Oggi voteremo contro la fiducia che il Governo ha richiesto per l'ennesima volta. Non vogliono rischiare nessun emendamento su un provvedimento vergognoso come quello dello scudo fiscale che in realtà rappresenta un gigantesco condono per gli evasori, esportatori illegittimi di capitali e malavita organizzata. Un messaggio eccezionale per il rispetto delle regole e della legalità. Complimenti ! Intanto l'uomo più bugiardo d'Italia festeggia il suo compleanno tra le adulazioni dei suoi e di gran parte dei mezzi di comunicazione. Allora c'è una ragione in più per partecipare in massa alla manifestazione di sabato 3 ottobre a Roma in difesa della libertà di informazione e dei tanti "farabutti" che si permettono di criticare e non adulare l'operato del Presidente del Consiglio.
Per quanto riguarda il congresso, quelli dei circoli del Pd sono finiti. E a Pisa il risultato provinciale è netto: Bersani ha ottenuto il 60% dei consensi, Franceschini il 29 e Marini l'11. In città più o meno è andata nello stesso modo. Comunque per chi vuole vedere i dati nello specifico c'è un allegato. Non faccio commenti (per ora) se non per una battuta che ho fatto a Il Tirreno e riporto qui: noi, che abbiamo sostenuto Bersani, siamo contenti e se sono contenti anche gli altri siamo ancora più contenti.
Ma torniamo ai commenti. Mi fa piacere che da parte di tutti si riconosca l'esigenza di cambiare lo statuto. Vuol dire che si avverte che c'è qualcosa che non va, soprattutto nella compressione e nella mancanza di un reale percorso di dibattito e di confronto. Questo limite non è determinato in sé dalle modalità definite nello statuto ma dalla concezione che le ha ispirate. L'idea di fondo era quella di un partito del leader e degli elettori, fondato sulle primarie, nel quale il ruolo (e i poteri) degli iscritti è considerato secondario. Dico "era" perché in sede di stesura dello statuto, nel confronto fra opinioni diverse, fu cercata una sintesi che nei fatti ha portato ad una costruzione assai barocca, sovrapponendo, senza distinzioni, le responsabilità di guida del partito con le cariche istituzionali. Il tutto sotto il segno delle primarie come "essenza del partito" e, quindi, delle autocandidature, escludendo un reale processo di selezione sulla base del merito che, in politica, dovrebbe essere qualcosa di più della capacità di raccogliere e organizzare preferenze.
E' difficile pensare, cara Sandra, che si possa formare una nuova classe dirigente, come giustamente auspichi, sulla base di meccanismi fondati sui comitati elettorali di questo o di quello, o sulle cordate che piazzano tizio o caio. Certo, le forme di allargamento della partecipazione sono importanti per rendere il partito più presente e forte nella società. Ma ciò avviene se c'è un partito organizzato e radicato nel territorio e non una somma di personalismi. Quanto alla preoccupazione di Antonio sui rischi di un dibattito sul "quale sia il voto che conta di più", quello degli iscritti o quello delle primarie, non ci sono dubbi. Dal punto di vista della scelta conta il voto delle primarie e non quello degli iscritti (purtroppo), a meno che nessuno superi il 50% e allora non contano nemmeno gli elettori ma i delegati che saranno eletti nell'assemblea nazionale il 25 ottobre. Certo sarebbe un bel messaggio al paese: non decidono gli iscritti, non decidono gli elettori, ma una assemblea di mille delegati con tanto di trattative. Non so se è proprio questo il messaggio di autorevolezza e di unità di cui il Pd avrebbe bisogno.
Resta il fatto, di questo sono profondamente convinto, che un partito davvero presente nella società, capace di fare non solo propaganda ma cultura politica, di contrastare i particolarismi e gli egoismi, di far prevalere l'idea degli interessi generali, deve essere popolare e ha bisogni di iscritti motivati e responsabilizzati. E questo è possibile se gli diamo dei poteri veri, se contano qualcosa nelle decisioni sulle politiche nazionali e locali. Per questo penso che le primarie siano un utile strumento di sviluppo della partecipazione sulla scelta dei candidati per le cariche istituzionali e parlamentari ma non per le cariche di partito. Sull'elezione del segretario nazionale si argomenta che ci vogliono le primarie perché deve essere anche il candidato alla guida del Governo. Ebbene ciò avrebbe un senso se fossimo in un sistema bipartitico e presidenziale. Ne ha meno se siamo consapevoli che in un sistema bipolare maggioritario bisogna comunque mettere insieme delle coalizioni e se pensiamo che la necessaria evoluzione di una democrazia dell'alternanza non sbocchi nel plebiscitarismo. La discussione continua.
1 Commento
Anch’io sono del parere che lo statuto debba essere cambiato perché divenga strumento grazie al quale riprendano forza la discussione ed il confronto, da troppo tempo assenti , e si introducano criteri meritocratici contro ogni forma di personalismo. Se il partito “leggero” si è sradicato dal territorio, ciò è dovuto in buona misura, a mio avviso, al fatto che la comunità di base ha perso voce e potere di scelta , quel potere che si esercita dibattendo e sviscerando i problemi, fino a raggiungere decisioni su temi di interesse comune, decisioni che sono cardini dell’ identità e quindi della vita di un partito. Purtroppo è venuta meno quella partecipazione attiva che è poi l’essenza della democrazia, quella partecipazione che ha anche la prerogativa di unire, di motivare, di far nascere il senso di appartenenza. La modifica dello statuto può essere l’occasione per iniziare il nuovo corso, per restituire alla base il potere di scelta. Sarebbe un esempio di democrazia reale in un Paese in cui la democrazia è quotidianamente perseguitata.
Paola