Ieri sera dibattito a Pegognaga (Mantova) sui partiti organizzato da SinistraDem. Il titolo era pensato in chiave provocatoria (“I partiti sono da rottamare?”) ma intendeva sollecitare una discussione sulle proposte legge per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione. Per questo ero stato invitato. In realtà il dibattito è stato assai vivace, arricchito anche dalla testimonianza di una lista civica che ha contribuito con successo alla elezione del nuovo sindaco a Mantova. Ma la constatazione più diffusa è quella che nella sostanza i partiti sono già rottamati, almeno nel senso con cui li abbiamo conosciuti fino a pochi anni fa. E per una parte, che viene soprattutto da sinistra, anche nel PD risulta difficile individuare oggi le condizioni per un rilancio della politica intesa come partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, sia sul piano locale che nazionale. Devo dire che anche da noi, nel territorio pisano, ho incontrato molti compagni che non credono più nella possibilità di un impegno costruttivo nel partito, e temo che ciò possa portare ad allargare le fila dell'astensionismo. Per questo motivo mi sembra miope la linea del gruppo dirigente nazionale del PD che non vede o fa finta di non vedere le manifestazioni di questo malessere, e pensa di risolvere tutto con il rilancio mediatico. L'Unità che titola la relazione del segretario Matteo Renzi in Direzione con un "Ci giochiamo tutto in cinque mesi" non fa che indicare una evoluzione tutta verticistica, quasi pokeristica, della battaglia politica. Tutto questo in contesto che vede tutt'ora crescere la diffidenza e la sfiducia verso la politica, nonostante l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e le riforme annunciate come la panacea semplificatrice del rapporto fra le istituzioni e i cittadini. Ecco che allora, come abbiamo altre volte sottolineato, il tema dell'articolo 49 può essere un passaggio importante per cercare di invertire la tendenza della sfiducia verso i partiti. E nelle ultime settimane sono stati fatti dei passi avanti significativi. Il relatore Matteo Richetti, sulla base delle posizioni emerse in prima commissione e anche nel gruppo del PD, ha formulato una proposta di testo unificato partendo dai progetti di legge presentati. Cioè dal 3004 (Fontanelli, Cuperlo e molti altri) e abbinati. Questo nuovo testo ha eliminato alcuni punti sui quali si registrava una forte contrapposizione politica, soprattutto con il M5S, in particolare sul riconoscimento della personalità giuridica e sul registro dei partiti, e ha rinviato ad altro provvedimento il tema della eventuale regolamentazione per legge delle primarie. Ma nella sostanza ha assunto la questione e l'obiettivo indicati nella mia proposta di legge, ovvero l'esigenza di mettere la trasparenza al centro di un processo di rigenerazione del sistema politico e di rinnovamento dei partiti. Non come un proposito generico, ma attraverso una serie di norme che impegnano rigorosamente le forze politiche a rendere evidente e visibile il "metodo democratico" del loro funzionamento. L'idea non è tanto quella di pensare in prima istanza alle esigenze dei partiti, ma semmai di dare strumenti ai cittadini per verificarne e giudicarne il comportamento non solo nelle scadenze elettorali e di incoraggiare, anche per questa via, la partecipazione.
Entro questa settimana saranno depositati gli emendamenti in commissione e inizierà il confronto. Il calendario della Camera prevede che il provvedimento arrivi in Aula il 23 di questo mese. Speriamo che la discussione e l'impatto sul l'opinione pubblica siano positivi e soprattutto utili al fine di recuperare almeno un filo di credibilità verso un sistema politico che ne ha tanto bisogno. O meglio, ne ha bisogno il Paese perché il bilanciamento dei poteri nelle istituzioni funziona se il sistema politico ha almeno un minimo di prestigio.
Per quanto riguarda il Pd mi sarei aspettato qualche ragionamento sullo stato delle cose, soprattutto dopo che Renzi in tv, da Fazio, ha detto che esiste una questione morale anche nel nostro partito. Come, dove, chi, perché? Tutte domande che seguono "naturalmente" quella affermazione. Però le risposte non ci sono state. Solo due comunicazioni che sanno molto di giustificativo in anticipo. Quella sulla segreteria che non viene riunita perché si pensa ad una ristrutturazione (non è convocata dal luglio scorso) e l'altra sulla volontà di anticipare la scadenza congressuale. Quest'ultima cosa motivata, forse, dall'idea di prevenire una possibile richiesta della minoranza nel caso di un esito non soddisfacente nelle elezioni amministrative.
Concludo invitando a leggere l'analisi di Domenico Cerabona sul recente voto in Gran Bretagna e a Londra. Un quadro certamente più esauriente delle frettolose valutazioni che abbiamo letto sui giornali, fatto da chi con le vicende politiche inglesi ha una certa frequentazione. Sua è la prefazione e la cura del libro di Jeremy Corbyn, "La rivoluzione gentile", edito da Castelvecchi.
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