Scrivo questo taccuino la domenica sera di un fine settimana pessimo per il tempo e ottimo per il calcio nerazzurro. Mentre per la politica non è proprio un gran momento. Di fronte ad una crisi economica molto seria il governo balbetta, l'opposizione fatica ad uscire dalle proprie beghe, la maggioranza degli italiani sembra non essere consapevole dell'esigenza di un cambiamento. Certo vi è una parte del paese che si trova in grandi difficoltà, ma è reale il timore che pensi di trovare le risposte a questo stato delle cose dando credito alla demagogia e ai populismi che imperversano e che si nutrono dell'antipolitica.
Ma ora voglio limitarmi a riprendere un tema che è stato trattato nei commenti di quest'ultima settimana: il Pd e le primarie. Per quanto riguarda la situazione del dibattito interno (?) al Pd è benvenuta la proposta di Veltroni di andare ad una riunione della direzione nazionale il 19 dicembre con l'obbiettivo di fare una discussione seria e approfondita. Però non mi convince, anche se c'è una parte di verità nel modo in cui la vivono alcune tifoserie, la rappresentazione fatta sulla stampa di una sorta di "resa dei conti" tra veltroniani e dalemiani. Questo anche perché è assai difficile individuare delle differenze apprezzabili sul piano della linea politica (programma, priorità, alleanze, etc.). O almeno io ne vedo poche, ditemi voi dove sono. Invece i problemi ci sono – e sono seri- sul modo di essere del Pd nel Paese, sulla sua costruzione in termini di presenza nel territorio e di promozione di nuovi gruppi dirigenti, di capacità di tenere un rapporto aperto e positivo con le forze più innovative della società. Il caso delle dimissioni dalla direzione di Irene Tinagli è molto negativo in sé e per il segnale che ci dà. Io penso che è su questo punto che dovremmo discutere anche per recuperare quello che non c'è stato prima, ovvero che tipo di partito vogliamo e come metterlo su. E' pacifico, come tutti sostengono (ma è vero?), che non può essere solo la somma di DS e Margherita; però è ciò che per ora è avvenuto. Lo statuto del Pd delinea i tratti di un partito che deve essere radicato nella società e nel territorio e per farlo è comunque necessario passare da una fase congressuale. Forse era meglio averla fatta subito dopo le elezioni politiche. Ora è impossibile farla prima del prossimo autunno. Tuttavia bisogna fare in modo che il partito si muova nella direzione indicata dallo statuto, che non è quella di un partito leggero e costruito sulle scadenze e sulle candidature elettorali, con l'obbiettivo di strutturarlo sulla partecipazione degli iscritti e valorizzando l'innovazione delle primarie come strumento di coinvolgimento degli elettori nelle scelte fondamentali della direzione e della rappresentanza del Pd. Un partito quindi, con iscritti organizzati in circoli che hanno gruppi dirigenti, che ha senso se discute, si prende delle responsabilità e decide. Decide anche le proposte da sottoporre alle primarie, salvaguardando comunque il diritto per tutti di poter presentare idee e soluzioni diverse. Al contrario il partito sarebbe solo un contenitore di comitati elettorali nel quale certamente non troverebbe spazio alcuno "il merito" delle persone. Lo dico a Domenico che giustamente richiama il problema del merito, cioè della capacità di interpretare al meglio, credo, il progetto del Pd nell'interesse della comunità; e di farlo con prove e risultati verificabili. Altrimenti il "merito" rischia di assomigliare al censo (politico ovviamente) oppure ad alcune delle "virtù" decantate dal Plunkitt raccontato da Henry. Per questo ho espresso perplessità sull'idea che le primarie siano sempre e comunque la soluzione di tutti i problemi. Primarie che per me sono sempre vere e libere ogni volta che si promuovono. Ma ciò non vuol dire che sempre producono i risultati migliori sul piano dell'apertura e del rapporto con la società o della selezione dei più capaci e innovatori (e in questa categoria io non metto gli spregiudicati, che sono un'altra cosa).
Guardiamo a Firenze: vi sembrano primarie che trasmettono l'idea di un serio rinnovamento della politica ? Probabilmente andranno a votare in tanti. Ma l'effetto del clima di contrapposizione personalistica dove porterà ? E come emerge il ruolo e il progetto del Pd ? A proposito voi che impressioni avete ? E' utile parlarne anche per capire come si vedono le cose nella nostra Toscana. Comunque discutere di questi problemi è sempre più necessario, anche per trovare la via più funzionale ed efficace nell'attuazione di uno strumento importante come le primarie.
8 Commenti
Il caso Firenze: 1- NO trasmettono un arrebbaggio la politica è andata in soffitta 2- forse….non sottovaluterei il fatti e le indagini di questi giorni 3- non lontano e avvantaggerà il CD 4- il PD esce sconfitto Veltroni si è limitato a dare buoni consigli dabuon padre di famiglia che non riesce a contenere i figli ( ed è un segno di debolezza).
In un partito aperto le primarie servono per far conoscere i candidati chi sono,quale è il loro modello di società, quali problemi vedono sul territorio e cosa pensano di fare per attuare il loro programma. Naturalmente il tutto deve stare dentro i valori del PD Nazionale. Ma quali sono i valori del PD Nazionale? prendiamo due esempi semplici: 1- il caso Prato in questi giorni compreso ieri il Tirreno ha fatto pagine intere sul problema dei Cinesi, i sindacati si svegliano dicendo che non c’è una impresa Cinese in cassa integrazione, Un industriale Cinese ci dice che dormiamo perchè non siamo globalizzati.
Riflessione: Cosa vuole dire che le imprese Italiane non sono globalizzate…..forse che vuole dire che dobbiamo adattarci al mercato Cinese che è fatto di sfruttamento degli esseri umani, che è fatto di illegalità diffusa vedi lo scoop fatto dai giornalisti del sole 24ore. Insomma l’industriale Cinese ci dice che il nostro modello di comunità solidale è in rottamazione perchè non è idoneo a competre nel mondo globale.Quale è la linea politica del PD in merito? Lei lo sa Onorevole?. Nel frattempo so quale è quella del PD di Bientina che il 13 Dicembre uscirà con un libro di contributi di 96 pagine che sarà distribuito alla cena prenatalizia e sarà inviato anche agli eletti del PD Toscano e sindaci limitrofi. Il Libro sfiora diversi argomenti ma uno in particolare parla è intitolato ” Economia sociale di mercato o responsabilità Democratiche?” li c’è la risposta ( che è casuale visto che il libro è in stampa già da alcuni giorni) all’imprenditore Cinese, e il perchè le nostre fabbriche chiudono e l’Italia non cresce più. Spero che susciti più sdegno che consensi perchè come diceva il grande Proust ” la dote di un intelletuale è quella di accendere una rissa” (passatemi l’aggettivo).IL testo è stato condiviso da tutto il Circolo del PD Bientinese ma siccome c’è del mio mi farò carico eventualemnte di difenderlo.In molti dovrebbero riflettere perchè se i Cinesi sono li da 20 anni vuol dire che c’è stato un processo condiviso politicamente che però non è stato ben valutato nelle sue conseguenze. Ma la domanda cruciale è era prevedibile quanto sta accadendo?. Non è solo Prato, tutta la Toscana è al palo e non è colpa della crisi in atto perchè questa crisi è il frutto di ciò che non si è voluto vedere. 2- Visto le indiagini in corso e premettendo che chiunque è innocente fino a prova contraria che è il giudizio definitivo secondo il nostro ordinamento. MI DOMANDO E VI DOMANDO ERA OPPORTUNO CHE IL CANDIDATO SI RITIRASSE DALLE PRIMARIE? LA BUONA PRASSI VALE SOLO PER IL NEMICO POLITICO O E UN PRINCIPIO DI CONDOTTA POLITICA IMPRESCINDIBILE E INDEROGABILE?
Leggendo il Tirreno di oggi è una ecatacombe, L’intervista ad Occhetto è lapidaria chiama Compari gli ex Compagni. La situazione sulla crisi è disastrosa Bonanni annuncia secondo uno studio dalla CISL che è a rischio 900.000 posti di lavoro ( non è chiaro se sono solo quelli potenziali della CIG o seè una stima complessiva sulle forse lavoro. L’unica riflessione che mi viene è che oggi tutti scoprono la crisi, come tanti pappagalli ripetono quello che sentono, nessuno che ti dice il perché di questa crisi cosi violenta e profonda.
Colpa dei mutui sub-prime che erano 1% dei prodotti finanziari sul mercato?
Colpa di un anarco-capitaismo selvaggio?
Come diceva un mio vecchio amico “le colpe muoiono fanciulle, e chi riamane ne paga le conseguenze”.
Ma forse la colpa più grave è nostra, perché come cittadini abbiamo permesso che non fosse il merito a guidare la politica, che deve per sua natura attuare il benessere sociale. Questa crisi non è solo una crisi finanziaria mondiale, è anche una crisi di uomini che non sono stati “capaci e lungimirati” doti imprescindibili per un leader perlomeno secondo M. Weber.
Questo Natale lo festeggeremo fra inchieste, suicidi, e disoccupati attuali e futuri, in attesa che sempre i soliti noti ci facciano uscire da una crisi creata da loro stessi.
INSOMMA SIAMO IN PRESENZA DI UNA GENERAZIONE DI LEADER POLITICI E NON IN PREDA AL “PRINCIPIO DI PETER”.
Il Principio di Peter (1969) dice che in un’organizzazione “meritocratica” ognuno viene promosso fino al suo livello di incompetenza. Cioè se una persona sa fare bene una certa cosa la si sposta a farne un’altra. Il processo continua fino a quando ognuno arriva al livello di ciò che non sa fare – e lì rimane.
La situazione oggi è ancora più grave di come la descriveva Laurence Peter trent’anni fa , perché il concetto di “merito” è sempre più confuso. Le “promozioni” sono spesso dovute alla protezione di potenze oligarchiche, al gioco delle apparenze o a intrighi che hanno poco a che fare con la “competenza”.
Ed è purtroppo confermato dai fatti che stiamo vivendo, molte istituzioni sociali hanno gestito le aree “nuove” in modo distratto e superficiale, spesso assegnando a quel compito le persone meno adatte, nella sciocca convinzione che “la crescita comunque aggiusta tutto”. I risultati sono quelli che vediamo.
In effetti la situazione non appare rassicurante. La crisi economica, le crescenti difficoltà delle fasce più deboli, l’immobilismo sociale, il disastro Alitalia sono esempi della fase che stiamo attraversando, alla quale la politica ha il compito di offrire risposte adeguate e di prospettiva, evitando di scivolare nel folklore. Da questo punto di vista la vicenda Villari è stata emblematica. Il PD è sicuramente vittima, ma l’immagine offerta non è stata delle migliori, se non altro per il grado di attaccamento alla maglia di un senatore eletto perché inserito centralmente nella lista elettorale della propria regione. In questi giorni emerge inoltre la discussione sulla collocazione europea del PD. Se risulta comprensibile la ritrosia di una buona parte del partito nei confronti dell’adesione al PSE, occorre anche considerare che si tratta di una problematica attesa. L’auspicio è che sia possibile trovare un formula che consenta la costruzione di un rapporto di collaborazione fra il PD e il gruppo socialista. Dividersi in due gruppi distinti risulterebbe in effetti poco comprensibile.
Le primarie sono un segno di rinnovamento della politica? Dopo alcuni anni di sperimentazione abbiamo potuto apprezzare che le primarie rappresentano un valore aggiunto se inserite in un processo più ampio rivolto alla costruzione di proposte condivise. Utilizzate come strumento isolato rischiano di ridursi ad uno scontro fra potentati. In ogni caso sulla gestione delle risorse umane emergono difficoltà oggettive: qualità, competenze e affidabilità avranno pure un valore o l’unico criterio di scelta è l’appartenenza a questa o a quella corrente?
Come dimostra anche la vicenda fiorentina, l’impressione è che manchi un baricentro in grado di orientare le scelte collettive e i comportamenti dei singoli. Leggere la situazione come la consueta contrapposizione tra D’Alema e Veltroni risulta riduttivo e sicuramente noioso, considerando che questo schema risale quanto meno ai primi anni ‘90.
In effetti la situazione non appare rassicurante. La crisi economica, le crescenti difficoltà delle fasce più deboli, l’immobilismo sociale, il disastro Alitalia sono esempi della fase che stiamo attraversando, alla quale la politica ha il compito di offrire risposte adeguate e di prospettiva, evitando di scivolare nel folklore. Da questo punto di vista la vicenda Villari è stata emblematica. Il PD è sicuramente vittima, ma l’immagine offerta non è stata delle migliori, se non altro per il grado di attaccamento alla maglia di un senatore eletto perché inserito centralmente nella lista elettorale della propria regione. In questi giorni emerge inoltre la discussione sulla collocazione europea del PD. Se risulta comprensibile la ritrosia di una buona parte del partito nei confronti dell’adesione al PSE, occorre anche considerare che si tratta di una problematica attesa. L’auspicio è che sia possibile trovare un formula che consenta la costruzione di un rapporto di collaborazione fra il PD e il gruppo socialista. Dividersi in due gruppi distinti risulterebbe in effetti poco comprensibile.
Le primarie sono un segno di rinnovamento della politica? Dopo alcuni anni di sperimentazione abbiamo potuto apprezzare che le primarie rappresentano un valore aggiunto se inserite in un processo più ampio rivolto alla costruzione di proposte condivise. Utilizzate come strumento isolato rischiano di ridursi ad uno scontro fra potentati. In ogni caso sulla gestione delle risorse umane emergono difficoltà oggettive: qualità, competenze e affidabilità avranno pure un valore o l’unico criterio di scelta è l’appartenenza a questa o a quella corrente?
Come dimostra anche la vicenda fiorentina, l’impressione è che manchi un baricentro in grado di orientare le scelte collettive e i comportamenti dei singoli. Leggere la situazione come la consueta contrapposizione tra D’Alema e Veltroni risulta riduttivo e sicuramente noioso, considerando che questo schema risale quanto meno ai primi anni ‘90.
Il buon senso, e la storia, insegna che noi pisani non ci dobbiamo occupare delle “cose” fiorentine e viceversa (chiamasi status quo), è una pratica in uso da qualche secolo, da circa quando abbiamo smesso di prenderci a mazzate e sassate (fa eccezione ovviamente il calcio ma qui si esce dalla politica per entrare nel campo religioso). Ora giustamente come rimarcato nei vari interventi abbiamo un problema da discutere, il problema non è Firenze ma il pd, ed in particolare a mio (e non solo) i politicanti, quelli che io ho definito ras e Veltroni chiama …..”I cacicchi”, coloro che mi sgolo a ripetere frenano il processo riformista, coloro che “hanno cominciato a proliferare parecchio tempo fa. E poi insisto, questa idea del potere si fa strada quando vengono meno i grandi principi dell’impegno politico. Il Pd è nato anche per ricostruire quei principi. E se mi chiede se da questo punto di vista sono soddisfatto, la mia risposta è no, noi abbiamo ancora una grande lavoro da fare”. Nemmeno io caro Veltroni sono soddisfatto. Non riusciamo a governare la politica, rischiamo la strumentalizzazione del partito asservito all’individualismo e ai personalismi, manchiamo di “affrontare nodi reali ancora irrisolti”: dalla scelta di una nuova classe dirigente al posizionamento internazionale della nostra area. Insomma, è in gioco palesemente, come dichiara D’alema, il nostro divenire: “Il problema è cosa deve essere il Pd, quali regole deve darsi, come deve governare i conflitti che esplodono in periferia. Il Pd deve ancora diventare pienamente un partito con le sue strutture, le sue regole, la sua classe dirigente. Altrimenti sarà difficilmente governabile”. Vero, drammatico ma reale. Firenze è la punta di un iceberg, per questo mi fa paura; il patto come cittadini e membri del PD rischia di “sfarinarsi” ed allontanarci per molto tempo dal nostro obbiettivo: portare il paese nella direzione del riformismo.
Non è sufficiente un congresso ad autunno prossimo, occorre da subito invertire la barra ( e non cambiare il timoniere), ripartire con slancio e dinamismo, arginare l’antipolitica, dare corpo e sostanza al partito. Infine, riporto parte di una lettera scritta da una compagna fiorentina sulla situazione che stanno vivendo in queste ore, io ci leggo la voglia di resistere ma temo purtroppo che …..: “E quali sono i confini dell’onestà personale? Il PD si è dato un codice etico. Al comma 5 dell’art. 2 si legge: Le donne e gli uomini del Partito Democratico ……….rifiutano una gestione oligarchica o clientelare del potere, logiche di scambio o pressioni indebite.
Forse non è soltanto Cioni a dover rileggere quanto contenuto in questo articolo. Che i Garanti intervengano a chiarire qual è il profilo etico del partito, risolvendo la sensazione di spiazzamento che avvertiamo e che ci riporta indietro nel tempo, al peggior sottogoverno democristiano.”
Caro Paolo,
può anche darsi che sia un pò avanti con gli anni ma credo che soltanto attraverso una elaborazione continua, partecipata e anche sofferta ( perchè nessuno possiede la verità e tutti devono essere pronti a confrontarsi e a rivedere le loro tesi) si possano trovare le soluzioni migliori per affronatare i problemi del paese.
Soltanto così un partito può avere l’autorevolezza (non l’autorità che a parere mio è cosa diversa) per essere ascoltato,per proporsi come candidato a governare, per essere votato. .
Soltanto così potrà coagulare attorno a se la parte migliore della società.Nel caso del nostro partito chi pensa che sia compito di chi governa fare scelte che abbiano come obiettivo l’interesse generale e non quello di questo o di quelpartito di questo o di quel gruppo di potere.
Di chi pensa che la “questione morale” sia un valore primario e non una roba vecchia, una mania di Enrico Berlinguer. Di chi ritiene con per il nostro partito la parola sociale ha un significato preciso , che il lavoro è un bene primario e che con il lavoro si da dignità ad una persona. E allora se il partito rappresenta questo e altro ancora , se sa elaborare politica ha anche l’autorevolezza di proporre candidati. Iscritti o non iscritti al partito. Aperto alle autocandidature che sono, in questo contesto, una ricchezza non soltanto per il nostro partito ma per il paese
Se , al contrario, si pensa che con le primarie si possono risolvere i problemi, se ciò che avviene in molti comuni è il metodo per elaborare politica, per proporci per il governo delle città e che chi si autocandida pensa di posseder la verità e chuiede il sostegno del èpartito città, siamo, a parer mio, sulla strada sbagliata. Ma facendo così i candidati pensano verarmente di essere credibili? E noi con Loro Creano consenso? Ho forti dubbi che sia così. Ho sentito una piccola parte del confronto Renzi- Pistelli. Ho ritenuto opportuno cambiare canale. Voglio continuare credere nel PD . Caro Paolo se andiamo avanti così , e non mi pare ci siano ripensanmenti almeno per ora , non siamo neppure un cartello elettorale. Mi verrebbe da dire che siamo un disastro. Ma è meglio non essere così pessimisti. Il pessimismo è perdente . E noi vogliamo e dobbiamo impegnarci per vincere. oLo dobbiamo anche ,(o soprattutto?), a quelli che ci hanno votato.
Quello che succede in questi giorni in Toscana, ma in molte regioni e amministrazioni Pd si potrebbe sintetizzare con un concetto “oltre al danno la beffa”! La beffa di un presidente del consiglio che in odore di conflitto d’interesse, di disinvolto uso personale della politica può credibilmente permettersi di dare lezioni di moralità al PD, ai suoi uomini e alle sue donne.
E’ così?Siamo alla crisi morale di questo partito. Forse non in questi termini così drammatici , ma siamo all’apice di un percorso che si è costruito da tempo e nel tempo nei rispettivi partiti che il PD l’hanno pensato e realizzato.
Non c’è più da tempo nelle classi dirigenti della politica italiana il significato del senso di appartenenza ad un partito, che non significa obbedire ciecamente a delle disposizioni centralistiche ma significa riconoscersi in un modello e in idea sociale, significa condividere un obiettivo, che si porta avanti con un percoso politico. Sappiamo tutti che ormai i dirigenti dei parititi non sono più esempi da seguire per le generazioni che ci sono e per quelle che verranno. In passato ci sono stati uomini e donne che hanno fatto del loro agire polititico uno stile di vita sobrio e coerente,un modo di essere laici o cattolici libero da vincoli d’interesse personale, nforse non per questo sempre condivisibile nelle scelte ma degni di rispetto e attenzione.
Questo partito non ha bisogno di idee o di valori ha bisogno di persone che ci credano e che le coltivino per trasmetterle a chi verrà.
La Toscana è per tradizione storica, e non solo recente, uno dei luoghi dove l’etica e la morale sono sempre stati la barra di riferimento per solcare il mare agitato della politica.Abbiamo costruito un modello,un sistema che ci ha spesso salvato nei momenti difficili e adesso che forse rischiamo davvero di essere quel il buco nero tanto millantato , dobbiamo avere la forza di portare avanti un partito che sa riconoscere di aver sbagliato e che ha il coraggio anche di perdere ma che non rinuncia al proprio valore morale per salvare uno scontro elettorale su Firenze che potrà anche essere vittorioso ma che segnerebbe la fine di un partito che avuto l’illusione di credere di essere democratico.E’ per questo che la parte vera,la parte sana del PD ha il dovere di dire no, ha il dovere di non cedere e cominciare a pensare che un nuovo partito è possibile, un partito in cui possono convivere i sogni e i bisogni, un partito in cui le persone valgono soprattutto per ciò che sono, che le città,le province, le regioni che siamo chiamati ad amministrare sono quelle in cui viviamo,in cui vivono i nostri amici e dove vivranno i nostri figli, e allora dobbiamo rispettare quel territorio, la sua economia,la sua sfera sociale in un patto di reciproca responsabilità, di reciproco rispetto con la politica che quando diventa interesse personale o di partito non è più in sintonia con i bisogni di quel territorio. I bisogni rappresentano la realtà del nostro territorio i sogni sono il nostro futuro per pensare di poter amministrare di nuovo un paese che difenda la sua storia ma costruisca con onestà e coerenza il proprio futuro.
sandra
Sono un po` fuori tempo, ma mi inserisco anche io sul tema del Partito. Ecco, io non vorrei mai sentire i commenti che trovo su un forum messo su da un gruppo di scienziati molto qualificati sul piano internazionale, a proposito di quanto ha detto Cerami (ministro ombra) in un intervento rivolto alla Gelmini, che e` comparso su Repubblica e che qui riporto.
Basta con la demagogia. Non � vero che questo governo fa la lotta ai
baroni”, dichiara Vincenzo Cerami, ministro ombra dei Beni culturali, che
incalza: “La ministra Gelmini, piuttosto che premiare i docenti che
pubblicano in fantasmatiche case editrici il risultato delle loro
ricerche, dovrebbe dare consistente valore alla didattica, che ad oggi non
costituisce alcun punteggio nell’ambito della carriera universitaria”. E
aggiunge: “Gli studenti pagano l’onerosa retta per essere istruiti e non
per il curriculum di presunta scientificit� dei professori. Ella deve
sapere che nel quasi cento per cento dei casi si tratta di pubblicazioni
inutili, pretestuose e improvvisate a mero scopo carri eristico. Temiamo
che questo governo voglia dare l’impressione di cambiare molto senza, in
realt�, cambiare niente”.
tratto da
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/scuola_e_universita/servizi/universi
ta-2009/governo-battuto/governo-battuto.html
Bene i commenti dicono per esempio che “la dice lunga sull’idea che il PD ha dell’Universita` che il ministro ombra dica tali cose”
Oppure ” Gli esponenti del PD si dimostrano assolutamente incompetenti, che speranze abbiamo di cambiare?”
Allora bisognerebbe stare attenti a quello che si dice ed evitare sempre e comunque di parlare per luoghi comuni.
Fare il ministro ombra dovrebbe richiedere una certa professionalita` o no? Se di certe cose non siamo infornati e` meglio non intervenire, o no?
Scusate lo sfogo, e` un po’ desolante difendere il PD dagli attacchi (ahime’ motivati!) dei suoi elettori.