Scrivo dopo la mezzanotte del 1 aprile appena rientrato da una riunione. Sono uscito di casa che alla 7 c'era Renzi che pontificava sul Pd. Sono rientrato e da Vespa c'è Renzi che voleva pontificare sul Pd ma si è fatto incastrare in una discussione volta a demolire Bersani e tutto il gruppo dirigente del Pd. Già ieri il giovane sindaco di Firenze era entrato nella discussione sul Pd e sulla "sconfitta" elettorale con una intervista al Corriere in cui accusava di "viltà" Zingaretti e altri. Non è dato sapere se queste presenze sono sollecitate da Renzi e dal suo attivissimo staff comunicativo, oppure richieste dai mezzi di comunicazione. Però è evidente il risultato: il volto nuovo funziona per rilanciare la divisione e la confusione nel Pd. Io sono d'accordo con il commento di Gregorio e con la lettera di Zingaretti che riporto in allegato. Credo che ora abbiamo bisogno di una discussione seria, come ho detto senza alibi, su come e con quale progetto e proposte politiche rilanciare il ruolo del Pd come soggetto centrale dell'alternativa, con davanti un lasso di tempo adeguato, senza incombenze di consenso elettorale alle porte. In tal senso discutere se è andata bene o male serve a poco, così come sarebbe del tutto insensato riaprire la discussione sul segretario.
Quello della valutazione sul voto è un tema che volevo sviluppare già da ieri sera, avendo davanti agli occhi la vignetta di Giannelli che risollevava un po' l'umore (la trovate in allegato). Ma anche le vignette di Staino ( "non canto vittoria…ma nemmeno sconfitta" e il commento della figlia "ha preso il numero di tranquillanti giusto") e di Ellekappa ("Grillo ha regalato il Piemonte a Berlusconi" – "scambio di carinerie tra comici miliardari") mi hanno fatto sorridere. Mentre non mi aveva fatto sorridere l'intervista di Vendola a Repubblica in cui cantava il de profundis dei partiti e apriva la strada al populismo. Di sinistra, forse. Ma di populismo si tratta. Non mi convince e credo che certi ragionamenti ci portino su una deriva senza sbocchi.
Sull'analisi del voto ho trovato invece interessante l'articolo di D'Alimonte che allego. In un quadro di così forte astensionismo, che cambia profondamente i numeri alla base dei confronti fra le diverse elezioni, è assolutamente necessario partire dai voti assoluti, prima ancora che dalle percentuali. Allora è curioso vedere che nessun partito rispetto alle elezioni di un anno fa, ha aumentato il numero dei voti. Ciò che ha cambiato profondamente i rapporti di forza nel voto regionale sono coloro che non sono andati a votare ed è stato premiato il partito che ha avuto un più alto tasso di fedeltà. Certo, ciò non vuol dire che non ci sono stati flussi o cambiamenti nella direzione segnalata dalle percentuali. Però sono molto più limitati, nel loro significato di spostamento dei consensi, di quanto si dice e si scrive.
Allora il punto centrale diventa capire la disaffezione crescente. E' per protesta? E' per critica? E' per disillusione? E' per sfiducia e caduta di credibilità della politica e delle istituzioni? E' per schifo verso la politica ? E' perché sono tutti uguali ed è tutto un "magna magna"? Certamente non si può dire che "non voto perché voglio partecipare e decidere". Tutti questi interrogativi, e ce ne possono essere altri, aprono la strada a risposte di contenuto molto diverse tra loro, anche opposte. Ma è forse da qui che dobbiamo partire. Noi, per recuperare molti dei consensi perduti. Ma anche tanti di coloro che si stracciano le vesti sul calo della partecipazione elettorale mentre ogni giorno fanno di tutto per presentare la politica (tutta) e i partiti (tutti), come un luogo di malaffare o, quando va bene, come un qualcosa di superato, di vecchio, di cui non c'è da fidarsi. Proviamo quindi a partire da qui, da queste domande, da quei tantissimi "non m'interessa" che mi sono sentito dire durante il volantinaggio al mercato, accompagnati dal rifiuto del materiale senza nemmeno guardare che cosa era e di chi era.
4 Commenti
Propongo un tema. Eugenia Roccella sul Riformista di oggi (2 aprile ’10) si domanda “Esisite il voto cattolico?” e risponde : “Cota… ha puntato sull’esistenza di un sentimento cattolico identitario e profondo” mentre Polverini “che ha perso voti a Roma, li ha recuperati con abbondanza in provincia… e deve la sua vittoria allo scarsissimo richiamo che i radicali esercitano sul tessuto culturale dell’Italia profonda.” Di diverso avviso Benedetto Della Vedova che sul Secolo d’Italia di oggi (al netto di eventuali forzature pro destra finiana) affrma: “Qualche mese fa i sondaggi davano vincente il centrodestra in tutto il paese, a esclusione dei feudi rossi della dorsale appenninica. Il centrosinistra ha riaperto i giochi in tre regioni” dove i candidati “erano quelli più apertamente laici.” Chi ha ragione?
Renzi e Zingaretti si beccano tra loro, con uno stile che secondo me danneggia la politica, e oggi danneggia noi. Però, attaccare Renzi in questo modo, e addirittura nel titolo, neppure questo è elegante. Di tutto abbiamo bisogno fuorchè di risse.
Il punto principale delle tue analisi, secondo me, è quello finale. Interrogarci sul perchè non intercettiamo più, in una proposta di cambiamento, tutti quelli che non sopportano più lo stato di cose esistente. Però, correnti a parte, sarebbe bene che anzichè dilaniarci, chi ha qualche cosa da dire, chi ha proposte da mettere in campo, lo facesse. Lasciamo perdere per un attimo la situazione pisana: per il Paese noi non abbiamo un progetto. E, se c’è, è ben nascosto.
Comunque la pensiate c’è una domanda a cui dobbiamo dare una risposta, il partito democratico aveva o meno le carte per vincere le elezioni? Secondo Renzi, si. Per il sottoscritto, invece no. Ascoltando ormai a rete unificate il “sapiente” Renzi ci sentiamo ripetere che il problema di fondo è il fantasma del leader, della dirigenza, autoreferenziale e gerontocratica. Sebbene, questi argomenti abbiano una loro evidente pertinenza, non sono persuasivi e sufficienti a spiegare l’attuale crisi elettorale della sinistra. La allettanti promesse di Renzi suonano chiaramente strumentali e purtroppo, simmetriche con le accuse che la destra ci muove. Il già rutelliano fiorentino offre quella sponda necessaria al populismo berlusconiano per radicarsi ancora di più nella cultura italiana. Il caro Renzi comportandosi in questo modo dimostra di non prendere in serio conto il cambiamento politico che il PD vuole portare. Per cambiamento intendo una radicale trasformazione della società in senso riformista e progressista, in grado di rispondere ai problemi che riguardano il ns tempo: lavoro in primis. Per semplificare il concetto dico che Renzi ha compiuto un grave errore di grammatica politica. Ovviamente, non è la fine del mondo. Ci mancherebbe altro. Il mio invito è di tornare a puntare sulla toscanizzazione dell’Italia, ripartire da Rossi per continuare quel processo che purtroppo in parte è stato disatteso dalla sinistra italiana, presentare un modello esportabile e vincente. Per dirla alla Obama: “ A volte, ci si presenta l’occasione di realizzare le speranza che abbiamo coltivato per noi stessi e per il ns paese, di mantenere le promesse che abbiamo fatto. Questo è il momento di mantenere la ns promessa. Non è detto che vinceremo, ma dobbiamo essere onesti. Non è detto che ci riusciremo, ma dobbiamo fare tutto il possibile”.
Leggo sui quotidiani di oggi (e, invero, anche su quelli dei giorni scorsi) del difficile lavoro che attende Enrico Rossi: sembrerebbe, sempre stando alle cronache, che l’IdV voglia due assessori, che uno lo vogliano anche le forze della sinistra radicale (Sel, Rifondazione, Verdi … non ho capito se non vogliano uno a testa o si accontentino di uno in coabitazione) e poi ci sarebbero anche da accontentare le varie anime del Pd. Così mi è venuto da pensare ad un tema caro a Fontanelli, la meritocrazia, e a come possa stare insieme con il (giusto) riconoscimento a chi ha contribuito ad un successo elettorale.
Mi spiego meglio: non se davvero l’IdV (ma, a scanso di equivoci, sostituite pure un’altra forza politica, incluso il Pd) abbia chiesto due assessori. Ma ammettiamo che sia vero. Non ci troverei davvero nulla di male se l’IdV dicesse: sono andato bene alle elezioni, ho dato un importante contributo al successo di Rossi e, siccome nelle mie fila -credenziali alla mano- militano il più “bravo” aspirante assessore all’ambiente e il più “bravo” aspirante assessore all’economia, voglio quei due assessorati lì. Lì chiedo certo perchè sono andato bene, ma soprattutto perchè sono convinto di avere le persone giuste per dare un contributo importante al buongoverno della regione.
Se, invece, dicesse: poichè sono andato bene alle elezioni e ho dato un importante contributo alla vittoria Rossi, allora datemi due assessorati, scegliete voi quali, purchè siano due … Ecco, mi sa che lì proprio di meritocratico non ci sarebbe nulla. Certo, sarebbe un film già visto … ma proprio brutto.
Ovviamente parlo della Toscana perchè è la mia regione e perchè è amministrata dal partito per cui voto e simpatizzo. Ma penso che il problema si ponga (forse anche forza maggiore) nelle amministrazioni di centro-destra. Ed un po’ alimenta anche la c.d. antipolitica.