"Vincere da vecchi è indimenticabile". Con questa frase Claudio Ranieri ha commentato la vittoria della Premier League della squadra da lui allenata, il Leicester. La rappresentativa di una piccola città ha conquistato il titolo di campione d'Inghilterra. Una favola, hanno scritto in molti. Una grande impresa sportiva impostata e guidata da un allenatore "rottamato" in Italia. Avviene nel calcio, ogni tanto, che una squadra di provincia, priva di grandi e costosi talenti, riesca a vincere competizioni così difficili superando avversari ben più quotati. In questi casi risulta sempre centrale e decisiva la capacità del tecnico, dell'allenatore, di costruire una squadra unita e coesa, che sa capire e valorizzare le differenti qualità dei sui componenti. Ecco perché oggi il tributo a Claudio Ranieri è giusto e dovuto.
Una bella storia che arriva mentre in Italia siamo alle prese con vicende che impegnano il mondo politico in modo serio e con un alto tasso di difficoltà, che purtroppo vengono trattate con una semplificazione eccessiva, spesso esposta alla demagogia e alla propaganda. Di oggi è la notizia dell'arresto del Sindaco di Lodi, così come l'avvio anticipato della campagna per il “sì” alla riforma costituzionale e anche la conferma europea di una situazione economica che vede a fatica la ripresa più volte annunciata. Mentre non mancano, ovviamente, le polemiche connesse alle prossime elezioni comunali a Roma, Napoli, Milano e via dicendo. Del resto siamo alla vigilia della presentazione delle liste a sostegno dei candidati sindaci. Tutti questi elementi concorrono a rendere molto incerta lo scenario politico del nostro Paese. Avremmo bisogno, forse, di una analisi più approfondita e di soggetti politici in grado di fare una sintesi. In primo luogo mi riferisco al PD, al nostro partito, ma allo stato risulta difficile individuare sedi e organismi che si fanno carico di organizzare una discussione che coinvolga l'insieme del partito. Si fa appello alla mobilitazione ma si dimentica che su una riforma di grande portata come quella costituzionale non si è promossa nessuna campagna di informazione e di discussione nei nostri circoli. Però, quando si solleva questo problema, si annuncia prontamente che è in preparazione un documento sul partito, come se le forme organizzative, pur necessarie, sostituiscano l'esigenza di discutere sulle scelte politiche, sulla linea avremmo detto una volta. Ma temo che ciò non sia casuale, prodotto dalle scadenze che premono. C'è nel partito chi teorizza l'idea che il PD non deve avere una linea e un profilo identitario definito, ma deve invece avere un profilo di adattamento alla realtà più conveniente all'obiettivo di conquistare voti alle elezioni. Un partito "mobile" che non si identifica solo con l'ambito del centrosinistra e per questo non è molto utile discutere e parlare di valori e di contenuti. Quello che conta è il racconto, lo storytelling, collegato alla figura del leader.
Chissà, forse questa idea può funzionare, soprattutto se supportata da un ampio schieramento mediatico, nel breve periodo. Ma alla lunga, secondo me, non tiene. Lo dimostra, per esempio, l'esito del sondaggio pubblicato domenica scorsa da Ilvo Diamanti su Repubblica, nel quale emerge,a differenza di quanto propaganda il Governo, una valutazione molto diversa e preoccupata sulla situazione economica del Paese. Il 70% non crede alla ripresa e nemmeno all'aumento dell'occupazione. Perché, ci si chiede, nonostante i dati che vengono diffusi? Io penso che, soprattutto quando si tratta di questioni materiali che riguardano la vita delle persone e delle famiglie, ciascuno fa i suoi conti, guarda e ragiona in base alla sua condizione, e la realtà per lui non cambia a seconda del racconto o della propaganda che viene fatta. Anzi, il rischio è che quando ad una persona in difficoltà appare evidente il divario tra il racconto delle cose e i suoi problem,i la reazione più probabile sia quella di una forte chiusura nel risentimento sociale. Ovviamente l'aspetto del divario tra il dire e la realtà delle cose riguarda anche altri temi, a partire da quello di come rinnovare il rapporto tra i cittadini, la politica e le istituzioni, ma di questo parleremo tanto prossimamente. Quello che volevo e voglio ribadire anche con questo taccuino è che manca e ci vorrebbe un partito che funziona e promuove discussione e partecipazione. La vecchia ditta non c'è più, se ne faccia una ragione Bersani, ma anche Renzi ci faccia pensierino, perché immaginare di organizzare una forte e diffusa presenza sul territorio senza un vero partito può essere una grande illusione.
5 Commenti
Concordo. Candidati
Ma non si riferisce a se stesso! Fontanelli è sempre giovane… Piuttosto dovremmo iniziare a non misurare la vecchiaia in base all’età, ma alla voglia di costruire il futuro pensando al’interesse collettiva. E comunque, preferite la saggezza e la profondità di analisi o la leggerezza del pensiero effimero e sfuggente?
Palmiro di Ciolo mi prendi per scema?????
Ho colto l’attimo! Io può, diceva Totò
Con il “giovane a tutti costi” si stanno facendo dei discreti danni…
giusto, michele. Ho letto su l’Unità un commento incredibile sul prossimo referendum. I giuristi per il No, esimi costituzionalisti, sarebbero “vecchi”. Insomma, la scelta tra sì e no sarebbe generazionale!!! Mai bufala più grossa fu scritta. In ogni caso, io sto con i “vecchi” e penso che la sapienza, l’esperienza e la competenza non si inventano. Basta leggere i “nuovi” articoli della costituzione per capire che a questi nuovi padri della patria servirebbe almeno qualche lezione d’italiano