Intervengo di nuovo sulla Saint Gobain per commentare le novità e le posizioni delle ultime ore. In primo luogo l'esito dell'incontro fra il Sindaco e i vertici pisani dell'Azienda. Da quanto ha detto il Sindaco l'Azienda ha parlato della grave caduta delle commesse dovuta alla crisi e, quindi, della necessità di ridurre la produzione e di guardare con molta prudenza al futuro. Però finora non c'è nessuna intenzione di rinunciare ai progetti concordati e ai relativi investimenti. Ma, potremmo aggiungere, nemmeno nessuna certezza sugli impegni futuri per lo stabilimento pisano. Tuttavia non possiamo ignorare che un investimento importante è in corso con la costruzione del nuovo capannone all'interno dell'area S.Gobain. Dunque quello che è chiaro è una situazione di grande difficoltà indotta dalla crisi mentre non è possibile prevedere i tempi di ripresa. In sintesi un quadro preoccupante ma non compromesso. E' evidente che la risposta non può essere solo quella di rimettersi alla speranza e di aspettare lo sviluppo delle cose. E' necessario coinvolgere tutte le istituzioni e i sindacati in un atteggiamento vigile e unitario e fare in modo che non si perda mai di vista l'obbiettivo del rispetto sostanziale dell'accordo di due anni fa.
Non è proprio quello che emerge dalle posizioni delle forze della sinistra radicale e da alcuni esponenti del centrodestra. Infatti leggendo i loro volantini o i comunicati non ci vuole molte a ricavare la concreta percezione della speranza che tutto vada male. E' la vecchia tentazione del "tanto peggio tanto meglio". Al centro dei loro commenti non c'è la ricerca di un impegno ampio, unitario e incisivo per garantire il lavoro e le prospettive dello stabilimento produttivo. C'è invece il tentativo di mettere al centro dell'attenzione le "responsabilità" del Comune che avrebbe, secondo loro, concesso troppo alla S.Gobain che ora "prende i soldi e scappa". Resta da capire chi sta spendendo soldi per potenziare strutture che sarebbero abbandonate da qui a poco e chi pensa di guadagnare facilmente dalla chiusura di una attività produttiva e dall'abbandono di una struttura industriale. In realtà questo modo di ragionare rivela una volontà esclusivamente strumentale nell'affrontare i problemi economici e sociali. Una strumentalità che produce settarismo politico a sinistra come a destra e che allontana da una visione generale degli interessi dei lavoratori e delle comunità locali. Ma se l'obbiettivo principale è quello di difendere l'occupazione e il futuro della fabbrica bisogna combattere contro queste posizioni che hanno solo il fine di dividere e di fare propaganda politica. La strada per garantire le prospettive dello stabilimento pisano è solo quella di sviluppare un confronto serio con l'Azienda , sostenuto da un ampio movimento unitario e da un attento impegno delle istituzioni.
2 Commenti
Fonte: L’Espresso.it
Tensione davanti all´Unione Industriale: confermati i 600 licenziamenti
Indesit chiude, ma assume in Polonia
Milena Vercellino
Insulti ai manager e ai sindacati Il 20 sciopero e manifestazione nazionale a Torino
Cronaca di una morte annunciata: si è concluso con la parola “chiusura” l´ultimo atto dell´estenuante susseguirsi di mezze conferme e stentate speranze che da settimane pende sulle teste dei lavoratori della Indesit di None. Ieri mattina, nel corso di un faccia a faccia con i sindacati presso l´Unione Industriale, l´azienda ha ribadito la propria decisione, già annunciata lunedì a Londra. Condita, stavolta, da uno schiaffo in più per gli oltre 600 di None: la Indesit assumerà in Polonia per rimpinguare le linee dello stabilimento “rivale”.
Fuori, tra i trecento lavoratori giunti in corteo improvvisato, disperazione e rabbia si addensano nell´aria e si mischiano con la pioggia di una giornata d´inizio marzo che sembra autunno inoltrato e inarrestabile. Tra la folla spuntano due sagome di cartone a forma di bara che denunciano la morte del “made in Italy”, mentre dal capannello riunitosi davanti all´ingresso volano insulti all´indirizzo dei “padroni”: “Assassini”, “Vergogna”; qualcuno se la prende con i sindacati “venduti”. Ad un certo punto, la tensione sfiora lo scontro con i poliziotti in tenuta antisommossa, che alzano gli scudi e sfoderano i manganelli.
Quando il board aziendale passa davanti alle finestre del piano terra, alcuni lavoratori scagliano la loro rabbia sulle inferriate, manate e insulti verso quegli uomini in completo scuro arrivati con le loro valigette a portarsi via il futuro degli oltre 600 di None. Destinazione: Radomsko, Polonia, dove manodopera ed energia sono disponibili a prezzi stracciati. Per ogni 100 euro spesi a None, infatti, la produzione in Polonia costa il 13% in meno. «Per loro, le lavastoviglie non sono più competitive, e nel 2009 prevedono un calo del 12% delle vendite», spiega Dario Basso della Uilm. «Ci hanno fatto vedere un film al contrario, partendo dalla parola “Fine”», aggiunge. «La domanda è stata molto al di sotto delle previsioni, quindi l´azienda non ritiene sostenibile la produzione in entrambi gli stabilimenti. La decisione di mantenere lo stabilimento polacco è dovuta esclusivamente a criteri di competitività sui mercati internazionali», è la laconica nota diffusa dall´azienda. La chiusura dovrebbe avvenire prima dell´estate, ma i sindacati puntano i piedi e annunciano per il 20 marzo una manifestazione nazionale a Torino con i lavoratori di tutti gli stabilimenti italiani che sciopereranno per 8 ore: «Se il ragionamento è quello dei costi, la vicenda di None è il campanello d´allarme per gli altri stabilimenti italiani», dice Claudio Suppo della Fiom. E sulla vicenda s´accende il dubbio: «Vorremmo sapere se la decisione della Indesit è legata anche a finanziamenti del governo polacco», chiede Maurizio Landini della Fiom. «Se così fosse, non escludiamo di ricorrere a qualsiasi iniziativa verso l´Europa e verso il governo italiano».
(06 marzo 2009)
Ho postato l’articolo dell’espresso perché sull’altro post della Saint Gobain onorevole l’avevo invitata a riflettere proprio sul caso Indesit.
Come la invito al leggere ( se non a ricevuto il cartaceo lo può scaricare dal sito del PD di Bientina in forma elettronica) i nostri contributi di Dicembre e L’articolo “Economia sociale di mercato o responsabilità democratiche”, Purtroppo la realtà ( ciò che è , e perchè)sta tutto in quella tabellina dei vantaggi competitivi.
Quando l’uomo sognava di andare sulla l’una si è attrezzato per costruire la navetta per andarci.
Damiano quando era ministro a fatto assumere migliaia di dipendenti precari nei call center entusiasmando gli animi nel breve periodo, dopo però doveva anche pensare che il mercato a le sue regole ferree soprattutto se eccessivamente libero.
QUALE RISULTATO HA OTTENUTO NEL MEDIO PERIODO?
SEMPLICE ORA I SONDAGGI ( ANCHE QUELLI PAGATI DAI PARTITI, SI PUO’ INFORMARE) VENGONO FATTI IN POLONIA DA PERSONALE ITALIANO CHE VIENE FATTO TRASFERIRE IN LOCO (FONTE REPUBBLICA ELEZIONI 2008) E ASSUNTO A PROGETTO CON REGOLE POLACCHE…….Il perchè è altrettanto ovvio da noi un operatore al call center costa 12 euro l’ora in Polonia il soliti Italiano ne costa 6 euro l’ora. sono giovani disoccupati,liquidi e con lo spirito Tuareg di conseguenza accettano la loro condizione.
MA IL PROBLEMA NON E’ LORO ONOREVOLE MA NOSTRO E DELLA NOSTRA GENERAZIONE CHE HA CREATO QUESTE CONDIZIONI DISUMANE, E UNA CLASSE POLITICA ALLA CIONI CHE PER ESSERCI SEMPRE E COMUNQUE SI FA ANCHE LA SUA LISTA CIVICA.
QUANDO I GIOVANI CAPIRANNO LA FALSITA’ E IL FALLIMENTO ORMAI EVIDENTE DELLA NOSTRA GENERAZIONE IL MINIMO CHE CI POSSIAMO ASPETTARE E’ CHE CI PRENDANO A CALCI IN CULO……….
PS: CON I RADICALI NON SI DISCUTE,PER DAR RAGIONE ALLE LORO IDEE, AFFAMEREBBERO IL POPOLO.
CI VUOLE EUROPA ONOREVOLE, MA DEVE ESSERE L’EUROPA DEI POPOLI E DELLE REGOLE COMUNI A TUTTI NON DVE ESSERE UGUALE SOLO LA MONETA MA ANCHE IL SALARIO E LE REGOLE CHE REGOLAMENTANO I LUOGHI DI LAVORO.
MA DOVE SONO QUESTI RAGIONAMENTI NEL PD E NEI VARI FORUM TEMATICI?