiche per farlo (cosa che, ovviamente, io non sono assolutamente in grado di valutare), potremmo pigliare tre piccioni con una fava: (a) fare una cosa sacrosanta e necessaria a tutela dei diritti dei migranti; (b) dare un colpo durissimo ad uno dei capisaldi della politica migratoria e di sicurezza del governo; (c) chissà, riavvicinare un po’ centro-sinistra e sinistra a partire da qualcosa di tangibile … la qualcosa, nonostante l’indole berlusconiana che mi viene attribuita da Giuseppe e Francesco, non mi farebbe per niente schifo.
Resterebbe un problemino, quello della percezione che aveva richiamato in precedenza Giuseppe: quella della percezione. Non so se la sua domanda era provocatoria, io la sento come tremendamente seria: perchè la percezione delle cose (più delle cose come realmente sono) definisce il consenso o meno su una determinata questione. E, per quel poco che ne capisco, purtroppo (e sottolineo purtroppo) mi sa che in politica non si va avanti declamando articoli della carta dei diritti dell’uomo e della costituzione. Ma costruendo consenso, oggi, su determinate scelte politiche. Nella fattispecie: se, ad esempio, si facesse un referendum per la chiusura dei Cie: (a) secondo voi si raggiungerebbe il quorum? (b) Vincerebbero i sì? Io non ne sono sicuro
Cari tutti,
mi pare che gli ultimi due interventi di Domenico e Sergio diano un forte contributo allo sviluppo del nostro dibattito. Il nodo del lavoro è centrale, il suo nesso con la giustizia altrettanto. Sarebbe importante provare a riflettere sul concetto di legalità anche a partire da come è stato stravolto il diritto del lavoro in Italia da Treu in poi. È la questione delle questioni e ho la sensazione che il PD si nasconda dietro a un dito, mentre la CGIL è rimasta ormai sola a fronteggiare Sacconi & compagni.
Quanto ai CIE. D’accordissimo con Gregorio (ci tengo a dirle una cosa: non mi permetterei mai di darle del “berlusconiano”; ho solo detto che alcuni suoi modi di affrontare la discussione, o alcuni termini che ha impiegato, palesano una ripresa – certo involontaria – del metodo di confronto berlusconiano; il mio era solo un invito a fare attenzione quando ci si esprime): i CIE sono una vergogna, dobbiamo sforzarci tutti a eliminarli dall’Italia. Iniziamo allora a tenere fermo il rifiuto a costruirli in Toscana. Poi se il governo li imporrà comunque, i partiti che lo sorreggono se ne assumeranno tutta la responsabilità politica. Chi non li avrà avallati, invece, come spero torni presto a fare il PD, non contribuirà a scrivere una nuova pagina di infamia della nostra storia nazionale.
Problema “percezione”. Appartengo a quella schiera che pensa ancora che la politica si faccia con la testa e non con la pancia. Le percezioni sono importanti? Assolutamente sì. Purché non le si cavalchi. Ossia, a chi si assume la responsabilità di candidarsi a governare un paese l’analisi delle percezioni deve servire non per trovare il ventre molle dell’elettorato e prendere voti facili (è il caso, da manuale, dell'”allarme sicurezza”, o della “criminalizzazione degli stranieri irregolari”), ma per capire dove si deve lavorare per favorire il progresso della società. Sennò si finisce per fare politica “per sondaggi”, come fa Berlusconi. Aggiungo di avere come l’impressione che dietro all’apparente pragmatismo di una contrapposizione tra l’astrattezza della Carta dei Diritti dell’Uomo o della Costituzione (ma se è così astratta, perché ci stracciamo tutti la veste quando Berlusconi o la Lega la attaccano?) e la costruzione del consenso “su determinate scelte politiche”, come scrive Gregorio, si nasconda l’assenza di valori forti e condivisi. Il rischio è che così resti soltanto una vuota “arte del governo”, che invoca il voto da un lato presentandosi come più capace di rispettare le regole del gioco della politica (cinismo per cinismo: ho i miei dubbi che le “regole” sia un argomento vincente tra gli italiani… il “genius loci” sembra dirci altro), ma dall’altro riproponendo ricette molto simili a quelle della controparte (vd. invito a Maroni, “modello Prato”, CIE in Toscana, ecc.). Io credo, e voglio collaborare qui in tal senso, che il PD possa diventare ciò che ancora non è, ossia una forza decisiva nel paese e la guida di una coalizione di governo di centro-sinistra in Italia, solo quando sarà capace di dare una concretezza ai principi a cui si ispira (ad es. la legalità) che sia davvero alternativa rispetto alla destra, e che come tale sia riconoscibile dai cittadini (perché non basta pretenderlo nei propri documenti politici).
A proposito di questo, aggiungo che sul Tirreno di oggi c’è un articolo di estremo interesse rispetto alla nostra discussione e che riguarda lo stato attuale dell’edilizia popolare a Pisa. Pare che ci siano 50 appartamenti popolari inutilizzati e inutilizzabili e che, dato il sistema di norme che regola il ricambio tra vecchi e nuovi inquilini (e i costi che comporta), la situazione sia destinata a peggiorare, naturalmente anche a causa dei tagli del governo centrale. Sic stantibus rebus, fino a che punto si potrà dire ancora a chi non ha casa di attendere pazientemente in fila? Ecco, se l’amministrazione comunale pisana riuscisse a uscire da questa impasse e a riattivare seriamente (e non con soluzioni “fuffa” che durano il tempo di un comunicato sul Tirreno) il canale di accesso alle case sarebbe la risposta più bella all’illegalità di via Marsala. Sarebbe una legalità sana, che non viene richiamata solo di fronte al disagio sociale o alla marginalità (vd. rom, borsoni dei senegalesi e quant’altro). Questo significa essere alternativi alla destra e lavorare per costituire una forza di governo. Quel giorno, se mai arriverà, ci renderemo tutti conto che aumentare polizia e telecamere non serve a rendere Pisa una città migliore.
Caro Giuseppe, la ringrazio per l’invito a fare attenzione al modo di esprimersi che ricontraccambio con molto affetto. La citazione dell’articolo de Il Tirreno è molto interessante per le cose di cui discutiamo qua. Che, magari, sarebbe stata più completa se si fosse fatto riferimento anche al box che si trova nella stessa pagina. Che riporto di seguito: “I dati del 2008 dicono che per sei alloggi popolari liberati in media ogni mese, ne venivano riassegnati soltanto quattro. Nel 2009 ne venivano riconsegnati cinque su sette. Nel 2010 il gap si è ridotto e si riesce a rassegnarne 8 su 9 liberati. Questo è stato possibile grazie a fondi speciali che sono stati stanziati dal ministero e dalla Regione, soldi arrivati tra dicembre 2009 e gennaio 2010 e che hanno consentito di aumentare gli interventi e i lavori di ristrutturazione degli immobili d’edilizia pubblica”. Per completezza d’informazione mi sembrava dovuto, altrimenti poi si fraintende (o si mistifica? … è sempre una battuta giuseppe).
continuo a pensare che legalità non possa essere un concetto variabile (e cosa c’entra Treu scusate?); invece non capisco proprio perchè non si sarebbe dovuto incontrare Maroni, che è comunque un ministro (e neanche il peggiore visti i successi contro la mafia); se mai, si entri nel merito del patto di sicurezza, che, da quello che si sa, contiene elementi di novità positive e sperimentali come il permesso di soggiorno.
Anch’io ritengo i Cie in genere un disastro, ma il problema c’è, e mica penseremo di cavarcela con una pilatesca dichiarazione Nimby, in Toscana no!
Caro Gregorio,
la ringrazio per avermi fatto capire che la pagina sul Tirreno ci stava dando in realtà una buona notizia. Devo essere stato tratto in inganno dalla dichiarazione dell’assessore Zambito, che mi pareva lievemente in affanno. Ma di certo ho sbagliato. L’impulso all’edilizia popolare a Pisa è così forte e deciso che già novembre scorso, se ben ricordo, si annunciava l’avvio dei lavori per ristrutturare i 50 alloggi in questione, assicurandone l’assegnazione entro febbraio 2010…
Cara Cristiana,
la legalità non è un concetto, ma un principio, un valore. Come tale non è variabile, ma può essere astratto se si pone mente al fatto che i suoi contenuti sono variabili e variano per davvero (da qui l’accenno a Treu e al modo in cui ha spianato la via alla “riforma” del diritto del lavoro, rendendo legale ciò che prima legale non era e costringendo anche i migliori della mia generazione a un precariato estenuante). Data tale varaibilità (del contenuto delle leggi, badi bene, e non della legalità in sé), in questi giorni su questo blog stiamo provando a discutere di quali possano essere le basi di ancoraggio del principio di legalità (che nessuno mette in discussione di per sé), per costruire un’alternativa di governo vincente. Ecco, noi parlavamo di questo.
Anche su Maroni e i CIE mi pare che gli argomenti di cui abbiamo discusso Gregorio, Sergio ed io siano un poco più complessi del modo perentorio in cui lei riassume la questione. Come che sia, sul fatto che il PD in Toscana esca più forte dall’apertura di un CIE (e purtroppo, pare che si possano aprire solo di un tipo…), magari con il ministro Maroni che viene a tagliare il nastro di apertura della nuova struttura (o lager che dir si voglia), io qualche dubbio ce l’ho.
Rileggendo l’ultimo post, mi accorgo che è saltata la parola “solo” dalla prima frase, che va letta così: “la legalità non è SOLO un concetto, ma un principio, un valore”.
Se si rilanciamo le fabbriche al posto delle villette, in un paese dove le fabbriche chiudono o dislocano e segno che siamo convinti: che le chiacchiere producono PIL. Se fosse cosi l’Italia sarebbe il primo produttore di PILCHIACCHIERO al mondo.
Allora probabilmente: non ci sarebbe bisogno di una strategia da attuare per riportare l’industria al centro della discussione politica come fattore primario per lo sviluppo economico del paese.
Invece per capire dove stiamo andando basta leggere questi:
Crisi:Il paese del Pilchiacchiero……
http://partitodemocraticobientina.wordpress.com/2010/06/12/crisiil-paese-delle-pil-chiacchiere%E2%80%A6%E2%80%A6/
Marchionne: Agli Operai “Se volete fare politica ve la pagate”
http://partitodemocraticobientina.wordpress.com/2010/06/13/marchionne-agli-operai-se-volete-fare-politica-ve-la-pagate/
Faccio presente che non più tardi di due mesi fà uno dei più grandi calzaturifici di S.M. A Monte di propietà di una nota stilista ha chiuso mettendo a casa in 48 ore 107 dipendenti , sui giornali locali si sono letti appena due trafiletti in merito.
Marchionne sta dando ai sindacati una dura lezione ed è solo l’anticamera di quello che succederà, in un paese dove il ministro Sacconi chiama questa lezione ” Un passo fondamentale per la modernizzazione del paese”.
Vado spesso sul blog dell’On. Cuperlo è apprendo dal suo ultimo post che sta leggendo l’ultimo libro del premio nobel per l’economia Amartya Sen dal titolo «L’Idea di Giustizia» che a mio avviso va di pari passo con l’idea di legalità.
Ma il concetto di legalità è variabile sia internamente alle nazioni e sia esternamente, ciò che non è legale per noi magari lo è o è tollerato in altri paesi. Allora io mi domando ma è possibile un concetto di legalità che guardi alla giustizia sociale, che sia universalmente riconosciuto in un mondo globalizzato all’interno dei paesi scambisti?
Certo l’Italia da sola può fare ben poco, è un problema che deve essere affrontato dall’Unione Europea. L’Unione Europea come scrivono due economisti simpatici a sinistra Nouriel Roubini e Paul Krugman deve esere meno rigida e accettare strategicamente una svalutazione dell’Euro se non vuole sprofondare in una depressione di tipo Giapponese.
Gli articoli di Roubini e Krugman li trovate qui “Crisi: All’euro farebbe bene la svalutazione”
http://keynesiano.wordpress.com/2010/06/13/crisi-alleuro-farebbe-bene-la-svalutazione/
Non mi sembra che ci sia mai stata traccia della complessità del problema e delle reali ripercussioni sul mondo del lavoro nei vari forum tematici ( perlomeno a quelli a cui ho partecipato io). Anzi spesso certi argomenti portavano ad avere risposte stizzite dai vari interlocutori. Di qui la mia perplessità che ci sia piena coscienza del problema e delle sue conseguenze sulla vita sociale delle persone.
Ma forse sono io pessimista e sto esagerando il problema chissa…….
Amartya Sen: “La crisi economica globale? Colpa di liberismo e finanza. È tempo di giustizia e libertà”
Articoli Correlati – di Oreste Pivetta, L’Unità, 25 maggio 2010.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/amartya-sen-la-crisi-economica-globale-colpa-di-liberismo-e-finanza-e-tempo-di-giustizia-e-liberta/
No Giuseppe, lei mistifica ancora. La pagina del Tirreno di oggi diceva tutte e due le cose: quella che dice lei e quella che ho aggiunto io. Lei ne aveva omessa una, io l’ho semplicemente aggiunta per c.d. “completezza d’informazione”. Peraltro con un semplice copia e incolla. In quel pezzo c’è scritto: ci sono 50 case popolari non assegnate perchè non ci sono i soldi per rimetterle a nuovo (ossia quello che lei giustamente mette in evidenza) Ma c’è scritto anche: (a)chi perde il diritto comincia ad uscire dalle case popolari(e, se fosse vero, questa sarebbe una conquista); (b) prima (nel 2009 e nel 2008) se ne assegnavano qualcuna in meno. Ossia, quelle che lei sicuramente per una delle sue diverse sviste ha omesso di dire. Non ho un’opinione al riguardo, perchè spesso mi capita di non averne e perchè vorrei capire meglio (se e quando ne avrò il tempo). Ma mistificare per sostenere una tesi mi sembra porti poco lontano. Così, intervengo.
Hai ragione cristiana, anche a me piacerebbe entrare nel merito e capire se davvero quella roba del trasferimento delle competenze in materia di PdS da questure e prefetture a comuni è “roba” vera, il che la renderebbe una novità a quel che mi risulta quasi unica nel panorama nazionale. O se, invece, è una bufala … e allora andrebbe denunciata. Se davvero la battaglia per i diritti dei migranti interessa in quanto tale e non come elemento per dire chi è più di sinistra allora in quella roba lì c’è sostanza. Ecco, se chiudessimo i Cie e trasferissimo le competenze in materia di permessi di soggiorno da questure e prefetture a comuni … sarebbe un gran bel passo avanti. Anche se fatto con il concorso di Maroni (D’altronde, mi par di capire, la riforma del diritto di cittadinanza, se mai si farà, la si farà con il concorso di Fini&C … insomma non è tempo per purismi mi par di capire).
Ma sì, caro Gregorio, lei forse ha ragione. La mia inguaribile tendenza al purismo, il mio strabismo che impedisce di guardare il bicchiere mezzo pieno, parlando sempre e solo di quello mezzo vuoto… Mala tempora currunt, e dunque serve realismo. 50 case vuote con promesse di assegnazione che slittano di sei mesi in sei mesi non sono un problema, perché tanto c’è la tabellina che mette a posto la coscienza di tutti. Barattiamo pure l’assenso all’apertura dei CIE in Toscana in cambio di una bella sperimentazione amministrativa, che sicuramente è un premio per i meriti che Pisa ha guadagnato agli occhi dell’attuale governo per il modo in cui è stata gestita l’immigrazione e la presenza degli stranieri negli ultimi due anni. Intanto, incassato l’annuncio in conferenza stampa, attendiamo fiduciosi l’assunzione di nuovi funzionari con le adeguate competenze in Comune… Del resto, il plauso unanime delle comunità straniere in Toscana si stato assordante in questi giorni. Nel ringraziare poi (con tanto di inchino?) il ministro Maroni per l’onore che ci ha fatto, rivolgiamoci sorridenti alla sensibilità di Fini, un araldo dei diritti. C’è di che ben sperare ricordando l’apertura la buona disposizione con cui ha accolto l’offerta di convergenze politiche avanzata da Bersani all’indomani della resa dei conti con Berlusconi.
Trovo tutto questo un programma lineare, coerente, lucido, in linea con i valori del centro-sinistra. Sicuramente il popolo del PD e del centro-sinistra tutto capirà e, mentre perde lavoro, perde la casa, perde diritti, riscaldato dalla certezza della legalità (ma non della Costituzione, vero Gregorio, quella è roba troppo impalpabile, no? meglio qualche tabellina del Tirreno o una nuova opera pubblica con una bella colata di cemento che rilanci l’economia e crei nuova occupazione…), continuerà indefesso a votare il grande mistificatore e i suoi ringhiosi alleati di governo, che mentre inneggiano il “Va’ Pensiero”, mettono le mani su qualche altra banca o autostrada, liquidano le ultime fabbriche, imbavagliano giornali e tv, chiudono nell’angolo quei sindacati che ancora osano parlare e rendono endemico il lavoro fondato sulla precarietà.
Via su Giuseppe, facciamo gli adulti. E non i bambini che battono i piedi per terra. Se ho ragione, non ce l’ho certo perchè le ho dato del purista, ma del mistificatore. Ma questa “querelle” lascia il tempo che trova (almeno per me) e non credo gliene freghi molto a chi legge: fra l’altro io non espresso alcun giudizio di valore (nonostante lei, da buon mistificatore, continua ad attribuirmene) sulla notizia che lei ha riportato. Mi sono limitato ad integrarla perchè ho l’impressione che lei tenda a depurare le informazioni di particolari incongruenti con la tesi che sostiene. E ricapiterà, se ne faccia una ragione.
Io non ho parlato di alcun baratto fra Cie e permessi di soggiorno in comune (ennesima mistificazione): ho detto che sono importanti sia la chiusura dei primi uno che la realizzazione dell’altro (ammesso che quest’ultima sia una cosa vera … e non l’ho ancora capito). Guardi che è importante non lo dice il bischero di gregorio, ma persone più autorevoli di me che si chiamano Livia Turco e Giorgio Napolitano (nel ’98), Giuliano Amato e Paolo Ferrero (nel 2007). E soprattutto lo dicono le migliaia d’immigrati costretti a rivolgersi alle forze di sicurezza per rinnovare un documento amministrativo con tutto ciò che ne consegue in termini di tempi lunghi, incertezze, impossibilità di tornare a casa a trovare figli e parenti.
E’ bello parlare con la gente, anche quando la pensa diversamente, s’imparano un sacco di cose … a volte più che a leggere i libri. Però è sbagliato fargli dire quello che si vorrebbero dicessero: settarismi e avanguardie hanno sempre portato poco lontano.
Caro Gregorio,
sinceramente non vedo perché la mia posizione debba essere ricondotta a “settarismo”. In tutti i miei interventi ho sempre cercato di allargare il punto di vista dei soggetti da prendere in considerazione, anziché restringerlo entro le gabbie di uno schema che identifica come “costruttore di autostrade per la destra” chiunque provi a sviluppare discorsi complessi. Può darsi che si tratti di una questione che non interessa a nessuno. Io comunque ho la sensazione che interessi a molti, ai tantissimi che si sentono a disagio nel confrontarsi con chi intende dialogo e partecipazione soltanto come un esercizio di retorica tra persone che sono già d’accordo su tutto, o fanno “come se”. Con il massimo ecumenismo, mi pare di avere proposto cinque o sei temi di discussione di assoluto rilievo (legalità, casa, sicurezza, giustizia sociale, lavoro, CIE). Alcuni interlocutori, poi, come Domenico e Sergio, hanno allargato ulteriormente il terreno di riflessione. Altri invece hanno subito chiuso, richiamandoci tutti al dogma della legalità, o andando a elogiare (giustamente, spero) la sperimentazione del rinnovo dei permessi di soggiorno in Comune. Punto e basta. Ma perché fare così? Dove porta? Il dialogo può e deve restare aperto, approfondire le contraddizioni: mica siamo in campagna elettorale! Altrettanto mi viene dire del surreale dibattito cittadino su chi farà vincere la destra alle prossime elezioni a Pisa. Scusate, ma da cittadino qualunque io resto attonito nell’osservare autorevoli esponenti della politica cittadina (dall’On. Fontanelli a Santoni) che si scontrano su un’eventualità che (dio ce ne scampi!) si potrebbe verificare fra tre anni. Non è che così si confonde l’ordine delle priorità? La risposta alle critiche ricevute che dovrebbe giungere dall’amministrazione cittadina non è quella di agitare inutili fantasmi, ma quella di costruire con i fatti il consenso che, pare ad alcuni, inizia a mancare. Si può continuare con tetragona fierezza a costruire “nemici” di comodo. Ma io penso che le ragioni della distanza tra l’attuale giunta comunale e un numero sempre maggiore di pisani trovino un valido esempio proprio in casi come quello dei 50 alloggi popolari vuoti. A tale proposito, Gregorio, vorrei dirle che questa non è “mistificazione”, ma solo guardare alla sostanza delle cose. Mi creda, Gregorio, non è che “depuro” perché sono male intenzionato, né penso di essere sempre dalla parte della ragione. Solo che, anche nella politica, esiste una scala di importanza. E non la si impara dai libri, ma da un onesto confronto con le quotidiane difficoltà di quelle persone sulle quali lei non se la sente di esprimere alcun “giudizio di valore”.
Non entro in merito alle questioni Pisane perchè non le conosco. Ma in via generale la politica i problemi li deve risolvere e non creare. La dialettica e la contrapposizione critica se a obbiettivi cotruttivi è il sale della democrazia. Se non c’è contraposizione dialettica libera non c’è democrazia liberale ma un’altra cosa simile mgari o completamente diversa ma non è il nostro concetto di democrazia che si basa sul “volere dei molti”.
Riprendo il tema del lavoro perchè credo che sia una tematica che dovrebbe essere prioritaria per il PD. E segnalo l’articolo di Luciano Gallino sulla Repubblica di oggi. per chi non dipsone della Repubblica puo andare qui e in fondo trova il link che riporta all’articolo.
Crisi: Per Marchionne, è solo e soltanto una quastione di vantaggi competitivi.
http://partitodemocraticobientina.wordpress.com/2010/06/14/crisi-per-marchionne-e-solo-e-soltanto-una-quastione-di-vantaggi-competitivi/
C’è anche un lungo commento scritto sul blog dell’On. Gianni Cuperlo dove faccio una piccola critica a Manciulli per la sua esternzazione ( “in Toscana ci vogliono più fabbriche e meno villette a schiera”) nell’ultimo articolo apparso sul Tirreno. Spero che venga letta come una critica costruttiva di chi di fronte ad un problema cerca di analizzarne le cause e si prende il rischio di esprimere la sua opinione in merito.
Oddio Giuseppe, allora guardi c’è la crisi, economica e di valori. E c’è pure il relativismo etico. E poi sì la postmodernità è complessa e si fatica a non perdere la bussola (o almeno io). Però, come i gatti mezzi sono certi solo di una cosa, ossia che il salvini è chiuso il giovedì, anch’io ho un’unica certezza: della polemica fra gregorio e giuseppe alla città interessa davvero poco. Ciò detto lerispondo:
(a) non ho mai detto, e non lo penso, che il suo modo di ragionare “apra autostrade alla destra”. Ancora una volta hai mistificato. Ho detto e riconfermo che, spesso, non sono d’accordo con lei. E che, spesso, ritaglia i fatti a suo uso e consumo perdendo di vista proprio quella complessità che, molto spesso, prima ancora che nei ragionamenti e nelle interpretazioni, è nei fatti.
(b) Penso che lei sia settario proprio per quello che dice e per come argomenta: (a) se uno è d’accordo con lei allora “allarga il terreno della riflessione”; (b) se non sono d’accordo con lei, invece, “hanno chiuso, richiamando al dogma della legalità”. Io penso che Giuseppe, Domenico e Sergio di sicuro, ma anche Cristiana e, se permette, anche Gregorio e, pensi lei, pure Francesco allargano il terreno della riflessione. E penso anche che allarga il terreno della riflessione anche chi pensa (incluso il sottoscritto) che le posizioni dell’antagonismo pisano creino terreno fertile per l’affermazione della destra, esprimendo una convinzione di un “tanto peggio, tanto meglio” che, io non condivido. Il fatto che è che non necessariamente allargando il terreno della riflessione, come dici lei, si creano convergenze. Può essere anche che si alimentino divergenze o, semplicemente, che ognuno continua a pensarla a modo suo.
(c) Penso che le piaccia mistificare perchè lo fa continuamente: ad esempio ho detto che “non me la sento di esprimere un giudizio” non per la ragioni che lei adduce, da me mai mensionate, ma (a) perchè capita (almeno a me) di voler capire meglio prima di parlare; e (b) perchè avrei dovuto dire, ad esempio, che se ora si riconsegna qualche casa popolare in più rispetto al 2008 forse qualche ddomanda dovrebbe farsela anche chi ha gestito le politiche abitative a Pisa fino al 2008, cioè quando le cose (stando all’articolo da lei citato ovviamente) andavano un pochino peggio di ora. E che, quindi, i vari Montano e Bini dovrebbero interrogarsi un po’ di più, invece di ergersi a paladini di quello che loro stessi non sono stati capaci di far funzionare adeguatamente quando potevano. E questo, temevo, avrebbe aperto un inutile discussione su “chi è più di sinistra”. Peraltro, sarei un mistificatore tale e quale a lei, se non riconoscessi che qualche casa popolare in più è stata riconsegnata anche grazie alle politiche regionali di amministratori (nella fattispecie Baronti) espressione di quegli stessi partiti che, invece, a Pisa secondo me giocano al “tanto peggio, tanto meglio”. Come vede, almeno dal mio punto di vista, la questione è complessa e sfaccettata. Ecco perchè non me la sentivo di esprimere giudizi trancianti come i suoi dopo aver letto mezza pagina sul Tirreno.
(d) Aggiungo: anch’io vivo a Pisa e non vedo una crisi di consensi dell’amministrazione. Vedo, invece, un pericoloso radicalizzarsi del confronto politico fra chi amministra e chi fa opposizione da sinistra. E le sue mistificazioni e letture parziali non aiutano a fare chiarezza. Però, sì, allargano il terreno della riflessione.
siccome ora ci sono solo io che non guardo i mondiali, allora vorrei dire a Gregorio e Giuseppe che forse dovrebbero incontrarsi dal Salvini, se no il blog diventa un loro dialogo. Nel frattempo, prima che il titolare del blog risponda sulla città (in parte l’ha già fatto sul Tirreno) si potrebbe allargare l’orizzonte discutendo di altro. Per esempio che ne dite di Pomigliano?
Accoglierei volentieri l’invito di Cristiana a non proseguire qui la discussione tra Gregorio e il sottoscritto. La foga del suo ultimo post, i toni aggressivi che Gregorio adotta, non mi paiono granché consoni a questa sede. Quando avrà recuperato la calma potremo tranquillamente riprendere a conversare. Restano le questioni affrontate e mi continuano a sembrare tutte degne di essere discusse. Sul piano nazionale, la vicenda di Pomigliano propone altri nodi centrali. Qual è la sua posizione, Cristiana?
Tra capitale e lavoro di Stefano Fassina
http://www.unita.it/news/stefano_fassina/100003/tra_capitale_e_lavoro
Marchionne dopo avere chiuso Termini Imerese, ora strizza Pomigliano forte dei numeri.
In Polonia la Fiat ha circa 5.200 dipendenti che producono 650 mila vetture l’anno. A Pomigliano ha gli stessi dipendenti ma produce un terzo. Anzi il paragone non tiene neanche con l’Italia dove la Fiat ha circa 21.000 dipendenti e produce circa 800 mila vetture l’anno. Lasciamo perdere il Brasile dove 8.000 dipendenti producono quasi quanto i Polacchi.
Inoltre gli operai Brasiliani e Polacchi costano alla Fiat 1/6 degli operai Italiani.
Con questi numeri a Marchionne se la FIOM non accetta le condizioni dettate gli fanno un favore ( questo lo scrivevo stamani mattina, ora sappiamo che la FIOM a rifiutato l’accordo).
Quanto sta accadendo, è il segnale che la globalizzazione della produzione ha fatto il suo percorso, di conseguenza, rimmette in discussione i rapporti di produzione e gli equilibri di forza fra capitale e lavoro.
CHI DOBBIAMO RINGRAZIARE PER UN SIMILE PERCORSO SOCIOECONOMICO?
PS:
Al fine di non creare equivoci il maiuscolo evidenzia.
Come spesso capita, ha ragione Cristiana. Ma vada tranquillo Giuseppe, ha nuovamente frainteso (mistificato?): nessuna foga. Solo non sono d’accordo con lei. E quanto ai toni e alla sede, non si preoccupi: nel suo blog non vengo a scrivere. Invece, fino ad oggi, il “padrone di casa” non li ha mai trovati disdicevoli. Quindi quelli rimarranno.
Alla tecnocrazia liberista che dagli anni settanta è riuscita poco a poco a imporre un governo dell’economia che subordina sempre i diritti dei lavoratori ai vantaggi per le imprese? L’articolo di Fassina dice il vero, ma purtroppo non basterà cogliere le contraddizioni fin troppo quotidiane della retorica comunicativa del governo Berlusconi. I dati presentati da Domenico sono impietosi e dicono che purtroppo, allo stato attuale, Pomigliano è ormai una battaglia di ritirata al termine di una sconfitta epocale. La crisi della grande politica è tale che difficilmente l’auspicio sommesso di Fassina che possa in qualche modo tornare ad arginare i costi sociali del mercato. D’altra parte, con una finanza internazionale ormai fuori controllo gli Stati hanno sempre meno strumenti per intervenire sui rapporti di produzione. Su questo piano, non escludo che altre politiche economiche possano restituire una logica più umana al diritto del lavoro, ma se non si interviene presto e con decisione sulla sfera dell’alta finanza (borse, società, banche) la crisi potrà solo aggravarsi. Ho letto qualche autorevole economista tornare a proporre l’ipotesi della Tobin Tax. Me ne rallegro. Sarebbe bene se qualche grande forza politica in Europa rilanciasse questo strumento, si aprirebbero finalmente scenari di cambiamento.
Salve, ad uno che gestisce un sito che prova ad essere uno strumento di dialogo fa sempre piacere leggere tanti commenti. Quindi grazie davvero. Solo una piccola raccomandazione di tipo tecnico: nei limiti del possibile valorizzate la sintesi (la “regola” che ci saremmo dati sarebbe di non più di 70 righe a post … ma siamo flessibili) e, sempre se possibile, invece di fare “copia incolla” di articoli, linkateli. Ve lo chiedo solo per facilitare la lettura e la fruizione di tutti.
Grazie ancora,
Francesco
P.S.
Sono il Francesco che gestisce questo sito … se non lo si era capito.
Da Wikipedia:
Ad un tasso dell 1% la tassa Tobin garantirebbe ogni anno all’incirca 166 miliardi di dollari, il doppio della somma annuale necessaria ad oggi per sradicare in tutto il mondo la povertà estrema.
******
La Tobin Tax è una tassa che penalizzerebbe le transazioni finanziarie in particolare quelle a breve termine che di fatto sono quelle maggiormente speculative. Nel 1972 quando l’economia James Tobin la propose probabilmente con il pensiero unico neoliberista che bussava alle porte era una cosa lungimirante ma non era in linea con lo spirito dei tempi.
Oggi potrebbe essere invece il periodo giusto vista la crisi in atto dove tutti sono concordi ( perlomeno a parole) che la finanza speculativa debba essere regolata.
Purtroppo pero occorre in merito un consenso politico che vada oltre L’Italia. Ci vorebbe L’Europa Unita e concorde. L’Europa è l’unica di fatto che può contrapporsi al G2, che io non sottovaluterei visto gli intrecci e gli interessi in campo, da una parte c’è la più grande economia mondiale e dall’altra parte c’è un paese anomalo con enormi sacche di povertà diffusa, ma che detiene una enorme riserva liquida in $ e in oro, ed è il maggior paese che detiene il debito pubblico americano. Un debito che non è in mano ai cittadini cinesi ma alle banche cinesi che sono direttamente controllate dallo stato.
Ecco perchè la politica deve riprendersi il suo ruolo, che non deve essere quello di invadere tutto e tutti, ma deve essere quello di mediare interessi contrapposti al fine di creare e vigilare sulle regole condivise che oggi vanno oltre lo stato nazionale.
Pomigliano e le motivazioni che hanno portato Marchionne ad imporre le sue condizioni dovrebbe lanciare un segnale di allarme che ogni situazione è di fatto precaria se le cose rimangono cosi come sono oggi.
Io invece sono il francesco che non gestisce questo sito, ma avendo una speciale predilezione nel creare le condizioni migliori per far aumentare esponenzialmente l’entropia, dico che sono d’accordo col francesco che gestisce il sito. Anche perchè nelle contraddizioni e nelle sfumature sta il sale della fuffa.
In effetti è piuttosto complicato seguire dibattiti con interventi così lunghi, a questo si aggiunge la volontà del Partito Democratico di eliminare non solo il dissenso, ma anche il confronto e l’incapacità di Paolo Fontanelli di fare politica (che non sia attaccare i “comunisti” ci mancherebbe)
Insomma, questo blog è un pessimo esempio di dialogo, mi scuso in anticipo con chi si sentirà offeso da questo mio commento. Un tempo Paolo Fontanelli interagiva con i commentatori, ora invece si limita a riprendere il discorso nel post successivo (che genialata alla Berlusconi!), quindi diventa poco piacevole scannarci fra di noi in discussioni che la maggior parte degli elettori PD manco capiscono (non è colpa loro, ma dei “comunisti” ovviamente).
Gregorio dirà che non ho detto nulla, e ha ragione. Ma il mio è un nulla di sostanza, come quello spacciato in Via Saragat da Maria Paola Ciccone.
O dall’On. Fontanelli sulle poltrone di Montecitorio.
Trovo il commento di Francesco (il non amministratore del sito) decisamente fuori luogo, né condivido i suoi giudizi. Anzi, inviterei tutti a sforzarci di assumere un tono più educato, per dimostrare come questo blog possa essere spazio di dialogo.
Accolgo comunque l’invito di Francesco (l’amministratore del sito) a scrivere post brevi. A proposito di Pomigliano, ieri sera ho guardato uno speciale di Repubblica TV (disponibile sul sito), in cui Piero Ichino ha detto cose che mi hanno angosciato profondamente. Le sue posizioni sono note, ma sentirlo sostenere senza alcuna remora che il “diritto di sciopero è negoziabile” getta un’ombra cupissima sulla possibilità di porre un argine all’inedita intesa Marchionne-Tremonti. Quello che trovo più assurdo è che il clima mediatico del confronto su Pomigliano è talmente guastato che una posizione di assoluta ragionevolezza come quella della FIOM-Cgil sta passando per irresponsabile e quasi eversiva.
Dall’ultimo commento di Giuseppe intuisco che i panini di Mario, unico argomento interessante citato in tutti i commenti precedenti e poi criminosamente abbandonato, probabilmente li ha rubati lui.
E tutto sommato mi torna, chiuderebbe il teorema di Paolo Fontanelli secondo il quale è colpa della sinistra se vince la destra. Così come è colpa di Epifani se la fabbrica non è una caserma, e così come è colpa del Filippeschi se i commercianti lo sfidano a singolar tenzone su ponte di mezzo.
A dirvi la verità questi intellettuali tipo Giuseppe che capiscono tutto del mondo, ma poi non trovano soluzioni concrete, mi fanno arrabbiare anche più di quelli che si ostinano a far politica pur non capendoci una mazza.
Dì la verità Giuseppe, dove li hai messi i panini di Mario? Te che sai tutto…
Perché si può anche parlare di massimi sistemi o del pareggio dell’Italia (a seconda della piega che vogliamo dare al discorso), ma io il ragionamento di Gregorio sui panini l’avevo capito, e ora voglio sapere chi se li è presi.
Sennò si inizia un discorso e poi ognuno dice la sua in maniera scomposta. Così come se fosse una vetrina su cui esibirsi.
Io so di essere sgradevole, ma almeno provo a rompere un po’ le uova nel paniere del vero gestore del blog (Paolo Fontanelli) e capire se i commenti li legge oppure no.
Ripeto che non entro nelle vicende Pisane perchè non le conosco. E poi prendo l’invito di Cristina per parlare di Pomigliano che è di fatto una situazione nuova in quanto Marchionne pone condizioni per rimanere a produrre in Campania, ma di fatto è un problema che esiste anche sul nostro territorio regionale che in questi ultimi anni ha visto la delocalizzzione di intere fabbriche, l’ultimo caso che conosco è la chiusura in 48 ore di uno dei più grandi calzatuirifici Toscani che operava a S.M. a Monte, ch ha messo a casa 107 dipendenti, e questo è accaduto nella più completa indifferenza visto che sulla questione ci sono state a malapena due trafiletti sul quotidiano locale.
Pomigliano potrebbe essere il punto di incontro per la coalizione delle varie forze politiche, dando per scontato che questo governo per bocca del ministro Sacconi ritiene la proposta di Marchionne una modernizzazione per il paese.
Non solo, a detta di molti la forzatura di Marchionne darà a Confindustria la base per riproporre la solita cosa su tutta la filiera produttiva Nazionale.
Mi sembra, che ci siano poche altre cose più politiche di questa. Pomigliano non deve essere visto come un fatto lontano da noi, deve essere valutate all’interno dell’interesse Nazionale, ma con la consapevolezza che le ricadute potrebbero essere anche per il nostro territorio non indifferenti.