Proseguendo in questa piccola cronaca di politica pisana, ricordata da un punto di osservazione specifico, come quello di segretario della Federazione del PCI, che ricoprivo allora, si arriva al 1991. I fatti più rilevanti di quell’anno furono la prima guerra in Iraq, il disastro e la strage del Moby Prince, l’avvento dell’era di Internet, il golpe in URSS contro Gorbaciov, lo scudetto alla Sampdoria, e ovviamente il congresso di Rimini che trasformò il PCI in PDS. Congresso convocato dal 29 gennaio al 2 febbraio a conclusione di una nuova consultazione della base che prevedeva la votazione sul nome e sul simbolo oltre che sulle tre mozioni politiche che avevano come primi firmatari Achille Occhetto, Gavino Angius e Antonio Bassolino. Arrivammo a quell’appuntamento in un clima di forte preoccupazione perché una parte di coloro che non avevano accettato il cambiamento proposto da Occhetto aveva già preso un’altra strada, quella della scissione, e anche un’altra parte, critica sulla svolta, ipotizzava nuove rotture.
Ma nei congressi di sezione il confronto, pur nella vivacità e nell’asprezza della discussione, mise al centro il tema dell’unità e permise una sostanziale tenuta dell’organizzazione. Nella nostra realtà provinciale i partecipanti-votanti furono 5.752, dei quali 3.606 (64,24%) a favore del cambiamento del nome e simbolo e 2.007 (35,76%) contrari. Più o meno uguali le proporzioni del voto sulle mozioni: Occhetto 62.80%, Angius 34.98% e Bassolino 2.22%. Un risultato che si inseriva nel percorso congressuale nazionale che confermò il consenso maggioritario alla svolta proposta da Occhetto. Quindi l’esito del congresso di Rimini era scritto dal pronunciamento degli iscritti nei confronti sul territorio e significava la conclusione di una lunga fase di discussione con la chiusura della stagione del PCI e la nascita di un nuovo soggetto politico, il Partito Democratico di Sinistra, scontando la separazione di una minoranza guidata da Cossutta e Garavini. Tuttavia il dibattito che si svolse a Rimini fu vivace e impegnativo perché si cominciò a ragionare sul dopo, sui compiti della sinistra e, soprattutto, della guerra in Iraq; con le immagini dei bombardamenti in diretta tv, con le teorizzazioni sulla “guerra giusta” e sulla “esportazione della democrazia”, irrompeva nell’attenzione e nelle paure dell’opinione pubblica un tema che si pensava improponibile.
Anche allora la decisione di dare fiato e priorità alle armi fu motivata con l’obbiettivo di difendere i valori dell’Occidente, ma poi la realtà ha dimostrato il lato pretestuoso e ingannevole di quei propositi. Comunque da Rimini il PDS uscì con il primo impegno, che era proprio quello della battaglia per il cessate il fuoco e l’avvio di un negoziato per la pace. Sul piano locale il primo appuntamento del PDS pisano era previsto per il 17 febbraio con la seconda sessione del congresso provinciale che aveva il compito di eleggere i nuovi organismi dirigenti. La relazione di quella assise conteneva in grande parte un ragionamento sui problemi organizzativi e sugli impegni da portare avanti per salvaguardare e rafforzare l’insediamento politico nel territorio. Tra i temi vi fu anche quello dei rapporti con le altre forze politiche e con il PSI in particolare. Mentre nella maggioranza dei comuni della provincia restava in piedi l’alleanza di sinistra nelle realtà dove il PSI poteva scegliere un accordo con la DC lo perseguiva. Ciò era la conseguenza del pentapartito a livello nazionale e anche della situazione conflittuale fra il PSI e il PCI, che veniva automaticamente ereditata dal PDS. Anche in quella occasione fu ribadito il proposito di lavorare per un processo di rinnovamento delle alleanze di sinistra, sia sul piano programmatico che su quello dell’apertura verso “forze progressiste che si esprimono nell’area ambientalista, nell’area laico-democratica e nell’area cattolica”. Come esempio di questa possibile novità fu richiamata l’intesa programmatica che aveva portato al decollo del Parco Migliarino/S.Rossore sottoscritta da tutte le forze politiche, verdi compresi. Il congresso si concluse con l’elezione di un Comitato Federale di 140 membri di cui 53 donne. I rapporti fra le diverse aree raccolte intorno alle mozioni erano quelli definiti dal voto nei congressi di sezione, ma sulla base di un forte spirito di collaborazione unitaria.
Con l’arrivo della primavera si presentò anche la campagna per il referendum sulla preferenza unica indetto per il 9 giugno, destinato a incidere profondamente nella situazione politica italiana a partire dalla seconda parte del 1991. Ne parleremo nella prossima puntata. Intanto e’ giusto ricordare che fin dai primi mesi di quell’anno nelle sale dei cinema si potevano apprezzare film come “Mediterraneo”, “Il silenzio degli innocenti” e “Thelma e Luise”.
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