Sul piano politico la seconda parte del 1991 inizia con il grande successo del referendum sull’abolizione delle preferenze plurime previste dal sistema elettorale con voto proporzionale. A quel sistema venivano associate pratiche che inquinavano la trasparenza politica e favorivano il formarsi di raggruppamenti opachi e clientelari, condizionando il reale potere di scelta degli elettori. Per questo veniva proposta la preferenza unica. Nella realtà della politica quotidiana, descritta dai grandi mezzi di comunicazione, si giudicava “irrilevante” il problema e molti prevedevano una scarsa partecipazione al referendum. Solo il PSI e la Lega Nord si pronunciarono apertamente contro, con l’invito a “andare al mare”. Mentre il PDS decise di sostenere il SI al quesito referendario.
Il voto fu una sorpresa: più di 27 milioni di elettori andarono ai seggi e si pronunciarono per il SI al 95%. Era evidente che il Paese manifestava una certa insofferenza verso un sistema politico bloccato, caratterizzato da un’eccessiva occupazione del potere da parte dei partiti, e chiedeva un cambiamento. Di questo discutemmo anche nella Federazione pisana del Pds, come a livello nazionale, ma una risposta politica forte a quella domanda non ci fu e il tema si ripropose con ben altra veste quasi un anno dopo con tangentopoli e “mani pulite”. Poi, quella stagione, ha dato vita a sbocchi diversificati, ambigui e contraddittori, che alla fine hanno portato alla distruzione della credibilità della politica e dei partiti. Faccio oggi queste considerazioni perché penso siano utili a riflettere sul passato ma anche sul presente.
Comunque tornando alla nostra piccola cronaca, basata sui ricordi locali, in quel secondo semestre del 1991 esplose la questione del progetto di trasferimento di una parte della produzione della Piaggio al Sud, in Campania, per usufruire di agevolazioni e cospicui finanziamenti da parte dello Stato. Di fronte all’allarme suonato dai sindacati e dal Comune di Pontedera, che ricordavano come gli occupati alla Piaggio fossero passato nel giro di pochi anni da 12 mila a 6 mila, la Direzione dell’Azienda ci mise delle settimane prima di ammettere che effettivamente c’era il disegno di trasferire alcune attività a Nusco, il paese di De Mita, con la scusa che da noi mancavano infrastrutture e aiuti finanziari.
Ovviamente di fronte a questa notizia scattò la mobilitazione, non solo sindacale con gli scioperi e i cortei ma anche a livello politico e istituzionale. Era evidente l’imbarazzo dei partiti di governo che sul territorio condividevano preoccupazioni e iniziative e a Roma trattavano con la Piaggio. Nel mese di novembre la mobilitazione raggiunse il culmine con lo sciopero generale e il discorso di Occhetto davanti ai cancelli della fabbrica. Ma per arrivare ad una soluzione positiva, ossia alla rinuncia della Piaggio al trasferimento, furono necessari altri mesi di battaglia e di iniziative sia locali che di pressione sui livelli nazionali, che si svilupparono per tutto il 1992.
Sul versante della politica pisana i problemi che furono maggiormente oggetto di discussione riguardarono, anche allora, gli aeroporti toscani e il tema dei posti barca nella golena d’Arno connesso alla prospettiva del porto. Su entrambe le questioni si delineò un posizionamento a dir poco contraddittorio dei partiti che stavano in maggioranze diverse fra il livello comunale e quello regionale e nazionale. La DC era in Giunta a Pisa, al Governo a Roma e all’opposizione in Consiglio Regionale. Il PSI aveva il Sindaco a Pisa sostenuto da una maggioranza di pentapartito, era nel Governo nazionale e stava nella Giunta regionale di sinistra con Granchi vice-presidente e assessore all’urbanistica. Mentre il PDS aveva la guida della Regione ma stava all’opposizione sia a Pisa che a Roma. Tutto ciò portò in evidenza soprattutto una polemica tra la DC e il PSI di Granchi, che confermò una situazione di debolezza e di fragilità della maggioranza di pentapartito al Comune di Pisa.
In tale contesto come PDS provammo a mettere in discussione l’assetto politico in Consiglio Comunale proponendo al PSI di ragionare su una idea di ribaltamento delle maggioranze di pentapartito e di ampliamento delle alleanze di sinistra. Ma con scarsi risultati perché permanevano interamente le diffidenze e le lacerazioni dei mesi passati. Nel dicembre di quel 1991 la politica cominciava a pensare alla fine della legislatura e alla scadenza ormai vicina delle elezioni politiche.
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