Intervengo anch'io sulla drammatica spirale di violenza che sta investendo la Palestina e la Striscia di Gaza in modo particolare, facendo seguito all'intervento di Henry, di cui condivido pienamente contenuti e tempestività. L'ho letto ieri mattina mentre si vedevano sulle tv immagini più dettagliate del violento bombardamento su Gaza. E subito sono andato a rileggermi l'articolo di Amos Oz pubblicato su Repubblica sabato 27 dicembre (lo trovate in allegato).
Purtroppo tutt'ora proseguono gli attacchi che provocano nuove vittime e distruzioni mentre gli appelli al cessate il fuoco che vengono da più parti sono del tutto ignorati dal governo israeliano. Per ora il risultato dei bombardamenti è il ricompattamento di gran parte del mondo arabo sulle posizioni più integraliste e antiebraiche degli estremisti di Hamas; si va, cioè, realizzando un effetto diametralmente opposto all'obbiettivo dichiarato di voler colpire e indebolire Hamas. In questo modo, infatti, si indeboliscono soprattutto le forze più moderate che da anni cercano una soluzione negoziata che porti alla realizzazione di due Stati autonomi, in grado di garantire libertà, sovranità e sicurezza ai due popoli che sono in terra di Palestina. Come lo stesso articolo di Oz evidenzia l'esito cui stiamo assistendo in questi giorni era più che prevedibile e risponde alla logica della radicalizzazione estremistica dello scontro. Una logica che influenza non poco, e da troppo tempo, la dinamica politica e elettorale di Israele. Ed è così anche ora. La stessa logica, infatti, viene usata dagli estremisti di Hamas con il solo obbiettivo i togliere credibilità e consensi all'autorità palestinese guidata da Abu Mazen.
Non dobbiamo dimenticare, però, che su questo piano, quello di rendere poco credibili le politiche fondate sulla ricerca di un accordo, un contributo fondamentale lo hanno dato i governi di Israele, di ogni colore, con la politica di espansione degli insediamenti per i coloni nei territori palestinesi. Su questo punto si attendeva un segnale serio di cambiamento che, invece, non c'è stato. Ora la spirale della violenza, mai sopita, è stata rimessa in moto e chi ne paga le conseguenze più gravi sono le popolazioni inermi, soprattutto donne e bambini.
La mia opinione è che ci debba essere un intervento più forte della comunità e delle istituzioni internazionali. Come è avvenuto in Libano deve essere presa in considerazione l'idea di un intervento deciso e guidato dall'Onu, che porti alla presenza di forze militari internazionali per garantire il ripristino della pace in quei territori. Allo stesso tempo si deve sviluppare una azione più determinata sul piano della diplomazia che convinca gli Stati Uniti ad esercitare una funzione più efficace e costruttiva sulla vicenda del Medio-Oriente, come aveva fatto ai tempi della presidenza Clinton. Inoltre bisognerebbe recuperare anche quella capacità d'iniziativa che l'Europa ha saputo attuare in alcune circostanze (come nel caso libanese grazie all'impegno del governo Prodi e del Ministro degli Esteri) ma che fatica a trovare spazio nelle priorità dei governi di centrodestra europei. Non c'è altra strada che quella di lavorare per un compromesso, come più volte ha scritto lo stesso Amos Oz, che ridimensioni i fanatismi e garantisca la pace. Appunto: un compromesso non una tavola dei principi, serio e rispettoso delle ragioni di tutti.
Nessun Commento