Nei giorni scorsi non ho trovato il tempo per concentrarmi sul sito. E’ stata una settimana impegnativa anche nelle votazioni in aula. Alla Camera è arrivato il decreto sui rifiuti in Campania nel quale il Governo ha inserito alcune norme più che discutibili dal punto di vista del corretto funzionamento della giustizia e della Pubblica Amministrazione. Il Pd e l’IdV si stanno battendo per far passare alcuni emendamenti correttivi e in due casi, con il concorso del voto dei leghisti, si è riusciti a mettere sotto la maggioranza (che nei numeri è molto ampia). Ciò ha creato non poche fibrillazioni nel Governo e ha comunque segnalato la possibilità di una battaglia di opposizione in Parlamento non inutile. Tuttavia è fondamentale ciò che si riuscirà a fare nel Paese, soprattutto sui temi che toccano più direttamente i cittadini come l’economia, il potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni, le riforme che riguardano il futuro delle giovani generazioni. Su questo punto, ovvero quale sia il profilo politico e programmatico dell’opposizione per i prossimi mesi, si è parlato nella relazione di Veltroni all’Assemblea costituente del Pd, insieme ad una doverosa analisi sulla sconfitta elettorale. La mia impressione è che il progetto del Pd stia vivendo una fase difficile. Qualcuno dice che è normale una fase di sbandamento dopo un voto così pesante come quello delle elezioni politiche e poi quelle di Roma e della Sicilia. Però non si può sfuggire al fatto che siamo in un momento critico. E’ utile discuterne, seriamente e senza facili battute.
3 Commenti
Ho una paura razionale che stiamo naufragando sulle scelte per le politiche di sicurezza, viziati da una trappola culturale di matrice conservatore ed anche forse, post-fascista. Le difficoltà del riformismo italiano in materia di sicurezza sono caratterizzate dalla mancanza di un manifesto e dalla perdita di credibilità nella comunicazione. Al contrario, la destra dimostra di saper gestire con “autorevolezza” tali dinamiche. Il confronto sulla sicurezza tra destra e sinistra è quindi, ad oggi, spostato chiaramente a vantaggio dei primi. Il riformismo, pur con le lacune sopra accennate, deve scegliere una nuova strategia, evitare semplici soluzioni di mediazione con la destra e rilanciare in termini etici e dinamici la sua sfida, a partire dal territorio.
La ricerca per un futuro in cui ciascuna comunità avrà proprie politiche di prevenzione al crimine è una attività su cui credo che dovremo investire, sia con risorse economiche che umane, senza perdere altro tempo. Per poterlo fare con intelligenza è necessario sostituire i facili slogans della politica con una maggiore partecipazione dei cittadini nella lotta al crimine, accreditando politiche di supporto alle vittime, introducendo prassi sostenibili per il re-inserimento sociale ed economico dei deviati. Nuove strategie di prevenzione che nascano e ricadano nel territorio, nel quartiere, nel condominio. Finalizzate a ricostruire i rapporti sociali, rinforzare la solidarietà e la cooperazione tra i cittadini nel nome di un bene comune, la legalità. L’attuale congiuntura politico-sociale, in Italia, è indubbiamente un elemento critico. A causa di questa evidente deficienza il problema della sicurezza rischia di fomentare l’istinto irrazionale, la tendenza diffusa a percepire la paura apparente e quindi unicamente ricercare il bisogno apparente. La sicurezza purtroppo è concretezza, tanto che si parli di sicurezza stradale come di terrorismo. A riguardo vanno osteggiate politiche di prevenzione disegnate attraverso scelte focalizzate sull’esclusione, proponiamo un nuovo approccio costruito su impulsi “collettivisti” (democratici e partecipativi), ed un totale coinvolgimento della comunità: moderna, integrata, responsabile, solidale nella difesa della legalità. Un sistema nuovo di convivenza, dove la paura apparente non rappresenti un ostacolo, dove il vero escluso sia il qualunquismo e dove la soluzione è anche morale.
Il peso della sconfitta elettorale ci è caduto come un macigno dal quale non riusciamo più a liberarci. Le spinte individualistiche e le ambizioni personali hanno prevalso così sull’interesse collettivo, la costruzione di un nuovo partito e non il semplicisto assemblaggio di due esperienze ( o poteri?). Credo manchi in questo momento un’idea valoriale di partito, un partito capace di tracciare delle politiche su quelli che sono i temi su cui si gioca il futuro di questo paese,temi sociali ed economici. Sono d’accordo con Henry che il tema specifico della sicurezza ci ha creato grossi problemi perché siamo stati all’inseguimento delle idee della destra senza argomentare un nostro concetto, che condivido, deve passare soprattutto attraverso l’affermazione della legalità. Il nostro partito avrebbe bisogno di individuare quale tipo di società abbiamo in testa per il prossimo futuro, che tipo di paese vogliamo lasciare ai nostri figli e la costruzione delle regole e dei modi per farlo comincia da oggi ( anche se dovremo dire da ieri). Ci manca ancora una chiara e comune visione economica e sociale del paese, dobbiamo tracciare un quadro di riferimento dal quale,oggi più di ieri, non possiamo lasciarci scostare o distrarre alla ricerca di facili successi o vacui slogans.La partecipazione si ottiene e si conquista con la credibilità di politiche coerenti e continuative. La continuità è un elemento fondamentale nella costruzione di un partito nuovo, continuità di idee, di valori, di persone, di progetti. Il coraggio di fare scelte difficili che producano risultati anche immediati e soprattutto visibili e quantidficabili. Più concretezza è ciò di cui abbiamo bisogno, in questo partito si discute troppo dei concetti astratti,delle forme, ma il nostro è un paese allo sbando su questioni concrete. A breve dovremo fare i conti con l’eliminazione dell’ici e la mancata ridistribuzione del governo delle entrate che da quella tassa derivavano. Sarà sufficiente dire ai cittadini di chi è la responsabilità per essere a posto con il nostro ruolo politico o dobbiamo essere in grado di tamponare ma nello stesso tempo dimostrare in modo chiaro ed evidente dei risultati di quella scelta e dei sacrifici fatti perché per quella scelta, le sue conseguenze non ricadano in maniera uguale per tutti ? Condivido l’idea di una comunicazione non solo non credibile ma spesso inesistente, spesso anche chi è dentro gli organismi del partito ignora atti fondamentale e scelte della politica figurati il resto dei cittadini. Molte famiglie italiane “lottano “ ogni giorno per poter condurre una vita dignitosa, sempre più persone,italiani pensionati e lavoratori, persone normali, frequentano le mense della caritas mentre un’altra parte frequenta gli hotel a 5 stelle e le mete di vacanza esclusive.Non possiamo più restare indifferenti a questa forbice che si allarga sempre più creando spaccature sociali preoccupanti e alla lunga sempre più difficili da sanare ma abbiamo bisogno di consolidare un partito che lavori e cominci a dire basta ad un modello sociale che non unisce il paese ma lo divide e lo fraziona in piccoli poderi da difendere che “guerreggiano” fra loro, in una guerra in realtà fra poveri, a vantaggio di un sistema politico che diventa sempre più ricco e può così attuare il “dividi et impera” attuando scelte “ad personam” sempre più nell’indifferenza totale perché in fondo ognuno spera che qualcosa tocchi a lui piuttosto che al podere del vicino.
Sandra
una piccola intromissione che in maniera indiretta riguarda questo dibattito, mi lancio in qualche considerazione sull’articolo apparso giovedì sul Riformista a cura di Spinola e dal titolo “Le primarie di Kadima aspettando il PD d’Israele”.
Chi cerca in Kadima un modello per il “nostro” PD sbaglia, l’errore non è formale ma strutturale. Il refuso nasce da un’interpretazione politica dell’onorevole Rutelli, ormai datata e viziata da un forzato parallelismo tra l’allora neo formazione politica israeliana e l’esperienza italiana dell’Unione. La sintesi di Rutelli poneva l’accento sulla congiuntura trasversale alla base della creazione di Kadima, ovvero la fusione a freddo tra una minoritaria fronda del partito laburista, la corrente di Shimon Peres, e quella maggioritaria nel Likud, guidata da Sharon. Come ho avuto più volte modo di sottolineare, Kadima non nasce in un ottica di programma condiviso ma in relazione ad un evento, il ritiro militare da Gaza ed il relativo smantellamento dei settlements. La formazione di Kadima presenta i connotati di un operazione puramente demagogica, funzionale all’opinione pubblica interna d’Israele, al fine di mantenere continuità con il processo/progetto del disimpegno, in parte, dai Territori Palestinesi Occupati. Questo potrebbe bastare a smarcare il PD da Kadima, tuttavia riconosco una simbiotica vicinanza tra Kadima e la Margherita, se non altro per un evidente scivolamento a “sinistra” di ambo le formazioni. Un distinguo, anche in questo caso, è d’obbligo, la catarsi della Margherita ha prodotto una classe politica dichiaratamente progressista in grado di valorizzare le proprie radici cristiane, al contrario la leadership di Kadima non ha sviluppato una propria appartenenza in termine di valori storico-religiosi o culturali. In conclusione, se cerchiamo, a tutti i costi, una rispondenza con lo scenario attuale israeliano noto una certa similitudine tra l’attuale coalizione del governo Olmert e quella dell’ultimo governo Prodi, caratterizzata da caos, debolezza e frammentazione. In effetti, una caduta di Olmert, prevista (non profetizzata) entro il prossimo autunno potrebbe innescare un nuovo progetto politico, ahimé non è detto che questo si sviluppi in senso democratico e riformista. A scanso di equivoci, e per non apparire troppo pessimista, manifesto la mia propensione e simpatia verso l’avoda ed il suo leader Barak; ammetto che non sono mai stato affascinato (e tanto meno folgorato) da Olmert e temo non lo sarò in futuro, anzi all’ex sindaco di Gerusalemme ho sempre preferito l’attuale ministra degli esteri Livni. Chiarita la mia personale visione e abnegazione politica in Israele, vorrei “strumentalizzare” l’articolo del riformista per fini interni al PD. In effetti se Spinola aspetta il PD d’Israele, noi nell’attesa possiamo riflettere su qualche nostro problema esistenziale: se ci fosse proposto un ticket barak-franceschini oppure livni-veltroni; e se poi anche i palestinesi volessero seguire il nostro esempio e fondare il loro PD dei Territori Palestinesi….. ma anche una premonizione, quasi cabalistica, non è che invece di esportare il PD in Medio Oriente si ritrovano i cloni del cavaliere…… in questa fase evitiamo con cautela di lanciarci in voli pindarici di geopolitica ed aspettiamo e collaboriamo per l’evoluzione del ns PD.