Leggendo i giornali sul treno per Roma ho prolungato la mia riflessione sui risultati delle primarie. Ovviamente ci sono tanti commenti sui dati, in verità non molto approfonditi ad eccezione dell'articolo di Ilvo Diamanti su Repubblica, che però si indirizzano prevalentemente sugli effetti politici (il rischio scissione di Rutelli) e sugli equilibri interni al Pd. Tuttavia mi sembra buona l'iniziativa di Bersani con la visita alle aziende artigiane di Prato per mettere sotto i riflettori la gravità della crisi economica.
Ma torno a commentare il fatto politico straordinario rappresentato dalle primarie di domenica. In primo luogo per la partecipazione: tre milioni, o quasi, sono davvero tanti. Un capitale che non bisogna in alcun modo disperdere, come ha detto qualcuno. E poi l'esito: un segretario scelto con la maggioranza dei voti. Senza ballottaggi, accordi o riconoscimenti comunque condizionanti che un risultato al di sotto del 50% avrebbe comportato. Evidentemente gli elettori del Pd sono consapevoli della necessità di avere una guida forte, autorevole e pienamente legittimata. Infine il voto degli elettori, nel quale è nettamente preminente il voto di opinione, che conferma indiscutibilmente la scelta degli iscritti. Non era scontato. Ed è bello constatare che tra gli iscritti e gli elettori c'è sintonia. Il contrario sarebbe stato un serio problema. E' vero, ed è sensato, dire, come hanno fatto in diversi, che poi non c'è una grande differenza tra iscritti e elettori. Ma poiché c'era chi sosteneva, tra i commentatori esterni e anche interni, che il voto degli iscritti era condizionato dagli apparati…… quasi fino alla estrema conseguenza di considerare "apparato" il solo fatto di essere iscritti al partito. Anche se nel voto degli iscritti c'è indubbiamente un peso più rilevante del lavoro organizzato dai comitati dei diversi candidati. Ma ciò non può essere interpretato come un fattore di pressione burocratica o altro, dato che nei congressi si votava prendendo almeno in considerazione le proposte politiche delle mozioni. Comunque questa valutazione porta a esaltare ancora di più la sintonia di cui sopra. Anzi data la grande differenza di nuneri tra i votanti nei congressi e quelli delle primarie, e quindi l'enorme rilevanza del voto d'opinione, fa emergere i limiti dell'influenza del lavoro organizzato. Sicuramente necessario ma non decisivo. Non basta avere tra le mani degli elenchi di sostenitori e controllare che vadano a votare, o portarceli, per costruire un risultato positivo. Così come non basta pensare che con la comunicazione, la presenza negli spazi televisivi o le trovate simboliche che fanno notizia, si vincono tutte le battaglie. Ciò che conta sempre, che decide, è la credibilità della proposta. Ed è partendo da questa convinzione che, credo, faremmo bene a riflettere sempre sui modi e sulle forme del nostro fare politica. Meno male che le idee, insieme alla credibilità degli uomini, contano. Forse non bastano, ma senza non si fa una buona politica.
3 Commenti
la credibilità degli uomini, di questi tempi, è davvero messa a dura prova, così come la fiducia e la speranza di tanti. Auguriamoci che il neosegretario avvii anche una forte opera moralizzatrice. Io non sono per i moralismi, ma per la moralità sì, e penso che un partito serio debba avere alla base alcuni valori etici non negoziabili
Caro Paolo, condivido la tua opinione sul voto di opinione e sono contenta anche io che il voto di domenica non smentisca il risultato dei congressi di base del partito. Nel mio abbiamo discusso con passione e rispetto e nel merito. Credo che questo sia successo dappertutto o quasi. Ho portato molte persone a votare, non nascondendo per chi votavo, ma sempre porgendo il giornalino con le mozioni e chiedendo di decidere in base alle cose scritte e/ o ascoltate e non in base ai “si dice”. Ora passiamo ai fatti, Ho fiducia che Bersani fara` l’opera di moralizzazione che dice Cristiana, abbiamo subito un banco di prova nella politica delle alleanze e nelle candidature per le prossime amministrative. Li’ si vedra` il profilo etico che il partito si sapra` dare e la trasparenza delle trattative.
Intervengo con un commento integrativo sul taccuino di oggi sia per esprimere una condivisione con gli interventi di Cristiana e di Francesca (e anche di Luigi che mi ha scritto sulla posta elettronica) e sia per aggiungere qualche notizia o considerazione sulla giornata. Stamani, quando sono arrivato a Roma, sono andato al presidio organizzato dalla Cgil in piazza Navona con i lavoratori delle aziende toscane in crisi. C’erano anche gli altri parlamentari Pd della Toscana e Maria Grazia Gatti ha portato il saluti e la solidarietà di tutti noi. Al presidio ha parlato anche Guglielmo Epifani. E c’era un bel sole, in una giornata bellissima, che strideva con le cose amare e preoccupanti di cui si parlava: il lavoro e l’occupazione messi in crisi dalla situazione economica e da scelte imprenditoriali e politiche poco attente e poco sensibili verso le ragioni dei lavoratori (e del Paese). Una preoccupazione che avevo trovato, in forma molto forte, anche ieri a Reggio Emilia in occasione di un incontro con i sindaci e gli amministratori di quel territorio. La crisi c’è eccome ! E l’impressione è che siamo all’inizio della fase più difficile. I sindaci hanno poi messo in rilievo la gravità della situazione dei bilanci comunali, nel senso che gli enti locali si trovano nella impossibilità di rispondere alle domande che vengono dai cittadini e dalle imprese. Per questo si sono incontrati con l’obbiettivo di avviare adeguate iniziative di denuncia e di proposta volte a sollecitare un sostanziale cambiamento delle politiche del governo, in primo luogo sul patto di stabilità. Invece nel pomeriggio, in aula alla Camera dove abbiamo approvato il decreto che accorpa le elezioni regionali con il turno amministrativo comunale e provinciale- compresa la provincia de l’Aquila- al 28 marzo, c’era un gran parlare sulle primarie e sul dopo primarie. Ovviamente gli umori erano molto differenziati. E più di un deputato, non toscani, mi ha chiesto spiegazioni sul caso Massa dove non è stato consentito di votare al sindaco Roberto Pucci. Domande legittime perché tutti sanno che Pucci è stato in passato sindaco DS e ha dichiarato di riconoscersi nel progetto del Pd. Però Pucci à stato rieletto due anni fa con una lista civica di sinistra e questo lo ha messo in contrasto sul piano locale con il Pd. Lo statuto dice che non possono votare alle primarie coloro che fanno parte di altri partiti o gruppi politici. Ma non prevede il caso di un elettore che ci voti alle politiche ma non alle amministrative: è o no un elettore del Pd? In che misura? E’ evidente che si entra in un campo dove è necessaria una valutazione specifica sulla realtà concreta del territorio interessato. Difficile immaginare di risolvere tutti i casi con regole rigide. Poiché nel caso di Massa non è possibile dimenticare che la causa che portò alla nascita della lista civica guidata da Pucci fu la negazione delle primarie per la scelta del candidato sindaco è curioso che i censori passati e attuali di Pucci siano tra i sostenitori a oltranza delle primarie in nome di un partito aperto, che guarda oltre gli iscritti. Io, Roberto Pucci, l’avrei fatto votare