Proseguendo in questa piccola e parziale cronaca della politica pisana ho riletto la relazione e i documenti del congresso provinciale del PDS del febbraio 1993. Un congresso che si svolgeva sulla base di un documento regionale e che assumeva come centrale la riflessione sulla Toscana. Il tema principale del confronto era indicato dal titolo del documento: “All’altezza del nuovo”. Indicava l’esigenza per il partito più forte della regione, che governava gran parte dei comuni e delle province, di fare i conti con i cambiamenti in atto, sia sul piano sociale e economico che su quello politico.
Il sommovimento che aveva scatenato “tangentopoli” aveva toccato anche il PDS e nessun partito era al riparo dall’onda antipartitica e antipolitica che aveva preso campo. “Sono tutti ladri uguali” era il commento più comune nell’opinione pubblica. In Toscana c’era stato negli ultimi mesi del 1992 il caso dell’arresto di Marco Marcucci, Presidente della Giunta Regionale, per il presunto scandalo di corruzione legato alla realizzazione della diga di Bilancino. Una vicenda clamorosa che si concluse sette anni dopo con la piena assoluzione (il fatto non sussiste). Una vicenda sulla quale nessuno nel PDS, fin dall’inizio, ebbe dubbi e grande fu la solidarietà verso Marcucci. Ma all’epoca la scossa fu forte, soprattutto fra chi si nutriva solo dell’informazione mediatica.
Questo “clima” diffuso nel Paese spinse il PDS a rilanciare il ruolo del partito attraverso un processo di rinnovamento, a partire dai contenuti e dai caratteri del governo locale. Fondamentale l’attenzione verso la sostenibilità ambientale dello sviluppo e l’estensione e la qualità dei servizi pubblici; capire e agevolare le innovazioni tecnologiche, sviluppare ricerca e formazione; potenziamento delle regole di trasparenza e moralità delle amministrazioni. Non fu una discussione facile perché molti esponenti e militanti del partito che da anni svolgevano funzioni amministrative percepivano questa spinta al rinnovamento come una critica o una riserva sul lavoro che svolgevano o avevano svolto. Ciò in un contesto che all’interno del partito risentiva ancora del travaglio che aveva accompagnato la scelta del superamento del PCI.
Mentre nel dibattito politico che stava al centro dell’attenzione nell’area democratica e progressista, che aveva come primo riferimento le posizioni del quotidiano La Repubblica, si alimentava una linea che tendeva a contrapporre ai partiti la società civile, vista quest’ultima come portatrice sana di un auspicato cambiamento. In parte c’era del vero, e rappresentava uno sfogo all’indignazione sollevata dagli scandali e dalla corruzione scoperti con “tangentopoli”. Anche nella discussione della sinistra pisana emersero posizioni di questo tipo, spesso senza capire che certe semplificazioni alla fine portavano alla rottura del rapporto di fiducia e di dialogo tra i cittadini , la politica e le istituzioni. In molti pensarono che un rifiuto totale dei partiti avrebbe fatto bene al Paese.
Il congresso del PDS pisano, in quel clima politico, fu un passaggio importante, che permise di tenere aperto un terreno di azione e di iniziativa politica sull’obbiettivo di un rafforzamento della presenza sul territorio, anche in considerazione delle novità connesse alla evoluzione in senso maggioritario delle norme e dei meccanismi elettorali. In particolare su due temi ci fu maggiore attenzione: la questione dell’Area vasta della costa, individuata come nuovo riferimento possibile per la programmazione e per il riequilibrio delle politiche regionali, e la questione della costruzione di una proposta e di una alleanza in grado di riportare la sinistra al governo della città capoluogo della provincia. Su entrambi i temi vi era un confronto in primo luogo con il PSI, che vedeva una convergenza sul primo e uno scontro sul secondo. In realtà, al di là della vicenda del comune di Pisa il passaggio al sistema maggioritario toglieva gran parte dello spazio di manovra che aveva il PSI, che con il sistema proporzionale poteva giostrare sulle alleanze in più direzioni.
Tuttavia dal congresso uscì un invito a tutte le forze progressiste, dai socialisti ai Verdi, da Rifondazione a nuove realtà come La Rete, a dare vita ad un tavolo di impegno comune con l’obbiettivo di mettere in campo una nuova proposta per i governi locali. Una linea che la Federazione del PDS rilanciò anche a giugno in una assemblea con Alfredo Reichlin, organizzata per favorire una discussione nel gruppo dirigente sulla politica e sullo stato del partito, dopo la scelta di Pietro Ingrao di lasciare il partito avvenuta a metà maggio, e dopo la nascita del Governo Ciampi e le accuse a Craxi con la richiesta a procedere indirizzata al Parlamento da parte della magistratura di Milano.
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