Confesso che per quanto mi riguarda trovo profondamente sconfortante il confronto politico del tempo attuale. Non tanto, o non solo, per la qualità protagonisti e per i contenuti semplificatori e strumentali che dominano la scena, quanto per la superficialità del sistema mediatico, e anche del dibattito che prevale nell’opinione pubblica, del tutto subalterni alla propaganda imperante degli attuali governanti. Ciò a livello nazionale così come a livello locale. Alcuni amici mi hanno sollecitato a intervenire sulle vicende locali, soprattutto in relazione alle dichiarazioni indecenti di esponenti della Lega, ma al primo impatto trovo avvilente persino prenderli in considerazione. Certamente sbaglio, ma questa è la sensazione. Tuttavia non sottovaluto le preoccupazioni per la situazione attuale, anzi le rilancio invitando a leggere l’articolo di Manlio Graziano sulla “Lettura” del Corriere di questa settimana. Ci parla del “nuovo diciannovismo” a cento anni da quello che nel 1919 aprì, allora, la strada al fascismo. “La storia non si ripete ma talvolta fa la rima a se stessa”, dice e argomenta l’articolo di Graziano. E quando leggiamo che da alcuni sondaggi di questi giorni emerge la disponibilità degli italiani a rinunciare alla democrazia pur di avere più sicurezza, si capisce che le ipotesi di derive neoautoritarie non sono del tutto fantasiose. In fondo il fascismo con il mito del capo l’abbiamo inventato noi. C’è anche chi obietta e sostiene che di fascismo non dobbiamo parlare perché tutto è diverso e il problema è la rottura e il distacco fra le élite e il popolo. Anche in questo c’è un po’ di verità, ma come ha scritto su Repubblica Mariana Mazzucato il punto è capire quali sono e dove sono le élite che davvero, oggi, nel tempo della rete, sono in grado di manipolare la collettività, proprio per riaprire lo spazio di una battaglia per la cittadinanza come elemento essenziale della partecipazione attiva alle scelte che riguardano la vita di tutti.
Comunque di fronte a questa situazione confusa e gravida di rischi rimane evidente lo stato di crisi e di assenza della sinistra. Non entro ora nella discussione sul congresso del PD, anche se mi pare ancora debole la riflessione critica sulle politiche seguite nell’ultimo decennio, ma mi limito a rilevare che anche nei tentativi degli ultimi mesi, volti a ricostruire una proposta e un soggetto politico di sinistra, si evidenzia un approccio debole e velleitario. Liberi e Uguali non è decollata sul piano elettorale e poi non si è nemmeno provato seriamente a farla decollare nel rapporto con il territorio e i militanti e gli elettori – più di un milione – che avevano scommesso su questo progetto. Ora siamo alla frammentazione e non è un bene. Tuttavia dobbiamo provare a non disperdere le energie. A Pisa, venerdì prossimo, ne discuteremo sia in una iniziativa tematica sulla riduzione dell’orario di lavoro e poi nel l’assemblea di ArticoloUNO.
Resto sempre convinto che discutere non fa male.
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