"Iniziative come quella dell’introduzione del “reato di clandestinità”, delle impronte digitali ai bimbi rom, delle restrizioni sulle norme che regolano lo status dei rifugiati e quindi il diritto di asilo, sono gravi e inaccettabili"
Guardo il blog al rientro da un fine settimana di riunioni a Torino: con l’ esecutivo regionale e i responsabili dei circoli del Pd abbiamo discusso della situazione e dell’iniziativa del partito; con gli amministratori piemontesi abbiamo fatto il punto sulla seria e preoccupante incertezza per l’attività degli Enti Locali prodotta dalle misure e dai propositi del Governo Berlusconi.
L’aria che tira non è delle migliori: smarrimento e malessere sono evidenti. Ma c’è voglia di discutere; non delle dinamiche interne che, anzi, seminano irritazione e sconcerto quando prendono le sembianze di un regolamento di conti o di un posizionamento di gruppo all’interno del partito; mentre invece si chiede di parlare dei problemi del Paese, del profilo e della visibilità della nostra opposizione e, soprattutto, dell’esigenza di caratterizzare di più la proposta culturale e programmatica, d’identità, del Pd. Quindi torno con un bagaglio fortemente appesantito più dal senso delle difficoltà che non da quello che deriva dalla nuova responsabilità. Tuttavia la mia impressione è che ci sono tutte le condizioni per ripartire.
I commenti che sono arrivati in questi giorni sui taccuini del blog fanno piacere come ogni occasione in cui è possibile confrontare idee e opinioni in modo costruttivo. Sulla vicenda di Rebeldia devo una risposta a Francesco e lo farò; mentre mi auguro che il dibattito si allarghi di più anche sul tema degli spazi giovanili e della convivenza con la città. Sandra e Henry hanno avviato una riflessione utile su aspetti diversi ma molto importanti.
Per ora mi soffermo su quello della sicurezza solo per dire che il problema c’è, esiste e pesa, perché evidenzia uno stato d’animo diffuso, fatto di paure e di insicurezze (e non è solo italiano), che viene interpretato e alimentato con efficacia dalla destra. La nostra risposta non può essere né quella di negare o ignorare il problema né quella di assecondare passivamente le domande che mette in moto. Ora abbiamo l’occasione di discutere delle politiche del Governo di destra dopo che l’Unione, a suo tempo, ha perso la sua. Le proposte del Ministro Maroni rappresentano un pericoloso salto di qualità nell’esasperazione del problema sicurezza e sulla tutela dei diritti. Iniziative come quella dell’introduzione del “reato di clandestinità”, delle impronte digitali ai bimbi rom, delle restrizioni sulle norme che regolano lo status dei rifugiati e quindi il diritto di asilo, sono gravi e inaccettabili e vanno contrastate decisamente. Poi ci sono anche le contraddizioni clamorose che rivelano la strumentalità e il propagandismo con cui viene messo al centro il tema della sicurezza, come nella scelta di far saltare i finanziamenti che il Governo Prodi aveva destinato al miglioramento e al potenziamento del sistema carcerario o alla nuova caserma della PS a Napoli, oppure con la negazione del riconoscimento degli sgravi fiscali sugli straordinari per gli agenti di PS e degli istituti di pena, fino all’inserimento della norma “salva processi”. Così che il decreto per la sicurezza dei cittadini è diventato, strada facendo, il decreto per la sicurezza di Berlusconi. Con buona pace di tanti operatori che anche nell’abito delle politiche per l’ordine pubblico chiedono più risorse e strumenti per agire in modo più efficace.
1 Commento
Riferendosi in modo esplicito allo scenario italiano R. Savona nel
1980 scrisse: “la non partecipazione dei cittadini ai problemi della
giustizia, che costituisce un dato storico nel nostro paese, è tra le
molte cose collegata all’ignoranza in materia di giustizia e di
diritto, attraverso la quale si accrescono le paure e le insicurezze,
che provocano atteggiamenti particolarmente severi e difensivi i quali
a loro volta prosperano nella non partecipazione dei cittadini ai
problemi della giustizia”. Ogni commento a quanto così chiaramente
dipinto da Savona non può quindi che prescindere, ammettere e
confermare il diffuso livello di ignoranza della nostra società. Una
ignoranza che definirei latente ma tuttavia genetica. Il sintomo di
una mancata presa di coscienza civica e morale con ricadute
preoccupanti sulla visione pubblica del crimine e della lotta
all’illegalità. Questa inconsapevolezza può essere molto dannosa allo
sviluppo della nostra democrazia e palesemente non in linea con gli
altri paesi europei. Il pericolo imminente è puramente politico,
ovvero possibili e potenziali scelte politiche in contrasto con i
diritti ad oggi acquisiti. Sempre Savona definì l’orientamento della
maggioranza degli italiani: conservatore e difensivo (evidente nei
risultati della recente tornata elettorale). Approcci anti-storici
possono prestare il fianco a facili manipolazioni, in quanto il
prevalere di un’immagine dell’opinione pubblica conservatrice in
materia d’illegalità può essere utile a fornire valida copertura per
le scelte politiche di ordine pubblico. L’elemento determinante
nell’introduzione di forme di prevenzione è, in questo caso, la
punizione ed il suo inasprimento, ovvero la ricerca asfissiante del
modello deterrente. Ricordo come la scelta tra i diversi modelli di
prevenzione possa dipendere da molti fattori: politico, ideologico,
economico e sociale. In un contesto così espanso la strategia
preventiva all’illegalità può comprendere ogni tipo di azione sociale
in qualche modo collegata alla possibilità di una diminuzione del
fenomeno criminale. A mio modesto avviso la riduzione del tasso di
criminalità può essere raggiunta solo con una partecipazione della
comunità territoriale. Il pericolo di un crimine è un rischio per
l’intera comunità. Credo che in futuro sarà necessario porre molta
attenzione ad aspetti come le origini, la natura e l’impatto di un
crimine, ricercando la sua radice reale nel territorio; guardando in
maniera realistica alle circostanze di entrambi vittima e criminale,
in modo da proteggere le potenziali vittime e non produrre criminali.
Proviamo ad analizzare la scontentezza ed i bisogni della comunità
senza strumentalizzarli, capendo la razionalità che c’è nella paura.
Ricerchiamo le cause dei conflitti strutturali della nostra società
non abbandonando i valori della coesione e della solidarietà. È quanto
mai evidente che un percorso lombrosiano alla ricerca del modello
stereotipato di evoluzione della specie criminale non è percorribile,
in una democrazia avanzata: se tutti i rom sono criminali, allora è
anche vero che tutte le donne sono potenziali criminali, così come
tutti i pelati (escluso i presidenti del consiglio) ……. Alla fine
rimarrebbero in “libertà” pochi individui e quasi certamente non il
sottoscritto. Riflettiamoci.